SENTENZA N. 75
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA
Prof. Guglielmo ROEHRSSEN
Avv. Oronzo REALE
Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI
Avv. Alberto MALAGUGINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti promossi con due ricorsi del Presidente della Regione Emilia - Romagna, notificati il 21 gennaio e il 13 agosto 1975, depositati in cancelleria il 10 febbraio e il 29 agosto stesso anno, ed iscritti ai nn. 4 e 27 del registro ricorsi 1975, per conflitti di attribuzione sorti a seguito del decreto 23 novembre 1974 del Prefetto di Forlì e del decreto n. 397 del 24 giugno 1975 del Ministro per i lavori pubblici con i quali sono stati nominati due Commissari ad acta nel Comune di Riccione.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 febbraio 1977 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;
uditi l'avv. Fabio Roversi Monaco, per la Regione Emilia - Romagna, ed i sostituti avvocati generali dello Stato Giorgio Azzariti e Giuseppe Gozzi, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 21 gennaio 1975 e depositato il 10 febbraio 1975 il Presidente della Regione Emilia - Romagna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri avverso il decreto emesso il 23 novembre 1974, con il quale il Prefetto di Forlì ha nominato un commissario ad acta, per provvedere in luogo e vece del Comune di Riccione su una domanda di licenza edilizia. La nomina del commissario da parte del Prefetto, avvenuta in esecuzione della sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, 24 marzo 1974, n. 271, emessa in sede di giudizio di ottemperanza, lederebbe le attribuzioni spettanti alla Regione in materia di controllo sugli enti locali a norma dell'art. 130 Cost., anche in riferimento all'art. 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, nonché le competenze regionali ex artt. 117 e 118 Cost. in materia urbanistica anche con riferimento al d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8 (artt. 1 e 4) di trasferimento delle medesime competenze.
Ad avviso della Regione ricorrente l'ordine di nominare un commissario ad acta costituirebbe la specificazione di un potere che all'amministrazione di controllo già spetta in via ordinaria, rendendone obbligatorio l'esercizio.
2. - Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 7 febbraio 1975, sostenendo l'inammissibilità e l'infondatezza del ricorso.
Quanto al primo profilo, ad avviso della difesa dello Stato, l'atto che ha determinato l'asserita invasione di competenze sarebbe la più volte citata decisione del Consiglio di Stato contenente l'ordine di nomina del commissario ad acta, a prescindere peraltro dal dubbio se sia configurabile un conflitto determinato da atti giurisdizionali, quando si censuri il modo in cui la giurisdizione siasi esplicata.
Il ricorso sarebbe poi da rigettare, nel merito, poiché l'ordinaria potestà di controllo sostitutivo spettante all'organo regionale non sarebbe invocabile nella presente fattispecie caratterizzata da un intervento del Prefetto in esecuzione di un ordine del giudice amministrativo.
3. - Con ricorso notificato il 13 agosto 1975 e depositato il 29 successivo, lo stesso Presidente della Regione Emilia - Romagna sollevava analogo conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri avverso il decreto 24 giugno 1975 con il quale il Ministro per i lavori pubblici ha nominato un commissario ad acta perché provveda in luogo e vece del Comune di Riccione su una domanda di licenza edilizia, nonché avverso la sentenza del Consiglio di Stato, sezione V, del 4 dicembre 1974, n. 613, contenente l'ordine al Ministro dei lavori pubblici di nominare il commissario.
Tanto la citata decisione quanto il susseguente decreto ministeriale violerebbero le attribuzioni regionali in materia di controlli sugli enti locali ex art. 130 Cost., anche in riferimento all'art. 59 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, e all'art. 3 della legge regionale 27 febbraio 1974, n. 9, nonché le competenze regionali ex artt. 117 e 118 Cost. in riferimento anche agli artt. 1 e 4 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.
Si é costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato con atto depositato il 28 agosto 1975 nel quale si sostiene la tardività, e quindi inammissibilità del ricorso, relativamente alla menzionata decisione del Consiglio di Stato, e l'infondatezza nel merito, per considerazioni identiche a quelle già riferite in precedenza al punto 2.
