Sentenza n. 180 del 1976
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SENTENZA N. 180

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638 (disposizioni per l'attribuzione di somme agli enti indicati nell'art. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, in sostituzione di tributi, contributi e compartecipazioni e norme per la delegabilità delle entrate); e, se ed in quanto occorra, dell'art. 1 della legge 24 luglio 1972, n. 321 (conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 25 maggio 1972, n. 202, recante modifiche e integrazioni alla legge 6 dicembre 1971, n. 1036, in materia di riforma tributaria); degli artt. 12, secondo comma n. 3, e 14, quarto comma, della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria): promossi con ricorsi dei Presidenti delle Giunte provinciali di Bolzano e di Trento, notificati l'11 dicembre 1972, depositati in cancelleria il 21 successivo ed iscritti ai nn. 60 e 61 del registro ricorsi 1972.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nell'udienza pubblica del 28 gennaio 1976 il Giudice relatore Antonino De Stefano;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino per le Province di Bolzano e di Trento, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con due ricorsi testualmente identici, notificati l'11 dicembre 1972, le Province autonome di Bolzano e di Trento, in persona dei rispettivi Presidenti, rappresentate e difese dall'avv. Giuseppe Guarino, hanno promosso giudizio di legittimità costituzionale in via principale, dell'art. 8 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, e, se ed in quanto occorra, dell'art. 1 della legge 24 luglio 1972, n. 321, e degli artt. 12, comma secondo, n. 3, e 14, comma quarto, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, per violazione dell'art. 60 dell'originario Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, adottato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, e degli artt. 23 e 39 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, contenente modifiche e integrazioni allo Statuto di detta Regione (ora corrispondenti agli artt. 52 e 78 del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670).

Ricordano anzitutto le ricorrenti che ai sensi dell'art. 60 dello Statuto n. 5 del 1948 la percentuale del gettito di alcuni tributi riscossi nel territorio regionale da devolversi alla Regione, veniva determinata ogni anno "d'accordo fra il Governo ed il Presidente della Giunta regionale".

Il 9 ottobre 1971 veniva promulgata la legge 825 di delega al Governo per la riforma tributaria, la quale, all'art. 12, comma secondo, n. 3, fissava i principi e i criteri direttivi per il coordinamento della disciplina delle entrate tributarie delle regioni Sardegna, Valle D'Aosta, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e Bolzano, disponendo che con norme ordinarie potevano essere modificate le disposizioni statutarie e le norme di attuazione in materia finanziaria, per determinare i tributi di competenza dello Stato il cui gettito, per intero o per quote, va devoluto agli enti autonomi suddetti onde assicurare loro entrate complessivamente non inferiori al gettito dei tributi aboliti o modificati. L'art. 14, comma quarto della legge di delega precisava poi che, in via di deroga, a tali enti fossero corrisposti, per i primi quattro anni di applicazione dei nuovi tributi, somme di importo pari a quelle già devolute, maggiorate annualmente del 10%, ove le quote dei tributi devoluti fossero fisse; nel caso, invece, vi fosse variazione delle quote, la maggiorazione doveva essere determinata di anno in anno "sentite le regioni interessate".

Il 20 gennaio 1972 entrava in vigore la legge costituzionale n. 1 del 1971 la quale abrogava l'art. 60 dell'originario statuto e istituiva, con l'art. 39, l'art. 68 ter (ora corrispondente all'art. 78 del testo unificato dello Statuto approvato con d.P.R. n. 670 del 1972), in cui si dispone - in tema di determinazione delle quote dei tributi spettanti a ciascuna provincia autonoma - che la quota sarà annualmente stabilita "d'accordo fra il Governo ed il Presidente della Giunta provinciale".

Il 24 luglio 1972 veniva emanata la legge n. 321, la quale ha integralmente sostituito l'art. 14 della legge n. 825 del 1971 di delega per la riforma tributaria, precisando che agli enti di cui trattasi l'amministrazione finanziaria corrisponderà, fino al 31 dicembre 1977, somme di importo pari a quelle devolute per il 1972 per i tributi soppressi dal 1 gennaio 1973, maggiorate annualmente del 10% ove le quote dei tributi siano fisse; ove invece tali quote siano variabili, la maggiorazione sarà determinata di anno in anno, sentite le regioni interessate.

Con l'art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, che ha dato attuazione al citato art. 14 nel testo sostituito con la legge n. 321 del 1972, é stato infine disposto, per quanto specificamente riguarda i tributi a quota variabile, che la maggiorazione sarà determinata di anno in anno, "sentite dette amministrazioni (tra cui le due Province autonome), con decreto del Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro".

