SENTENZA N. 48
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 69 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 2 ottobre 1974 dalla Corte dei conti - Sezione III pensioni - sul ricorso di Loreti Mario, iscritta al n. 335 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 9 giugno 1976;
2) ordinanza emessa il 4 marzo 1975 dalla Corte dei conti - Sezione IV pensioni - sul ricorso di D'Angeli Antonio contro il Ministero della difesa, iscritta al n. 614 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 del 28 gennaio 1976.
Udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1976 il Giudice relatore Luigi Oggioni.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza emessa il 4 marzo 1975, nel giudizio concernente il ricorso proposto dall'appuntato dei carabinieri D'Angeli Antonio avverso il decreto 1 ottobre 1960, n. 999, con il quale il Ministro per la difesa aveva negato l'attribuzione dell'indennità "una tantum" per malattia contratta in servizio, essendo il D'Angelo già titolare di pensione di riposo, la Corte dei conti (Sezione IV pensioni militari) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 69 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, che, ripetendo il contenuto degli artt. 6 e 7 del d.lgt. del 1917, esclude appunto il diritto alla indennità predetta nel caso di godimento di pensione di riposo, e, ai sensi dell'art. 256 dello stesso d.P.R., n. 1092, quanto sopra deve essere applicato dal giudice anche ai casi in corso di trattazione, come nel caso.
La Corte dei conti osserva che l'indennità "una tantum" e la pensione (privilegiata) concreterebbero ambedue un risarcimento del danno, differenziato solo nella misura ma non nella finalità, a favore di soggetti vincolati con l'Amministrazione da rapporto d'impiego o di servizio. Tuttavia, mentre, secondo l'art. 67 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, per le infermità previste dalla tabella A allegata alla legge 18 marzo 1968, n. 313, (applicabile alle pensioni privilegiate ordinarie per l'art. 67 stesso) il soggetto che ha già diritto a pensione di riposo ed a cui venga altresì riconosciuto diritto al trattamento privilegiato consegue una maggiorazione della pensione stessa pari ad un decimo del suo importo, secondo la norma impugnata, nel caso di infermità previste nella tabella B allegata alla detta legge del 1968, invece, il diritto a pensione di riposo esclude la corresponsione dell'indennità "una tantum", prevista per le infermità stesse dipendenti da fatti di servizio. Con ciò si concreterebbe una disparità di trattamento non sorretta da condizioni particolari che la giustifichino razionalmente, ed in contrasto quindi con il principio di eguaglianza garantito dall'art. 3 della Costituzione.
Questione analoga é stata sollevata con altra ordinanza emessa dalla Corte dei conti il 2 ottobre 1974 sul ricorso di Loreti Mario, ma pervenuta successivamente a quella sopra menzionata, solo il 16 aprile 1976, concernente una fattispecie in cui era parimenti da escludere la corresponsione dell'indennità "una tantum" per infermità ascritta alla tabella B sopra indicata, essendo il Loreti già cessato dal servizio a decorrere dal 1 dicembre 1960 con diritto a pensione di riposo.
In questo caso la Corte dei conti lamenta la violazione del principio di eguaglianza per la pretesa irrazionale uniformità di trattamento che l'art. 69 impugnato disporrebbe nei riguardi tanto del militare che va in pensione di riposo in normali condizioni di salute quanto di quello che consegue la medesima pensione con eguale anzianità ma, a differenza del primo, é anche affetto da infermità dipendente da causa di servizio ascrivibile alla tabella B sopra richiamata.
La Corte dei conti, inoltre, prospetta il contrasto della norma impugnata col principio della tutela previdenziale spettante al lavoratore (art. 38 Cost.) giacché per effetto della disciplina limitativa in esame, lo Stato non assicurerebbe alcun mezzo adeguato alle maggiori esigenze del militare che abbia contratto un'infermità per cause di servizio.
Non vi é stata costituzione di parti e la causa é stata assegnata in camera di consiglio, ai sensi dell'art. 26 legge 11 marzo 1953, n. 87.
Considerato in diritto
1. - Le due ordinanze in narrativa concernono, sotto profili in parte diversi, la stessa questione: per cui ne va disposta la riunione, onde dar luogo a contestuale giudizio.
2. - Nelle due ordinanze viene anzitutto prospettato il contrasto della norma impugnata con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, sotto due distinti profili. Con la prima ordinanza (n. 614,del 1975), si lamenta che il comune fine risarcitorio della pensione privilegiata e dell'indennità una tantum, rispettivamente corrisposte a seconda che l'infermità contratta dall'avente diritto figuri elencata nella tabella A o B della legge 18 marzo 1968, n. 313, renderebbe irrazionalmente discriminatoria l'esclusione della indennità una tantum a favore dei militari che, pur avendo riportato infermità classificate fra quelle della tabella B, abbiano peraltro già diritto alla pensione di riposo, e sarebbero così assoggettati ad un trattamento ingiustificatamente deteriore rispetto a coloro che, affetti invece da infermità classificate nella tabella A, ed egualmente aventi diritto a pensione di riposo, vedrebbero, al contrario, in qualche modo considerata la loro malattia con la prevista maggiorazione della pensione stessa.