4. - In quest'ultimo giudizio é intervenuta in posizione di contro interessata, con deduzioni depositate il 3 ottobre 1975 la signora Fascioli Licia, alla quale il ricorso é stato notificato, sostenendone l'infondatezza in considerazione della natura giurisdizionale, e non di controllo, dell'attività svolta in esecuzione del giudicato.
5. - All'udienza del 23 febbraio 1977 l'avv. G. Marco Dallari ha insistito per l'ammissibilità dell'intervento esplicato da Licia Fascioli. Il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Gozzi, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l'avv. Prof. Fabio Roversi Monaco, per la Regione Emilia - Romagna, si sono rimessi alla giustizia della Corte.
Questa Corte, con ordinanza letta in udienza, ritenuto che dal sistema concernente i conflitti di attribuzione tra Stato e Regioni quale risulta dall'art. 134 della Costituzione si deve necessariamente dedurre che il contraddittorio é strettamente limitato ai soggetti legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi, ha dichiarato inammissibile l'intervento di Licia Fascioli.
Dopo di che, le difese della Regione e dello Stato hanno confermato oralmente le tesi rispettivamente sostenute e le relative conclusioni.
Considerato in diritto
1. - I giudizi promossi con i due ricorsi del Presidente della Regione Emilia - Romagna hanno, per una parte, identico oggetto ed involgono la risoluzione della stessa questione, concernente la spettanza del potere di nominare un commissario ad acta per l'esecuzione del giudicato, allorché il Consiglio di Stato, pronunciandosi in sede di giudizio di ottemperanza a norma dell'art. 27, n. 4, del testo unico r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, non disponga direttamente sostituendo la propria decisione al provvedimento cui la Pubblica amministrazione sia tenuta in forza del giudicato.
I giudizi, congiuntamente discussi alla pubblica udienza, vanno pertanto decisi con unica sentenza.
2. - Come riferito in narrativa, con il primo ricorso la Regione solleva conflitto di attribuzione per l'invasione della propria sfera di competenza costituzionale, che sarebbe stata determinata dal decreto 23 novembre 1974, con il quale il Prefetto di Forlì, in esecuzione della decisione emessa dal Consiglio di Stato, Sezione V, il 27 marzo 1974, ai sensi dell'articolo 27, n. 4, del testo unico citato, ha nominato un commissario, per provvedere, in luogo e vece dell'amministrazione del Comune di Riccione, inadempiente rispetto al giudicato amministrativo, sul rilascio di una licenza edilizia. Va ricordato che la menzionata decisione venne pronunciata anche nei confronti dello stesso Prefetto, essendosi questi in un primo tempo rifiutato, adducendo la propria incompetenza, di procedere alla nomina del commissario, già prescrittagli dalla precedente decisione del 26 aprile 1972, n. 767, anch'essa adottata a conclusione di un giudizio di ottemperanza anteriormente promosso contro il Comune di Riccione.
La difesa dello Stato eccepisce pregiudizialmente l'inammissibilità del conflitto, per essere l'atto del Prefetto mera esecuzione della decisione giurisdizionale, la quale, a sua volta, essendosi pronunciata ex professo sul punto della competenza, di cui era controversia nel secondo dei giudizi di ottemperanza poc'anzi rammentati, potrebbe semmai essere incorsa in un errore in judicando, ma non per questo sarebbe configurabile quale atto idoneo a dar luogo a conflitto di attribuzione.
3. - L'eccezione é fondata, con le precisazioni ed entro i limiti di cui subito appresso.
Certo, anzitutto, che il provvedimento con il quale l'autorità amministrativa nomina un commissario ad acta in esecuzione dell'ordine ad essa rivolto da una decisione del giudice amministrativo costituisce un atto dovuto e strettamente vincolato (salvo che quanto alla scelta della persona da nominare) ed é perciò alla decisione che così abbia disposto che deve farsi risalire l'asserita invasione della sfera di competenza regionale. D'altro canto, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, a partire dalla sentenza n. 66 del 1964, nulla vieta che un conflitto di attribuzione tragga origine da un atto giurisdizionale o da atti comunque inerenti all'esercizio di funzioni giurisdizionali, che si assumano invasivi di competenze costituzionalmente garantite alle Regioni. Né varrebbe invocare, come fa la difesa dello Stato, il "precedente" rappresentato dalla sentenza n. 289 del 1974, che aveva riferimento ad un caso di specie diverso da quello in oggetto, nel quale ultimo é proprio il contenuto della pronuncia del Consiglio di Stato che si risolverebbe, secondo la prospettazione del ricorso, nel negare una competenza che la Regione ritiene di sua spettanza a norma dell'art. 130 Cost. e dell'art. 59 della legge n. 62 del 10 febbraio 1953.