Ora é in relazione a tale norma che le ricorrenti formulano le seguenti censure di incostituzionalità:

1) violazione dell'art. 39 della legge costituzionale n. 1 del 1971 (ora art. 78 del testo unificato dello Statuto) per avere la norma delegata non solo sostituito l'"accordo" con un mero "parere", ma anche per aver modificato l'organo statale che deve partecipare alla determinazione della quota, demandandone la competenza ai Ministri delle finanze e del tesoro in luogo del Governo;

2) violazione dell'art. 23 della legge costituzionale n. 1 del 1971 (ora art. 52 del testo unificato dello Statuto) sul rilievo che, trattandosi di questioni che riguardano le Province, i Presidenti delle rispettive Giunte avrebbero dovuto partecipare, e non furono invitati, alla seduta del Consiglio dei Ministri in cui fu deliberato il decreto delegato.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, il quale, nelle proprie deduzioni depositate in cancelleria il 9 gennaio 1973, prendendo in esame anzitutto la censura relativa all'omessa partecipazione dei Presidenti delle Province alla seduta del Consiglio dei Ministri che deliberò il decreto delegato n. 638/1972, osserva che nel caso non ricorrono i presupposti della necessaria partecipazione stabiliti dall'art. 52 dello Statuto, vuoi perché il decreto in discussione, contenendo norme di attuazione della riforma tributaria, riguarda materia di esclusiva competenza dello Stato, vuoi perché é da ritenere che l'integrazione del Consiglio dei Ministri sia consentita solo quando quest'organo é chiamato a deliberare provvedimenti amministrativi e non pure quando eserciti funzioni legislative.

Passando al merito l'Avvocatura osserva che al legislatore ordinario spetta il potere di modificare, direttamente o con delega, le disposizioni statutarie concernenti i rapporti finanziari fra lo Stato, la Regione e le Province; l'art. 104 del testo unico statutario della Regione Trentino-Alto Adige prevede, infatti, espressamente che le norme del titolo VI dello Statuto (tra le quali ricade l'art. 78 invocato dalle ricorrenti) "possono essere modificate con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della Regione o delle due Province".

Nel caso di specie la legge di delega n. 825 del 1971 - in applicazione di analoga norma contenuta nell'art. 89 dello Statuto allora vigente - é stata approvata dal Parlamento sulla base di uno schema che ebbe l'assenso - manifestato al Ministro delle finanze del tempo - anche delle due Province. L'intesa raggiunta per derogare alla norma statutaria rende perciò inapplicabili i principi sulla gerarchia delle fonti e quelli contenuti nella sopravvenuta legge costituzionale n. 1 del 1971. Applicabili sono per contro i principi della prevalenza della legge speciale (di riforma tributaria) rispetto a quella generale (Statuto) con la conseguente sopravvivenza e legittimità dell'art. 12 n. 3 della legge n. 825 del 1971 che non parla affatto di "accordo" fra Governo, Regioni e Province, ma di "intesa" con le Regioni e le Province stesse.

L'assenso dato allo schema della legge di delega deve intendersi, poi, riferito anche alla legge 321 del 1972, che della prima é sostanzialmente una proroga, dal che consegue che l'art. 8 del decreto delegato n. 638 del 1972 - che é conforme alle citate leggi di delega e di proroga della delega appare costituzionalmente legittimo.

L'Avvocatura non contesta che l'audizione delle Province sia presupposto necessario per la determinazione delle quote, e rileva che l'art. 8 del decreto delegato ha appunto espressamente disposto che siano sentite dette amministrazioni.

L'"accordo" di cui parla l'art. 78 dello Statuto non può essere inteso in senso formale, ma come atto di partecipazione ineguale in cui la partecipazione dello Stato é prevalente mentre il consenso della Provincia si inquadra in più ampio contesto di accordi politici.

Conclude pertanto l'Avvocatura per il rigetto dei due ricorsi.

All'udienza pubblica la difesa delle Province ha illustrato i motivi di incostituzionalità svolti nei ricorsi, insistendo per l'accoglimento degli stessi.

L'Avvocatura dello Stato ha ribadito le proprie conclusioni esibendo una documentazione dalla quale risulterebbe l'assenso dato dalle Province in ordine alle modifiche apportate al disegno di legge sulla riforma tributaria relativamente alla disciplina delle entrate tributarie da attribuire a dette Province.

