SENTENZA N. 94
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 13 del disegno di legge n. 462/A del 29 aprile 1976 della Regione siciliana recante "Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull'attività della Regione", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 7 maggio 1976, depositato in cancelleria il 15 successivo ed iscritto al n. 17 del registro ricorsi 1976.
Visto l'atto di costituzione della Regione siciliana;
udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 1977 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente, e l'avv. Antonino Sansone per la Regione.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 7 maggio 1976 e depositato il 15 maggio 1976 il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 13 del disegno di legge n. 462/A recante "Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull'attività della Regione", deducendo l'incompetenza della Regione ad emanare norme in materia di informazione.
Secondo il ricorrente, infatti, tale oggetto non può farsi rientrare in nessuna delle sfere attribuite alla potestà legislativa regionale dagli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale alla cui elencazione deve essere riconosciuto carattere tassativo. In particolare la materia dell'informazione esula anche dalla previsione dell'art. 17, lett. i, che riguarda i servizi di prevalente interesse regionale, poiché, sebbene la legge regionale intenda agevolare le aziende editrici di giornali o periodici che abbiano sede nella Regione, incide in un settore, l'informazione, attinente ad interessi generali che soltanto lo Stato può tutelare e disciplinare con uniformità di criteri in tutto il territorio nazionale.
2. - Si é costituita in giudizio la Regione siciliana con deduzioni depositate il 1 giugno 1976 con le quali si chiede il rigetto del ricorso.
Emergerebbe chiaramente dal titolo e dalle varie disposizioni che il disegno di legge tende ad incrementare l'attività editoriale limitatamente alle fonti di informazione che riguardino la Regione e gli aspetti di interesse territoriale circoscritto, senza investire la divulgazione di notizie su fatti di interesse nazionale. L'iniziativa regionale, inoltre, non sarebbe censurabile neppure sotto il diverso limite del rispetto dei principi contenuti nelle leggi statali disciplinanti la materia, poiché non sono in essa ravvisabili motivi di contrasto con i criteri accolti nella legislazione statale.
La difesa regionale fa presente, inoltre, che alcuni statuti delle regioni ordinarie menzionano espressamente (art. 3 Statuto Lombardia, art. 4 Statuto Liguria, art. 4 Statuto Toscana) tra le finalità dell'ente la cura e la promozione dell'informazione.
Alla pubblica udienza le difese delle parti hanno insistito nelle rispettive argomentazioni e conclusioni.
Considerato in diritto
1. - Della legge approvata il 29 aprile 1974 dalla Assemblea regionale siciliana ed intitolantesi "Provvedimenti intesi a favorire la più ampia informazione democratica sull'attività della Regione", sono impugnate: A) le disposizioni degli artt. 1, 2 e 3, che prevedono l'istituzione di un fondo di 3.000 milioni da destinare alle "aziende editrici di quotidiani siciliani"(come tali dovendosi considerare, a norma del secondo comma dell'art. 1, quelle aventi nell'isola la sede legale, la direzione ed amministrazione, lo stabilimento tipografico), conferendo al Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale, il potere di erogarlo sulla base di un piano di distribuzione compilato secondo i criteri di cui all'art. 3, tra i quali, al n. 1, é quello (riferito all'anno precedente) dei "servizi su fatti e problemi di interesse dell'Autonomia e della Sicilia"; B) la disposizione dell'art. 4, che prevede l'istituzione di altro fondo di 400 milioni, da erogare con analoghe modalità a periodici editi in Sicilia e "a diffusione regionale", secondo un piano redatto alla stregua di determinati criteri, il primo dei quali, anche qui, ha riguardo ai "servizi di interesse dell'Autonomia e della Sicilia"; C) gli artt. 5 e 6, che enunciano criteri e condizioni aggiuntive per la concessione dei benefici, applicabili ad entrambi i piani di distribuzione per quotidiani e periodici.
Sono impugnate altresì le disposizioni (strettamente connesse con quelle testé indicate) dell'art. 8, limitatamente alla competenza ad approvare i piani predetti, attribuita al Consiglio regionale dell'informazione, istituito dal precedente art. 7 (non impugnato) e dell'art. 13, limitatamente alle autorizzazioni di spesa relativa all'attuazione dei richiamati artt. 1 e 3.
2. - L'assunto del ricorso, secondo cui tale complesso di disposizioni avrebbe ad oggetto la pubblica informazione, e cioè materia non rientrante in alcuna di quelle elencate negli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale, é fondato.
Si deve preliminarmente escludere, infatti, che la Regione abbia inteso valersi della potestà legislativa primaria ad essa spettante in materia di "industria e commercio, salva la disciplina dei rapporti privati" (art. 14, lett. d, dello Statuto).
Certamente, le imprese editrici di quotidiani e periodici, dal punto di vista della loro struttura economico-giuridica, sono anche imprese industriali e commerciali; ma la legge de qua, considerata nel suo contesto unitario (anche a voler prescindere dal titolo, al quale, tuttavia, non potrebbe negarsi rilevanza ai fini interpretativi) non é una qualsiasi legge di incentivazione, rivolta a promuovere lo sviluppo di particolari attività industriali o commerciali localizzate in Sicilia per il conseguimento di finalità di ordine economico e sociale, ma appare univocamente determinata dall'intento di favorire la diffusione di servizi giornalistici attinenti alla autonomia regionale, in genere, ed alla Regione siciliana, in particolare.