Con la seconda ordinanza (n. 335 del 1976), si censura la ingiustificata diversità di trattamento che, per effetto della descritta situazione, verrebbe a crearsi a danno dei militari che, collocati in pensione di riposo con una determinata anzianità ed essendo anche affetti da infermità per causa di servizio classificata nella tabella B, vedrebbero il loro trattamento di quiescenza equiparato a quello attribuito ai militari collocati a riposo con eguale anzianità, ma non affetti da alcuna infermità.
3. - Per quanto riguarda il primo profilo, deve osservarsi che, anche indipendentemente dallo specifico fine risarcitorio del trattamento pensionistico privilegiato cui fa riferimento il giudice a quo, ed a proposito del quale esiste una problematica di cui dottrina e giurisprudenza si sono occupate, é certo che, a mente dell'art. 67 della legge 29 dicembre 1973, n. 1092, é previsto un trattamento economico di quiescenza più elevato rispetto a quello normale di riposo già acquisito dall'interessato, nel caso in cui egli risulti affetto da un'infermità, contratta per causa di servizio, elencata nella tabella A. Nel caso, invece, che egli sia affetto soltanto da infermità compresa nella tabella B, e a parità delle altre condizioni soggettive, in applicazione della norma impugnata, non gli viene riconosciuto nessun vantaggio economico. In altri termini, in base alle norme menzionate, il soggetto, già avente diritto a pensione di riposo, non consegue nessun beneficio economico ulteriore, nel caso in cui risulti affetto da determinate infermità, e consegue, invece, una maggiorazione dell'importo della pensione di riposo spettantegli, ove risulti affetto da altre infermità. La differenza esistente fra le infermità elencate nelle due ricordate tabelle, peraltro, investe sostanzialmente soltanto la gravità delle stesse, cioè la loro incidenza rispetto alle condizioni del soggetto che ne é affetto, ma non riguarda in alcun modo altre differenze di natura ontologica, trattandosi in tutti i casi di situazioni patologiche della persona del pubblico dipendente, ed insorte in tutti i casi in dipendenza di fatti di servizio. Ne consegue il riconoscimento che trattasi di situazioni sostanzialmente rese omogenee dal comune elemento della sussistenza di condizioni patologiche soggettive collegate all'attività di servizio, situazioni cui il legislatore ha, tuttavia, attribuito trattamenti diversi. E mentre il legislatore stesso ha riconosciuto l'esigenza di principio di attribuire un corrispettivo economico collegato all'esistenza delle infermità elencate tanto nella tabella A che nella B, prevedendo i due trattamenti correlativi, differenziati solo nel modo di corresponsione, (cioè appunto la pensione maggiorata e l'indennità una tantum) il caso in esame si sottrae invece all'osservanza del principio suddetto senza che sia identificabile alcuna razionale giustificazione al riguardo.
Non meno fondato appare poi il secondo profilo di illegittimità prospettato dalla Corte dei conti, poiché esso si traduce nella denunzia di un'irrazionale parificazione tra situazioni diverse, come appunto quelle dei militari che avendo maturato eguale diritto a pensione di riposo, conseguano il solo trattamento normale, indipendentemente dal fatto che siano riconosciuti o meno affetti da infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio. La diversità é, invero, consacrata dallo stesso ordinamento positivo, che, come si é detto, ha accolto il principio del particolare riconoscimento economico nel senso sopra ricordato, mentre l'esclusione censurata non può, d'altra parte, essere ragionevolmente giustificata per il fatto che colpisce solo i soggetti affetti da infermità di cui alla tabella B, giacché, come si é detto, queste seconde infermità non sono caratterizzate da aspetti di tale peculiarità da giustificare il trattamento discriminatorio che ad esse invece il legislatore ha assegnato.
4. - Data la portata della decisione sopra motivata, resta assorbito l'esame della questione sotto il profilo dell'art. 38 della Costituzione prospettato a rincalzo dalla seconda delle ordinanze di rimessione.
5. - In conclusione, va riconosciuta l'esistenza di validi motivi per accogliere la censura sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione: ciò mediante l'eliminazione dal contesto dell'articolo impugnato dell'inciso "purché non spetti la pensione normale" che, nel sistema, costituisce una non giustificabile eccezione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n, 1092, (testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), limitatamente all'inciso "purché non gli spetti la pensione normale".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 20 gennaio 1977.