SENTENZA N. 8
ANNO 1977
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO
Prof. Leopoldo ELIA,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2, primo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e malattie professionali), promossi con le ordinanze emesse il 31 luglio 1974 dal giudice del lavoro del tribunale di Trento nei procedimenti civili vertenti tra Cetto Irma, Righetti Rosanna e l'INAIL, iscritte ai nn. 394 e 395 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 30 ottobre 1974.
Visti gli atti di costituzione di Cetto Irma, di Righetti Rosanna e dell'INAIL, nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1976 il Giudice relatore Leonetto Amadei;
uditi l'avv. Carlo Graziani, per l'INAIL, e il vice avvocato generale dello Stato Giovanni Albisinni, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Cetto Livio Giuseppe, mentre si recava a piedi al lavoro, sulla pubblica via, nei pressi dello stabilimento ISI di Perugia, dove prestava servizio, veniva travolto ed ucciso da automobile.
Con citazione del 13 agosto 1973 la vedova del Cetto conveniva in giudizio l'INAIL chiedendo che il tribunale dichiarasse l'indennizzabilità dell'infortunio ordinando all'INAIL di corrispondere ai superstiti tutte le prestazioni previdenziali previste.
L'INAIL si costituiva e contestava le richieste della Cetto sostenendo che, nella specie, si trattava di rischio generico da circolazione e quindi non indennizzabile.
Il giudice del lavoro riteneva che, nella specie, si sarebbe dovuta accogliere l'eccezione dell'INAIL e sollevava questione di legittimità costituzionale con ordinanza del 31 luglio 1974 (Reg. ord. 394/74), perché il d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, all'art. 2, primo comma, non conteneva alcuna definizione dell'infortunio in itinere che era estraneo alla previsione di infortunio sul lavoro la cui estensione é strettamente limitata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione.
Riteneva pertanto che la norma contenesse la violazione dell'art. 76 della Costituzione perché non aveva, come richiesto dall'art. 31 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, disciplinato anche l'ipotesi dell'infortunio in itinere. Aggiungeva, inoltre, che l'art. 2, primo comma, era in contrasto con l'art. 38 della Costituzione essendo inadeguata l'attuale assistenza dei lavoratori in caso di infortunio in itinere.
Interveniva nel giudizio l'Avvocatura dello Stato per la Presidenza del Consiglio dei ministri che osservava come la legge del 1963 contenesse due distinte deleghe: una all'art. 30 (dalla quale é nato il decreto del 1965) e una all'art. 31, alla quale il Governo non ha dato attuazione.
Questa omissione, peraltro, secondo l'Avvocatura, si precisa solo in una responsabilità politica del Governo non sindacabile in alcun modo.
Per quanto attiene all'art. 38 della Costituzione, l'Avvocatura sostiene che la nozione di infortunio al citato articolo non comprende anche la previsione dell'infortunio in itinere.
Si é anche costituito l'INAIL che ha sostenuto come fino ad ora una tutela degli infortuni in itinere sia stata attuata (a prescindere dalla attuazione della delega) attraverso una interpretazione delle norme vigenti, mentre la questione é da considerare infondata, per gli stessi motivi esposti dall'Avvocatura, ove si consideri il problema della delega.
La Cetto pure si costituiva rifacendosi, per le sue conclusioni, alla ordinanza del tribunale.
Con analoga ordinanza, sempre del 31 luglio 1974 (reg. ord. n. 395/74), lo stesso tribunale sollevava altra questione di costituzionalità per gli identici motivi nella causa promossa da Righetti Rosanna il 18 maggio 1973.
La Righetti, infatti, prospettava che suo marito Lotti Mariano, mentre, con il proprio ciclomotore, si recava alla stazione di Avio per salire sul treno che lo avrebbe portato al lavoro a Rovereto, era deceduto a seguito di un incidente stradale, nello scontro con un ciclomotore proveniente in senso contrario.
Ambedue le ordinanze sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale e, nel giudizio dinanzi alla Corte costituzionale, si sono costituite le parti private, l'INAIL e la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - I giudizi proposti con le due ordinanze in epigrafe vanno riuniti avendo per oggetto questioni identiche.