Nel caso oggi sottoposto all'esame della Corte, la negazione della competenza regionale e l'opposta affermazione della discrezionalità del Consiglio di Stato nella nomina del commissario si rinvengono, anzi, già nella prima decisione, del 26 aprile 1972, alla quale il Prefetto, come rammentato, non aveva ritenuto di prestare esecuzione; per essere poi ribadite nella successiva decisione del 1974, che ha respinto motivatamente l'eccezione di incompetenza sollevata dal Prefetto medesimo. Di guisa che, in linea di principio, é quella più antica pronuncia (della quale, peraltro, non risulta, ai fini della decorrenza del termine per ricorrere, in quale momento il Presidente della Regione abbia avuto conoscenza) che avrebbe determinato l'asserita invasione della competenza della Regione.
Sta di fatto, comunque, che nemmeno la decisione successiva é stata impugnata, poiché il ricorso, pur criticandone e contestandone la motivazione, fa esclusivo riferimento, così nelle premesse come nelle conclusioni, al decreto del Prefetto, del quale soltanto si chiede l'annullamento, conseguenziale alla richiesta declaratoria di incompetenza dello stesso. Ora, l'art. 39 della legge 11 marzo 1953, n. 87, prescrive che il ricorso debba "specificare l'atto dal quale sarebbe stata invasa la sfera di competenza" e del quale questa Corte, ove lo riconosca viziato da incompetenza, deve, a norma del precedente art. 38, disporre l'annullamento.
E nel ricorso, l'atto invasivo, del quale perciò si chiede l'annullamento, viene unicamente individuato, come si é detto, nel decreto del Prefetto, e non nell'una o nell'altra delle decisioni emesse dal Consiglio di Stato, che a quello facevano obbligo di procedere alla nomina del commissario.
Il primo ricorso deve pertanto dichiararsi inammissibile.
4. - Il secondo ricorso denuncia, invece, quali atti invasivi della competenza regionale, tanto, ed in primo luogo, la decisione del Consiglio di Stato 4 dicembre 1974, con la quale si demandava al Ministro per i lavori pubblici di nominare un commissario, per provvedere, in luogo e vece dell'amministrazione del Comune di Riccione, sul rilascio di una licenza edilizia, quanto, in linea accessoria e conseguenziale, il decreto 24 giugno 1975, con il quale il Ministro aveva proceduto alla nomina; e di entrambi gli atti si chiede l'annullamento.
Anche in questo giudizio, la difesa dello Stato ha opposto una (diversa) eccezione pregiudiziale di inammissibilità, per tardività del ricorso avverso la decisione del Consiglio di Stato. Ma l'eccezione, sulla quale d'altronde la stessa Avvocatura dello Stato, nella discussione orale, ha dichiarato di non insistere, dev'essere disattesa, perché non sorretta da elementi di prova né suffragata da argomento alcuno.
5. - Nel merito, il dissenso tra le parti non verte sulla competenza della Regione, e per essa del comitato di controllo sugli enti locali, ad esercitare il cosiddetto controllo sostitutivo in ordine agli atti di questi ultimi; né, d'altro canto, sul potere del Consiglio di Stato (ed ora dei tribunali amministrativi regionali) di sostituirsi alle amministrazioni inadempienti nei confronti di un giudicato, per realizzarne concretamente l'esecuzione, assicurando ai soggetti interessati il conseguimento effettivo delle utilità da quello ad essi derivanti.
