Sentenza n. 119 del 1976
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SENTENZA N. 119

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 224, terzo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 25 gennaio 1974 dal giudice istruttore del tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Tortorella Antonio, iscritta al n. 97 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 107 del 24 aprile 1974.

Udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 1976 il Giudice relatore Leonetto Amadei.

Ritenuto in fatto

1. - Il giudice istruttore presso il tribunale di Milano, richiesto dal pubblico ministero di applicare nei confronti di Antonio Tortorella, maggiore degli anni 14 e minore degli anni 18, imputato dei reati di furto pluriaggravato e resistenza a pubblico ufficiale e riconosciuto, a seguito di perizia psichiatrica, totalmente incapace di intendere e di volere al momento in cui commise il fatto, la misura di sicurezza del ricovero in riformatorio per un tempo non inferiore a tre anni, ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 224, terzo comma, del codice penale, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

2. - Il giudice a quo riterrebbe violato il principio di eguaglianza sotto un triplice profilo:

a) nell'identico trattamento a cui, in presenza di una pericolosità sociale presunta dalla legge sulla base del minimo edittale della pena prevista in astratto, verrebbero sottoposte persone, che pur avendo un dato in comune, rappresentato dall'aver commesso un reato punito con pena eguale, tuttavia potrebbero diversificarsi sul piano della personalità per venir meno, in una di esse, della pericolosità sociale in concreto;

b) nella diversità di trattamento che conseguirebbe tra due soggetti in identica situazione giuridica per il solo fatto che per uno di essi, come nella specie, il provvedimento di ricovero verrebbe adottato nella fase istruttoria e, per l'altro, nella sede dibattimentale, in quanto in tal sede sussisterebbe la possibilità di valutare in concreto la pena comminabile alla quale potrebbe conseguire la esclusione della misura di sicurezza;

c) in una diversità di trattamento tra il minore non imputabile e ritenuto ex lege socialmente pericoloso e un minore imputabile, responsabile di un identico reato, e che, in giudizio, ben potrebbe fruire del perdono giudiziale.

Considerato in diritto

1. - Con l'ordinanza in epigrafe la Corte é chiamata a giudicare se l'art. 224, terzo comma, del codice penale, nel prevedere l'applicazione automatica della misura di sicurezza del ricovero in riformatorio giudiziario per i minori degli anni 18 e maggiori degli anni 14 non imputabili ai sensi dell'art. 98 dello stesso codice, non sia in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione.

La questione non é fondata.

2. - Con sentenza n. 19 del 1966 la Corte ha già esaminato la questione di legittimità costituzionale della presunzione di pericolosità sociale prevista dall'art. 204, commi primo e secondo, del codice penale, sollevata in riferimento all'art. 13 della Costituzione.

Con sentenza n. 68 del 1967 ha affrontato la stessa questione di legittimità costituzionale del precitato art. 204 c.p. nonché quella relativa all'art. 222, primo comma, sollevata in riferimento anche agli artt. 24, secondo comma, 27, secondo comma, e 32 della Costituzione. Infine, con sentenza n. 106 del 1972 ha riesaminata la questione limitatamente all'art. 222 del c.p. proposta in riferimento all'art 3 della Costituzione.

Con le prime due sentenze la Corte ha dichiarato non fondate le proposte questioni ritenendo che la presunzione di pericolosità sociale trova la sua giustificazione allorché si sia in presenza di condizioni le quali consentano di far ritenere, sulla base di valutazioni obiettive, ed uniformi, desunte dalla comune esperienza, la probabilità di un futuro comportamento criminoso da parte di colui che abbia commesso il reato in circostanze particolari.

Ad analoga conclusione la Corte é pervenuta con la terza sentenza. Infatti la Corte, dopo aver confermato il proprio orientamento giurisprudenziale in tema di legittimità della presunzione di pericolosità sociale, ha ritenuto, con specifico riferimento all'art. 3 della Costituzione, che il sistema adottato dal codice nei confronti della applicabilità delle misure di sicurezza non é ispirato a criteri di rigidezza e prende considerazione della personalità dei soggetti a cui esse vengono inflitte col consentire che siano revocabili allorché si accerti la cessazione dello stato di pericolosità. E ciò perché il sistema poggia su difficoltà obiettive di accertamento che non consentirebbero al legislatore di stabilire se corrisponde meglio al principio di eguaglianza predeterminare il periodo minimo di ricovero, proporzionato all'entità del reato commesso, o affidare, invece, caso per caso, al giudice la irrorazione della stessa misura.

 

Il giudice a quo si é, peraltro, richiamato alla sentenza n. 1 del 1971, che ha ritenuto contrastante con l'art. 3 della Costituzione l'obbligatorietà automatica del ricovero in riformatorio di tutti i minori degli anni 14, resisi colpevoli di delitti non colposi di particolare gravità. É da rilevare, a riguardo, che con la sentenza n. 106 del 1972, la Corte, riferendosi alla sentenza precedente, ha ulteriormente chiarito che, per quanto riguarda i minori degli anni 14, la indiscriminata presunzione di pericolosità sociale, senza prendere in considerazione le rilevanti differenze esistenti tra le varie età, rimane priva di quel fondamento costituito dall'id quod plerumque accidit, che negli altri casi riesce a giustificarla.

 

Ciò permette di rilevare, con chiarezza, la diversità della fattispecie ora in discussione rispetto a quella di cui alla sentenza del 1971 n. 1, richiamata.

 

Nel caso di specie, la misura di sicurezza si rivolge infatti a soggetti la cui età varia entro un ristretto margine temporale (dai 14 ai 18 anni).

 

Epperò - proprio per tale (relativa) omogeneità della fascia di età dei soggetti considerati - é da escludere che sussistano quelle "rilevanti differenze tra le varie età", che nell'ipotesi di cui al comma secondo dello stesso art. 224 cod. pen. (riferibile - come fu sottolineato - così a soggetti quasi quattordicenni come, addirittura, anche ad infanti), hanno, appunto, indotto a ritenere l'illegittimità della sancita presunzione di pericolosità, in riferimento al precetto dell'eguaglianza, per l'irrazionale uniformità di trattamento di situazioni diverse.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 224, terzo comma, del codice penale, sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal giudice istruttore presso il tribunale di Milano, con riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 maggio 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 20 maggio 1976.