2. - Il giudice del lavoro del tribunale di Trento ritiene che l'art. 2 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sia in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, non avendo attuato la delega contenuta nell'art. 31 della legge 19 gennaio 1963, n. 15, relativamente agli infortuni in itinere, ed inoltre con l'art. 38 della Costituzione, essendo inadeguata l'attuale assistenza ai lavoratori nella fattispecie suddetta.
3. - La questione non é fondata.
Rileva anzitutto la Corte che il problema dell'infortunio in itinere (quello cioè nel quale incorre il lavoratore nello spostarsi dalla casa di abitazione al luogo di lavoro e viceversa), che viene minutamente disciplinato e tutelato da molte legislazioni straniere, non trova da noi una specifica regolamentazione tanto che é stata la giurisprudenza, e principalmente quella della Corte di cassazione, a darsi carico di ovviare a tale manchevolezza affermando in modo costante che l'infortunio in itinere può considerarsi avvenuto "in occasione di lavoro" qualora sussista un collegamento tra l'attività lavorativa e il rischio al quale il lavoratore é esposto durante il percorso per recarsi al luogo di lavoro e viceversa. Ma il nesso deve ritenersi sussistente solo quando siffatto infortunio dipenda da un certo rischio legato strettamente all'attività lavorativa per il cui espletamento non sia estraneo il rischio stesso, definito come "specifico improprio" o "generico aggravato". E, sempre secondo la Corte di cassazione, l'accertamento di questo rischio particolare va affidato alla esclusiva valutazione del giudice di merito risolvendosi in un apprezzamento di fatto, non censurabile, se sorretto da congrua motivazione esente da vizi sul piano logico-giuridico.
4. - La Corte non é chiamata a pronunciarsi sulla esattezza di questo orientamento giurisprudenziale: appare chiaro, tuttavia, da quanto precede, la esigenza di un sollecito intervento legislativo in materia di previdenza ed assicurazione dell'infortunio in itinere.
Ed infatti, con la legge 19 gennaio 1963, n. 15, si conferiscono al Governo due distinte deleghe: la prima (art. 30) per modificare, correggere, ampliare le norme vigenti in materia di infortuni sul lavoro "riordinandole e riunendole in un solo provvedimento legislativo"; la seconda (contenuta nell'art. 31) diretta a far emanare dal Governo "norme intese a disciplinare l'istituto dell'infortunio in itinere" e ciò "entro un anno dall'entrata in vigore della legge".
Tuttavia malgrado la inequivoca imperatività della delega, non é stato emanato il decreto delegato e si é lasciato decorrere inutilmente il termine previsto.
La disciplina vigente sulla infortunistica del lavoro é pertanto frutto della delega che non riguarda la materia dell'infortunio in itinere, ed ha diversa origine, oggetto e finalità, tanto vero che faticosamente e genericamente la giurisprudenza si pronuncia per regolare la questione in esame.
5. - Éevidente dunque l'errore in cui é incorso il giudice a quo denunciando, per violazione degli artt. 76 e 38 della Costituzione, l'art. 2 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124.
Non può infatti pretendere il giudice a quo che il legislatore delegato avesse il dovere di comprendere in detto articolo anche le modalità riguardanti l'infortunio in itinere così come descritto nell'art. 31 della legge di delega 19 gennaio 1963, n. 15. Per provvedere a quest'ultimo compito il legislatore aveva una delega particolare, proprio quella indicata nel citato art. 31, ma di questa non ha inteso far uso e quando ha formulato l'art. 2 del decreto impugnato si é valso per la sua stesura solo della normativa di cui all'art. 30 che non faceva alcun cenno, né poteva farlo, all'infortunio in itinere, per la cui disciplina, come si é detto, era stata disposta una delega particolare.
Così essendo, la omissione del legislatore delegato può comportare evidentemente una sua responsabilità politica verso il Parlamento, non certo una violazione di legge costituzionalmente apprezzabile.
Ne consegue che resta così assorbita la questione riguardante l'art. 38 della Costituzione nel cui ambito dovranno domani essere comprese anche le ipotesi di eventi lesivi occorsi in itinere al lavoratore quando tale infortunio sarà, dalla legge, previsto e regolato.
Questa Corte, pertanto, deve dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale, con riferimento all'articolo 76 della Costituzione, poiché manca il termine di raffronto data la carenza di qualsiasi normativa sull'infortunio in itinere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, contenente disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sollevata dal tribunale di Trento, in relazione agli artt. 76 e 38 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 12 gennaio 1977.