Sentenza n. 210 del 1976
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SENTENZA N. 210

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 656 del codice penale e degli artt. 298, primo comma, e 399, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 30 maggio 1974 dal pretore di San Giovanni Valdarno, nel procedimento penale a carico di Brunetti Pierino ed altri, iscritta al n. 379 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 289 del 6 novembre 1974.

Udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1976 il Giudice relatore Michele Rossano.

Ritenuto in fatto

Con decreto 15 marzo 1973 il pretore di San Giovanni Valdarno dichiarò, ai sensi dell'art. 74 c.p.p., non doversi promuovere l'azione penale per l'esposizione di un manifesto del movimento "Lotta continua" "poiché nei fatti non si ravvisano estremi di reato, essendo operante la scriminante prevista dagli artt. 21 Cost. e 51 c.p.".

Il Procuratore della Repubblica di Arezzo dispose, l'11 giugno 1973, che si procedesse per il reato di cui all'art. 656 del codice penale.

Con sentenza istruttoria 14 luglio 1973 il pretore di San Giovanni Valdarno dichiarò - ai sensi degli artt. 378 e 398 c.p.p. - non doversi procedere contro Brunetti Pierino, Luman Mario, Brogi Enzo e Cerasi Marco - esponenti del movimento "Lotta continua", imputati della contravvenzione prevista dall'art. 656 c.p. - perché il fatto non sussiste.

Avverso tale sentenza propose appello il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Arezzo ed il giudice istruttore dello stesso tribunale, con sentenza 6 novembre 1973, ordinò il rinvio a giudizio degli imputati davanti al pretore di San Giovanni Valdarno, competente per materia e per territorio in ordine al reato di cui all'art. 656 del codice penale.

Il pretore di San Giovanni Valdarno, con ordinanza pronunziata all'udienza del 30 maggio 1974, ha sollevato di ufficio le questioni di legittimità degli artt. 298, comma primo, 399, comma secondo, c.p.p. in riferimento agli artt. 24, 97 e 112 della Costituzione; e dell'art. 656 c.p. in riferimento allo art. 21 della Costituzione.

Nel giudizio davanti a questa Corte le parti non si sono costituite e non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - La Corte costituzionale é chiamata a decidere tre questioni sollevate dal pretore di San Giovanni Valdarno nel corso di un procedimento penale innanzi a lui pendente a seguito di sentenza di rinvio a giudizio emessa dal giudice istruttore.

La prima questione concerne l'art. 298, primo comma, c.p.p. (secondo cui il procuratore generale presso la Corte d'appello vigila perché le istruzioni si compiano speditamente e siano osservate dai giudici istruttori le forme ed i termini stabiliti dalla legge) per il dubbio che il giudice istruttore possa essere influenzato dagli orientamenti del procuratore generale, con violazione del principio di indipendenza ed imparzialità, ricavabile, secondo l'ordinanza di rimessione, dagli artt. 97, primo comma, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione.

La questione é inammissibile per difetto di rilevanza.

Il pretore non é legittimato a denunciare le norme attinenti ai rapporti tra procuratore generale e giudice istruttore le quali potrebbero al massimo, secondo l'ordinanza, menomare l'indipendenza del giudice istruttore, con conseguenze relative ad una fase processuale cui il pretore é del tutto estraneo. Il che dimostra l'irrilevanza della norma impugnata ai fini della definizione del giudizio.

2. - La seconda denuncia attiene all'art. 399, secondo comma, c.p.p. (e per implicito all'art. 374 c.p.p.), limitatamente al caso in cui il giudice istruttore, allorché annulla una sentenza istruttoria di proscioglimento, emessa dal pretore unico di mandamento non unificato, rinvia l'imputato a giudizio del medesimo pretore che emise la sentenza di proscioglimento. Il giudice "a quo" dubita di esser posto in una condizione di menomata indipendenza quando, avendo già espresso la propria valutazione dei fatti mediante sentenza di proscioglimento, sia stato investito del compito di celebrare il dibattimento per quei medesimi fatti a seguito di rinvio a giudizio disposto dal giudice istruttore, con conseguente violazione dei citati artt. 97, 24 e 112 della Costituzione.

In sostanza, secondo l'ordinanza di rimessione, le parti non si troverebbero ad esser giudicate da un giudice imparziale.

Va rilevato al contrario che il pretore deve valutare nuovamente i fatti alla stregua di ulteriori approfondimenti che il dibattimento può arrecare in attuazione dei principi di oralità, immediatezza e contestualità nella raccolta delle prove, con compiuto svolgimento delle tesi dell'accusa e della difesa.

A conclusione del dibattimento il pretore potrà liberamente determinarsi, emanando una sentenza non vincolata né dai propri precedenti orientamenti, né da quelli manifestati dal giudice istruttore. Non sussiste pertanto la denunciata violazione del principio di imparzialità del giudice, il che esime questa Corte dall'esame della pertinenza delle norme invocate dal pretore a fondamento del principio stesso.

Comunque, nel caso di specie, l'ampia dizione dell'art. 63 c.p.p. consentirebbe sempre al giudice "a quo" di chiedere d'astenersi, qualora non fosse certo della propria soggettiva libertà nel determinarsi, a causa delle pregresse decisioni processuali.

3. - Non sono infine fondati i due profili che il giudice "a quo" prospetta per giustificare la riproposizione della questione di legittimità costituzionale dell'art. 656 c.p. con riferimento all'art. 21 della Costituzione, che questa Corte ha dichiarato non fondata con la sentenza n. 199 del 1972.

Per quanto concerne l'affermazione secondo cui la Corte costituzionale dovrebbe controllare se i giudici di merito abbiano interpretato la denunziata norma incriminatrice in conformità alla citata sentenza n. 199 del 1972, é ovvio che non incombe a questa Corte provvedere a tale sindacato.

In ordine all'altro profilo - secondo cui la pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, non é separabile da una valutazione culturale ed ideologica, che costituisce esercizio di critica riconosciuto dall'art. 21 della Costituzione - va considerato che il concetto di ordine pubblico, precisato da questa Corte con la sentenza n. 199 del 1972, esclude che il diritto di manifestare il proprio pensiero possa giustificare, in base a ideologie politiche, la lesione di quel bene. E rientra nel potere discrezionale del legislatore stabilire se la tutela del "turbamento dell'ordine pubblico" punito come contravvenzione dall'art. 656 c.p. costituisca bene tutelabile di per sé, con fine anche di prevenzione dei gravi delitti puniti dagli artt. 414 e 415 c.p., che, ad avviso del pretore, sarebbero invece sufficienti alla tutela dell'ordine pubblico.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 298, primo comma, del codice di procedura penale sollevata, in riferimento agli artt. 97, secondo comma, 24, secondo comma, e 112 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale concernenti l'art. 399, secondo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 24, 97 e 112 della Costituzione; e l'art. 656 del codice penale in riferimento allo art. 21 della Costituzione, anche esse sollevate con l'ordinanza sopra indicata.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 15 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 3 agosto 1976.