Considerato in diritto

1. - I due ricorsi dei Presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano, avendo il medesimo oggetto e proponendo questioni identiche, vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.

2. - Con il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, in attuazione della delega legislativa per la riforma tributaria (legge 9 ottobre 1971, n. 825, e successive modifiche e proroghe), sono state emanate disposizioni per l'attribuzione di somme agli enti indicati nell'art. 14 della citata legge n. 825, in sostituzione di tributi, contributi e compartecipazioni.

Le censure d'incostituzionalità mosse dai due ricorsi in epigrafe hanno ad oggetto l'art. 8 di tale decreto, nella parte in cui dispone che, sino al 31 dicembre 1977, alle due Province autonome vengano corrisposte somme d'importo pari a quelle devolute per l'anno 1972 per tributi e compartecipazioni a tributi erariali soppressi dal 1 gennaio 1973, e per l'anno 1973 per i tributi soppressi dal 10 gennaio 1974, distinguendosi tra quote fisse dei tributi devoluti, per le quali é prevista una maggiorazione annuale del 10% rispetto all'anno precedente, e quote variabili, per le quali la maggiorazione "sarà determinata di anno in anno, sentite dette amministrazioni, con decreto del Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro".

3. - Va innanzi tutto, in ordine logico, presa in esame l'asserita violazione dell'art. 23, comma 2, della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, recante modificazioni ed integrazioni dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (di poi trasfuso nell'art. 52, u.c., del t.u. delle leggi costituzionali concernenti lo stesso Statuto, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), a tenore del quale il Presidente della Giunta provinciale "interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano la Provincia". Si deduce che il decreto in questione, pur facendo riferimento alle Province autonome di Trento e di Bolzano, é stato deliberato dal Consiglio dei Ministri senza che alla relativa seduta partecipassero, come d'obbligo, i rispettivi Presidenti.

La censura non é fondata. La Corte ha già avuto occasione di affermare che l'intervento dei Presidenti regionale e provinciali alle sedute del Consiglio dei Ministri non può considerarsi prescritto anche per gli atti legislativi; ed in tal senso l'invocata norma statutaria fu correttamente applicata al momento della emanazione del decreto legislativo n. 638 del 1972. Ben vero che il d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49, dispone ora, all'art. 19, che il Presidente della Giunta regionale del Trentino-Alto Adige e i Presidenti delle Giunte provinciali di Trento e di Bolzano devono essere invitati alle sedute del Consiglio dei Ministri "quando il Consiglio é chiamato ad approvare disegni di legge, atti aventi valore di legge, atti o provvedimenti che riguardano la sfera di attribuzioni della regione e delle province"; ma trattasi di norma di attuazione dello Statuto, avente carattere integrativo rispetto alla norma statutaria, e la sua entrata in vigore é successiva alla emanazione del decreto impugnato, che, sotto tale profilo, deve essere riconosciuto immune dal dedotto vizio d'incostituzionalità.

4. - Fondata é, invece, l'altra censura dedotta dalle Province ricorrenti.

Con l'art. 39 della citata legge costituzionale n. 1 del 1971, é stato aggiunto allo Statuto per il Trentino-Alto Adige l'art. 68-ter (di poi trasfuso nell'art. 78 del citato testo unico statutario), a tenore del quale é devoluta a ciascuna provincia autonoma una quota del gettito dell'imposta generale sull'entrata, relativo al territorio regionale, e delle tasse ed imposte sugli affari non indicate nei precedenti articoli, da stabilirsi annualmente "d'accordo fra il Governo e il Presidente della Giunta provinciale". Sono, cioé, previste delle "quote variabili"; ed in tale ipotesi l'impugnato art. 8 del d.P.R. n. 638 del 1972, ai fini della corresponsione di somme sostitutive del gettito di tributi aboliti in attuazione della riforma, prevede, come dianzi ricordato, per un periodo transitorio fino al 31 dicembre 1977, un meccanismo con cui - fermi restando come base di commisurazione gli importi attribuiti, a seconda dei casi, nel 1972 o nel 1973, al titolo di quota dei soppressi tributi - si apporta una maggiorazione da determinarsi, di anno in anno, sentite le amministrazioni interessate, con decreto ministeriale.

Deve convenirsi con le ricorrenti Province che la instaurata procedura per la determinazione della maggiorazione viola la richiamata norma statutaria: infatti, là dove questa colloca le Province su un piano paritetico con il Governo, ai fini del prescritto "accordo" circa la determinazione del quantum loro spettante, la impugnata norma del decreto delegato le degrada, prevedendo che ne sia acquisito soltanto il parere e che la successiva determinazione spetti esclusivamente al Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro.