Il punto in controversia é soltanto se, allorché il giudice amministrativo, adito in sede di giudizio di ottemperanza, ritenendo di non potersi sostituire direttamente all'amministrazione, disponga la nomina di un commissario per porre in essere le attività necessarie allo scopo di adeguare la situazione di fatto alla situazione di diritto quale risultante dal giudicato, debba farne obbligo al comitato regionale di controllo, come assume la Regione, ovvero possa rivolgersi ad altro organo amministrativo che reputi idoneo, come sostiene per contro la difesa dello Stato. Ad accogliere la prima alternativa, facendone applicazione alla specie, la decisione del Consiglio di Stato, che demandava al Ministro dei lavori pubblici, anziché al comitato regionale di controllo, la nomina del commissario al Comune di Riccione (da scegliere tra i funzionari del Provveditorato alle opere pubbliche di Bologna), avrebbe invaso una competenza costituzionalmente spettante alla Regione, così come, per l'appunto, si afferma nel ricorso.
Ma, a ben guardare, la tesi della Regione muove da un equivoco circa la natura ed il fondamento dell'attività svolta dal giudice amministrativo nell'ipotesi considerata. Giacché il giudice amministrativo, sia che sostituisca la propria decisione all'omesso provvedimento della pubblica amministrazione, che vi era tenuta in forza del giudicato formatosi nei suoi confronti, come più spesso suole accadere quando si tratti di atto vincolato; sia che ingiunga alla amministrazione medesima di provvedere essa stessa, entro un termine all'uopo prefissatole e con le modalità specificate in sentenza; sia infine che disponga la nomina di un commissario per l'ipotesi che il termine abbia a decorrere infruttuosamente, esplica sempre attività di carattere giurisdizionale ("decide pronunciando anche in merito", come si esprime l'art. 27, comma primo, del citato testo unico del 1924, riferendosi testualmente al Consiglio di Stato "in sede giurisdizionale"). Né fa differenza, sotto questo aspetto, quanto all'ipotesi ora da ultimo prospettata, che la nomina del commissario sia operata dal giudice amministrativo direttamente, ovvero attraverso l'interposizione di un organo amministrativo (come nella specie che forma oggetto del presente giudizio), poiché in tal caso a quest'ultimo viene semplicemente demandata la scelta della persona, e non già conferito il potere di agire in via sostitutiva per mezzo di un "suo" commissario, come si verifica invece quando sia l'organo di controllo, di propria iniziativa, ad inviare un commissario ad acta presso amministrazioni sottoposte alla sua vigilanza.
Procedendo, pertanto, direttamente o indirettamente, alla nomina di un commissario, il giudice amministrativo non si surroga all'organo di controllo, ma pone in essere un'attività qualitativamente diversa da quella che quest'ultimo avrebbe istituzionalmente il potere-dovere di esplicare nell'ipotesi di omissione da parte degli enti locali di atti obbligatori per legge, tra i quali rientrano bensì, ma senza esaurirne la specie, quelli da adottare per conformarsi ad un giudicato: potere-dovere che, comunque, preesiste alla pronuncia emessa nel giudizio di ottemperanza ed é da questa indipendente. Ed a sua volta, l'attività del commissario, pur essendo, praticamente, la medesima che avrebbe dovuto essere prestata dall'amministrazione, o in ipotesi da un commissario ad acta inviato dall'organo di controllo, ne differisce tuttavia giuridicamente, perché si fonda sull'ordine contenuto nella decisione del giudice amministrativo, alla quale é legata da uno stretto nesso di strumentalità.
Discende da quanto premesso che al giudice amministrativo non sarebbe possibile disconoscere, nell'esercizio dei poteri giurisdizionali attribuitigli dall'art. 27, n. 4, del testo unico n. 1054 del 1924, una prudente discrezionalità, sia nel determinarsi per l'uno o per l'altro mezzo di esecuzione del giudicato, sia nella scelta (eventuale) del commissario ovvero dell'organo al quale demandarla: che, potrà essere come non essere, secondo le circostanze, l'organo di controllo, senza che, in questa seconda ipotesi, sia configurabile una lesione di competenze regionali, svolgentisi su piani diversi.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto con il ricorso, notificato il 21 gennaio 1975, del Presidente della Regione Emilia - Romagna nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri avverso il decreto del Prefetto di Forlì del 23 novembre 1974;
b) dichiara che spetta al Consiglio di Stato il potere di prescrivere al Ministro dei lavori pubblici la nomina di un commissario ad acta, da scegliere tra i funzionari del Provveditorato alle opere pubbliche di Bologna, per provvedere in sostituzione dell'amministrazione comunale di Riccione alla esecuzione del giudicato.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 maggio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 12 maggio 1977.