SENTENZA N. 91
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 44, sesto e settimo comma, e 46, terzo comma, seconda parte, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 (attuazione della delega relativa alla revisione degli ordinamenti pensionistici), promosso con ordinanza emessa l'11 ottobre 1974 dal pretore di Urbino, nel procedimento civile vertente tra Iris Cardellini e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 502 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14 del 15 gennaio 1975.
Visto l'atto di costituzione dell'INPS, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 1977 il Giudice relatore Leonetto Amadei;
uditi l'avv. Paolo Chiabrera per l'INPS ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con atto del 28 marzo 1974 Iris Cardeilini ricorreva al pretore di Urbino in funzione di giudice del lavoro, contro l'INPS per ottenere il diritto alla pensione per invalidità nel settore agricolo autonomo.
Faceva presente la Cardellini che, in data 28 febbraio 1972, aveva presentato domanda per invalidità respinta per silenzio rifiuto dall'Ente. Il ricorso fu accolto dal Comitato provinciale col dissenso del Direttore della sede dell'INPS, il quale pertanto, impugnò la decisione senza che, al 1974, fosse stata data alcuna risposta. Da qui il ricorso della Cardellini al pretore.
In sede di nota conclusiva la Cardellini sollevava pregiudizialmente questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, 60 e 70 comma, e dell'art. 46, comma 30, seconda parte, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 per violazione degli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione.
Rilevava la Cardellini come nella legge di delega (art. 27 lett. b, legge 30 aprile 1969, n. 153) nessun particolare potere era previsto in materia di impugnativa per il direttore della sede provinciale dell'INPS che veniva considerato come uno qualunque dei membri del Comitato Provinciale.
Accordando al Direttore nel decreto delegato la facoltà di impugnativa si sarebbe perciò stabilito un palese eccesso di delega.
Il pretore con ordinanza 11 ottobre 1974 accoglieva in sostanza la richiesta della Cardellini rilevando inoltre che l'art. 27 lett. c della legge di delega, là dove fa riferimento alla "disciplina della procedura dei ricorsi", doveva essere inteso come riferimento ai ricorsi amministrativi e non già ad una sorta di ricorso gerarchico improprio di chi tra l'altro, ha partecipato alla decisione.
Dinanzi alla Corte si costituivano sia l'Avvocatura dello Stato per la Presidenza del Consiglio, sia l'INPS.
La prima sosteneva che avendo la legge delegato il Governo ad emanare norme sulla disciplina dei ricorsi, il decreto delegato non avrebbe fatto altro che attuare la delega stessa.
Quanto all'INPS, nella sua memoria, sostiene, anzitutto, che la norma sospetta di incostituzionalità dovrebbe essere solo l'art. 44, comma 6, che riconosce il potere di gravame al Direttore della sede provinciale.
Inoltre sostiene che la materia dei ricorsi era regolata, nella legge delega oltre che dall'art. 27 lett. c anche dall'art 35 lett. a, n. 5, che delega il Governo ad "attuare una diversa disciplina del contenzioso amministrativo idonea a snellire il procedimento". E ciò avrebbe fatto il decreto delegato ispirandosi anche ad altri casi in cui la Pubblica amministrazione può ricorrere, in sede di ricorso amministrativo, in seconda istanza ove sia necessario tutelare un patrimonio comune.
Nel merito rilevava poi l'Istituto che era ovvio che, di fronte ad una maggioranza di non esperti, fosse prevista la presenza di una persona con preparazione specifica alla quale fosse dato di esprimere il proprio dissenso e potesse esercitare anche il potere di ricorso.
Considerato in diritto
Con la ordinanza in epigrafe il pretore di Urbino propone la questione di legittimità costituzionale degli artt. 44, sesto e settimo comma, 46, seconda parte, terzo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, in riferimento agli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione.
