Sentenza n. 222 del 1976
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SENTENZA N. 222

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Leopoldo ELIA,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 330 e 340 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 14 novembre 1972 dal pretore di Tivoli nel procedimento penale a carico di Meccarini Giacomo ed altri, iscritta al n. 417 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 309 del 27 novembre 1974.

Udito nella camera di consiglio del 15 giugno 1976 il Giudice relatore Ercole Rocchetti.

Ritenuto in fatto

Con ordinanza emessa il 14 novembre 1972 (pervenuta alla Corte in data 3 ottobre 1974), il pretore di Tivoli ha proposto questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3, 39 e 40 della Costituzione, degli artt. 330 e 340 del codice penale che contemplano, rispettivamente, l'abbandono collettivo e l'interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità.

Secondo il giudice a quo, le norme impugnate, anche nella loro attuale formulazione a seguito della sentenza n. 31 del 1969 della Corte costituzionale, negano ai dipendenti di imprese esercenti pubblici servizi o servizi di pubblica necessità, e in particolare ai dipendenti degli istituti manicomiali pubblici e privati, il diritto di sciopero. Tale divieto sarebbe assoluto in quanto, alla stregua delle disposizioni che regolano la attività e le funzioni del personale ospedaliero manicomiale, non potrebbe essere contestata la esistenza del requisito della essenzialità globale dei servizi demandati ai manicomi. Da tale situazione deriverebbe una "evidente alterazione e menomazione del principio della parità dei diritti che é fondamentale in materia sindacale (art. 39), del principio di eguaglianza (art. 3) e del diritto di sciopero (art. 40), spettante a tutti indistintamente i lavoratori, senza che nessuna legge regolatrice dello sciopero sia intervenuta a fissarne limiti, vincoli e condizioni".

L'ordinanza é stata ritualmente notificata comunicata e pubblicata.

Dinanzi alla Corte nessuna delle parti si é costituita in giudizio né é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. La causa, pertanto, viene decisa in camera di consiglio ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Considerato in diritto

Viene proposta alla Corte questione di legittimità costituzionale dell'art. 330 del codice penale che contempla l'abbandono collettivo di pubblici uffici, impieghi. servizi o lavori, e dell'art. 340, che concerne l'interruzione di un servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità.

Con sentenza n. 31 del 1969, l'art. 330, nei primi due commi, venne dichiarato parzialmente illegittimo "limitatamente all'applicabilità allo sciopero economico che non comprometta funzioni o servizi pubblici essenziali, aventi carattere di preminente interesse generale ai sensi della Costituzione".

Veniva così affermato il principio - che non può non importare riflessi anche sull'art. 340 - che l'esercizio del diritto di sciopero é garantito anche se implichi la interruzione di servizi pubblici, eccetto che non si tratti di servizi il cui funzionamento sia da considerarsi essenziale, e cioé indispensabile, alla collettività.

La individuazione di detti servizi, da ritenersi appunto essenziali e tali da escludere, o almeno limitare, l'esercizio del diritto di sciopero, veniva così rimessa ai giudici, ad opera dei quali, in questi ultimi anni, si é formata sul tema una notevole giurisprudenza.

Ma il pretore di Tivoli, chiamato a giudicare per i reati di cui agli artt. 330 e 340 codice penale i componenti del personale di un ospedale psichiatrico che si erano posti in sciopero in proporzione tale da incidere pesantemente sulla regolarità dei servizi, ha osservato che in un nosocomio, in cui vengano ospitati e curati malati di mente, tutti i servizi sono correlati e connessi, tanto da doversi parlare di una loro essenzialità globale.

Dal che dovrebbe trarsi la conclusione che, per il personale di tali istituti, l'esercizio del diritto di sciopero dovrebbe ritenersi totalmente escluso; conclusione questa che contrasterebbe col disposto degli artt. 3, 39 e 40 della Costituzione.

La questione non é fondata.

La interdipendenza e la correlazione tra i servizi costituiscono l'espressione di un fatto organizzatorio caratteristico di ogni tipo di comunità, da cui, tuttavia, non può trarsi la conclusione che tutti i servizi abbiano uguale grado di importanza e di indispensabilità. Certo, tutti sono necessari e tra loro in qualche modo complementari, quando la complessa attività cui dà luogo la vita della comunità si svolge in regime di normalità.

Ma, quando ragioni di necessità, impongono di ridurre, eventualmente anche al minimo, l'appagamento delle esigenze della collettività o di una più ristretta comunità sociale, é sempre possibile individuare tra i servizi quelli che debbono conservare la necessaria efficienza - e che sono poi quelli essenziali - e quelli suscettibili di essere sospesi o ridotti.

Orbene, quando ricorrono i presupposti perché uno sciopero venga proclamato ed attuato, quei servizi essenziali debbono essere mantenuti in efficienza, ed in nessun caso possono essere trasgredite le specifiche norme inderogabili eventualmente al riguardo esistenti.

Per quanto riguarda la fattispecie presa in esame dal giudice a quo e relativa ad un istituto destinato al ricovero di malati affetti da alienazione mentale, ritiene la Corte che particolare attenzione debba essere rivolta alla norma contenuta nell'art. 2, quarto comma, della legge 18 marzo 1968, n. 431, la quale prescrive che "dovrà essere in ogni caso assicurato il rapporto di un infermiere per ogni tre posti letto e di una assistente sanitaria o sociale per ogni cento posti letto".

I rilievi che precedono consentono pertanto di affermare, contrariamente a quanto assume il giudice a quo, che non difettano, nella disciplina della materia, norme valide a fornire, ai soggetti interessati prima e all'interprete poi, i criteri atti ad individuare, anche sul piano concreto, quali servizi debbano essere ritenuti essenziali e quali esigenze debbano essere in ogni caso salvaguardate dal personale addetto ai pubblici servizi che intenda avvalersi del diritto di sciopero.

Dagli stessi rilievi discende che le limitazioni che tale diritto riceve nella fattispecie in esame, dirette come sono ad assicurare interessi costituzionalmente protetti attinenti alla tutela della integrità fisica dei malati e di coloro che li assistono, non possono implicare alcuna violazione degli artt. 39 e 40 che quel diritto proclamano e garantiscono, nel rispetto dei principi fondamentali di uno Stato democratico, fondato sul lavoro, ma che, tuttavia, "richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (art. 2 Costituzione).

Né, per i medesimi motivi, é configurabile una violazione del principio di eguaglianza, dal momento che questo é tutelabile solo in presenza di situazioni identiche o simili e non di condizioni oggettivamente e razionalmente differenziate.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 330 e 340 del codice penale, proposte, con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 39 e 40 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Leopoldo ELIA.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 3 agosto 1976.