3. - Ben si comprende, perciò, come la difesa della Regione non abbia neppure tentato di invocare a fondamento giustificativo della legge l'art. 14, lett. d, dello Statuto, sostenendo invece che quel fondamento sarebbe da individuare nell'art. 17, lett. i, che alla Regione siciliana attribuisce competenza legislativa (concorrente) in "tutte le altre materie che implicano servizi di prevalente interesse regionale". Ed effettivamente, così l'intitolazione e le sopra richiamate finalità generali della legge nel suo insieme, come lo specifico contenuto delle singole sue disposizioni, di cui é questione nel presente giudizio, conducono ad assumere a parametro del sindacato di legittimità costituzionale che la Corte é chiamata ad esplicare la norma statutaria testé ricordata.
Da un lato, infatti, non é dubitabile che sussista, e sia implicitamente tutelato dall'art. 21 Cost., un interesse generale della collettività all'informazione (sent. n. 105 del 1972; sent. n. 225 del 1974), di tal che i grandi mezzi di diffusione del pensiero (nella più lata accezione, comprensiva delle notizie) sono a buon diritto suscettibili di essere considerati nel nostro ordinamento, come in genere nelle democrazie contemporanee, quali servizi oggettivamente pubblici o comunque di pubblico interesse; d'altro lato, dal raffronto testuale della lett. i dell'art. 17 dello Statuto siciliano con la lett. h, che immediatamente la precede, risulta che i "servizi" di cui in quella si parla sono cosa diversa dai "servizi pubblici", nel senso, tradizionalmente accolto, di servizi prestati direttamente o indirettamente da soggetti pubblici, che sono precisamente quelli previsti, invece, nella lett. h, con specifico riferimento, infatti, alla loro "assunzione".
4. - Ciò premesso, deve peraltro rilevarsi che tutte le potestà legislative di cui all'art. 17 sono finalizzate allo scopo "di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione", e che tale clausola generale risulta poi riaffermata e specificata dalla lett. i, che subordina la competenza della Regione al "prevalente interesse regionale" dei servizi relativi alle materie ivi genericamente indicate. Ed é appena il caso di avvertire che l'interesse che viene qui in considerazione é da riferire alla collettività regionale, e non all'ente Regione, come soggetto giuridico.
Ora, per quanto l'interesse pubblico all'informazione possa variamente articolarsi e diversificarsi territorialmente, in relazione a certi tipi di notizie e commenti, é comunque da escludere in materia una prevalenza dell'interesse regionale, inteso nel senso cui si é testé accennato, che possa giustificare interventi legislativi della Regione, non importa se integrativi o suppletivi rispetto alla legislazione statale.
Né quella prevalenza potrebbe ravvisarsi nel carattere "locale" delle pubblicazioni cui la legge si riferisce, perché sono connaturate alla stampa, quotidiana e periodica, la diffusione e circolazione, attuali o potenziali, nell'intero territorio nazionale, ed anche oltre i confini di questo, senza che a ciò faccia ostacolo, per i quotidiani, la localizzazione della loro sede legale e tecnico-organizzativa nella Regione (così come previsto nell'art. 1 della legge impugnata) ovvero, per i periodici, la circostanza che, per la tiratura limitata o per la specifica impostazione programmatica o per qualsiasi altro motivo, essi si configurino, secondo la dizione dell'art. 4, come "a diffusione regionale": che rimane pur sempre un dato relativo e di incerta determinazione, oltre che contingente e suscettibile di mutare nel tempo.
Ulteriore argomento, che induce a ritenere riservata allo Stato la legislazione in materia, si trae considerando la particolare delicatezza della stessa, nella quale confluiscono esigenze diverse, (che, al limite, potrebbero anche essere tra loro contrastanti) che sempre devono essere rapportate al fondamentale principio di libertà di manifestazione del pensiero, il quale, come fu precisato nella citata sentenza n. 105 del 1972, "implica pluralità di fonti di informazione, libero accesso alle medesime, assenza di ingiustificati ostacoli legali... alla circolazione delle notizie e delle idee"; ed implica altresì, come conviene ora soggiungere, esclusione di interventi dei pubblici poteri suscettibili di tradursi, anche indirettamente, e contro le intenzioni, in forme di pressione per indirizzare la stampa verso obiettivi predeterminati a preferenza di altri.
5. - Non vale in contrario senso il richiamo della difesa della Regione a disposizioni di principio, inserite nei preamboli di alcuni statuti di Regioni ad autonomia ordinaria, riferentisi a possibili interventi regionali nel settore dell'informazione.
Giacché, anche a prescindere dai dubbi che potrebbero sorgere quanto all'efficacia precettiva di quelle generiche disposizioni, é certo che gli statuti non hanno rango di fonte costituzionale e la loro approvazione (comunque la si voglia ricostruire concettualmente) avviene ed é avvenuta con leggi ordinarie. Ma da norme a livello di legislazione ordinaria non é lecito trarre argomenti in favore o contro la conformità a Costituzione di altre disposizioni, che siano, come nel caso, denunciate a questa Corte.
Quanto all'interesse della Regione - ente a divulgare notizie sulla propria attività, su cui molto insiste la difesa regionale, é da osservare che un tale interesse sicuramente sussiste, ma ben può ricevere soddisfazione in altri modi e in diverse forme, come ad esempio attraverso l'istituzione di un ufficio stampa (alla quale, del resto, provvede la legge de qua nella sua parte non impugnata), curando la pubblicazione di notiziari e comunicati, e via dicendo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 6 della legge regionale 29 aprile 1974, recante "Provvidenze intese a favorire la più ampia informazione democratica sull'attività della Regione";
dichiara, altresì, la illegittimità costituzionale dell'art. 8, limitatamente alle competenze connesse con le disposizioni degli artt. 2 e 4, e dell'art. 13, limitatamente alle autorizzazioni di spesa derivanti dall'attuazione degli artt. 1 e 4 della predetta legge regionale 29 aprile 1974.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 30 maggio 1977.