Con le norme impugnate, l'atto avente valore di legge emanato dal Governo, avrebbe, per eccesso, violato la legge delega del 30 aprile 1969, n. 153, con oggetto la "Revisione degli ordinamenti pensionistici". Siffatta violazione risulterebbe perché, pur mancando qualsiasi esplicito riferimento in proposito nella legge di delegazione, l'art. 44 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 (legge delegata), dà facoltà, nel 6 comma, al direttore della sede dell'"Istituto che ha adottato il provvedimento" (INPS) di ricorrere in seconda istanza al comitato regionale o agli organi centrali dell'Istituto, giusto le materie cui corrispondono le diverse pensioni.
Questa facoltà, sempre a parere dell'ordinanza, avrebbe dato vita senza alcuna indicazione da parte del legislatore delegato ad una sorta di ricorso improprio proponibile, fra l'altro, da un membro della pubblica amministrazione che fa parte dell'organo collegiale che emette il provvedimento impugnato.
La questione non é fondata.
E da rilevare anzitutto che, al di fuori del 6 comma dell'art. 44 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, non hanno motivo di essere investite da questione di legittimità costituzionale le altre norme dello stesso decreto indicate nell'ordinanza, in quanto, se mai, la loro illegittimità sarebbe consequenziale alla dichiarazione di incostituzionalità del citato comma 6; e, del resto, nessuna motivazione esprime in proposito il giudice a quo.
Restringendo pertanto la questione all'esame della costituzionalità dell'art. 44 lett. c, 6 comma, é da porre in evidenza che il direttore della sede provinciale dell'INPS é stato chiamato a far parte dei comitati provinciali che decidono sui ricorsi degli interessati e che il citato articolo gli attribuisce il diritto di proporre ricorso in seconda istanza, a condizione che, in occasione della decisione lamentata, abbia dichiarato e motivato il proprio dissenso chiedendone l'inserimento a verbale. Premesso che non é insolito che sia prevista la facoltà della P.A. di proporre ricorso ad organi di seconda istanza in tema di ricorsi amministrativi (art. 33 del d.l. 30 settembre 1934, n. 1602 in tema di registrazione di invenzioni industriali; art. 282 d.l. 14 settembre 1931, n. 1175 t.u. sulla finanza locale; artt. 22, comma 1, e 38, comma 3, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in materia di contenzioso tributario), é chiaro che il punto c dell'art. 27 della legge n. 153 del 1969 conferisce delega al Governo ad emanare norme afferenti alla disciplina delle procedure dei ricorsi, in relazione al decentramento previsto al punto b dello stesso articolo. In tale disciplina deve ritenersi compresa anche la determinazione dei soggetti legittimati alla proposizione dei ricorsi, ed il legislatore delegato ha a questo provveduto con l'art. 44 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639.
Hanno del resto potere di ricorso anche le parti private, con la differenza che sul direttore dell'INPS grava l'onere di motivare previamente il proprio dissenso al momento della decisione del comitato provinciale (art. 44, comma 7) e gli é inoltre ridotto il termine di impugnazione (art. 46, comma 3).
Né può essere taciuto che il direttore dell'INPS si presenta come rappresentante dell'Istituto e quindi quale parte contrapposta all'assicurato al fine di realizzare quella particolare forma di collaborazione amministrativa che é ammessa dalla legge in altri casi (come sopra indicato), per cui l'organo di un ente può impugnare l'atto di un altro organo dello stesso ente.
La ragione, invero, per cui é stata attribuita ai direttori dell'INPS la potestà di ricorso é quella di consentire la possibilità di correggere, non soltanto gli errori a danno di singoli assicurati, ma anche quelli che possono commettersi a danno dell'Istituto e quindi della generalità degli assicurati stessi.
L'art. 44 più volte citato non ha, di conseguenza, superato i limiti dell'art. 27 della legge di delega e non si presenta pertanto, in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, per tacere degli artt. 70 e 77, primo comma, della Costituzione, che, pur indicati nell'ordinanza del giudice a quo, non hanno alcun rilievo per la decisione della questione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 44, sesto e settimo comma, 46, seconda parte, terzo comma, del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, sollevata, in riferimento agli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal pretore di Urbino con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI
Giovanni VITALE - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 30 maggio 1977.