In contrario, dall'Avvocatura dello Stato si richiama l'art. 104 del citato testo unico statutario, che prevede la possibilità di modificare le norme del titolo VI con legge ordinaria dello Stato su concorde richiesta del Governo e, per quanto di rispettiva competenza, della Regione o delle due Province: un atto avente forza di legge ordinaria dello Stato, che incontri il preventivo consenso delle parti interessate, può, quindi, derogare sia alla procedura dell'"accordo", sia alla determinazione dei "soggetti" dell'accordo, fissati dall'articolo 78, ultima parte, dello stesso testo unico (ex art. 68-ter dello Statuto), che ricade appunto tra le norme del titolo VI. E si assume che, nella specie, la legge di delega n. 825 del 1971 venne approvata dal Parlamento sulla base di uno schema che ebbe l'assenso anche delle due Province, manifestato al Ministro delle finanze pro-tempore che di essa legge fa parte l'art. 12 n. 3, che prevede l'emanazione, d'intesa con le Province, di norme ordinarie per modificare le disposizioni statutarie in materia finanziaria; che l'"intesa" é formula più elastica rispetto a quella dell'"accordo"; che l'assenso dato dalle due Province relativamente allo schema di legge-delega originaria deve intendersi riferito anche alla successiva legge n. 321 del 1972, che della prima é sostanzialmente una proroga; che, conclusivamente, l'impugnato art. 8 del decreto delegato n. 638 del 1972, perfettamente conforme alle leggi di delega, é costituzionalmente legittimo.

Siffatte argomentazioni non possono essere condivise.

Va innanzi tutto osservato che, dalla esibita documentazione, risulta soltanto che in data 1 marzo 1971 vi fu una riunione tra rappresentanti del Ministero delle finanze, delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome, nel corso della quale "gli enti interessati hanno fatto conoscere, sia pure nelle vie brevi, di essere d'accordo in linea di massima sul testo degli emendamenti" da proporre al disegno di legge sulla riforma tributaria; il che non può certo integrare la "concorde richiesta" prevista dal menzionato art. 104 del testo unico statutario, che dev'essere invece formalmente e puntualmente deliberata dagli organi competenti, e rivolta al legislatore ordinario.

Né può ritenersi che la procedura prescritta dall'art. 78 del testo unico statutario sia stata modificata dalla norma impugnata in applicazione di quanto previsto dal richiamato art. 12 n. 3 della legge di delega n. 825 del 1971. Questo articolo, infatti, fa riferimento a norme di coordinamento, da emanare, sempre nel rispetto dei principi e delle procedure stabiliti dagli statuti speciali, d'intesa con le regioni e le province, per la disciplina definitiva dei rapporti finanziari con lo Stato; e tra tali norme non sono certo da ricomprendere quelle del decreto n. 638 che ha inteso dare semplicemente attuazione alla disciplina transitoria oggetto del successivo art. 14 della stessa legge di delega. Tanto più ove si consideri che il comma 7 dell'art. 14 prescrive la corresponsione delle somme in questione "in deroga alle disposizioni previste al n. 3 del precedente art. 12".

Pertanto, la norma impugnata va dichiarata costituzionalmente illegittima, per contrasto con l'art. 78 del citato testo unico statutario, nella parte in cui prevede che alla determinazione delle maggiorazioni delle somme d'importo pari alle quote variabili di soppressi tributi erariali, da corrispondere alle Province autonome di Trento e Bolzano, si proceda " sentite dette amministrazioni, con decreto del Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro".

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 8 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, recante "disposizioni per l'attribuzione di somme agli enti indicati nell'art. 14 della legge 9 ottobre 1971, n. 825, in sostituzione di tributi, contributi e compartecipazioni e norme per la delegabilità delle entrate", nella parte in cui prevede che alla determinazione delle maggiorazioni delle somme d'importo pari alle quote variabili di soppressi tributi erariali, da corrispondere alle Province autonome di Trento e di Bolzano, si proceda "sentite dette amministrazioni, con decreto del Ministro per le finanze di concerto con quello per il tesoro";

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del citato d.P.R. n. 638 del 1972 sollevata, con i ricorsi in epigrafe, in riferimento all'art. 23, comma secondo, della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, recante modificazioni ed integrazioni dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige (trasfuso nell'art. 52, ultimo comma, del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo stesso Statuto, approvato con il d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 15 luglio 1976.