SENTENZA N. 109
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 del d.l. 24 luglio 1973, n. 426, convertito in legge 4 agosto 1973, n. 495, e dell'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841 (proroga dei contratti di locazione), promosso con ordinanza emessa il 2 marzo 1974 dal pretore di Bergamo nel procedimento civile vertente tra Volino Rosa e Nocito Giuseppe, iscritta al n. 229 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 167 del 26 giugno 1974.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; udito nell'udienza pubblica del 10 marzo 1976 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Il pretore di Bergamo, nel procedimento civile avente ad oggetto la domanda di decadenza dalla proroga legale del contratto di locazione stipulato fra Volino Rosa e Nocito Giuseppe per sopravvenuta disponibilità da parte del locatario Nocito di altro alloggio idoneo, con ordinanza 2 marzo 1974 ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 4 agosto 1973, n. 495, e dell'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, concessive di proroghe ai contratti di locazione, per contrasto con gli artt. 41 e 42 della Costituzione.
Con la menzionata ordinanza, il pretore, ritenute applicabili alla fattispecie le proroghe sancite con le citate leggi, ha, peraltro escluso, in sede di interpretazione delle dette norme, che le disposizioni regolanti i casi di decadenza dalla proroga stabiliti fin dalla legge 23 maggio 1950, n. 253 (fra cui, appunto, la constatata disponibilità di altro appartamento idoneo da parte del locatario, per acquisto fattone dalla di lui moglie nella stessa città di Bergamo), siano operanti per le locazioni come sopra prorogate.
Ciò in quanto queste ultime sottoporrebbero in modo autonomo a proroga tutti i contratti in corso, senza contenere alcuna espressione di collegamento con le leggi precedenti, le quali, d'altra parte, avendo tutte un limite temporale, dovrebbero, in difetto di espresse disposizioni contrarie, ritenersi inapplicabili oltre i tempi ivi considerati.
Da ciò deriverebbe la impossibilità giuridica di valutare il dedotto motivo di decadenza dalla proroga nel caso di specie, impossibilità che evidenzierebbe il contrasto delle norme impugnate con gli invocati precetti costituzionali, in ordine alla mancata previsione del menzionato caso di cessazione dalla proroga.
Invero, detti precetti consentono bensì l'imposizione di limiti alla proprietà privata allo scopo di assicurarne la funzione sociale. Mentre, però, alla legislazione vincolistica, limitativa della proprietà privata, può e deve riconoscersi, nel suo complesso, lo scopo sociale di assicurare l'abitazione ai conduttori economicamente non in grado di ricorrere alla libera contrattazione, la lamentata omissione finirebbe con l'estendere la proroga anche a casi in cui, per avere il conduttore la disponibilità di altro conveniente alloggio, verrebbe meno la ricordata funzione sociale delle disposizioni vincolative.
L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 167 del 26 giugno 1974.
Avanti a questa Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha tempestivamente depositato le proprie deduzioni.
L'Avvocatura osserva che la questione sollevata avrebbe origine da una inesatta interpretazione delle leggi impugnate, per quanto riguarda la pretesa caducazione delle norme stabilite con la legge fondamentale n. 253 del 1950.
Dette leggi, mosse dall'eccezionalità della crisi economica e dallo specifico intento di ostacolare il processo inflazionistico, avrebbero implicitamente confermato le norme precedenti in materia di decadenza dalla proroga legale.
Diversamente opinando, si negherebbe la coerenza delle norme sulla proroga legale dei contratti di locazione, che invece formano un sistema, nel quale le norme impugnate si inseriscono organicamente.
Considerato in diritto
1. - Con la suindicata ordinanza, il pretore di Bergamo ha sollevato questione se l'art. 1 del d.l. 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 495, e l'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, nella parte in cui non prevedono la decadenza dalla proroga legale per disponibilità di altra abitazione idonea da parte del conduttore (così come già stabilito dall'art. 3 n. 1 della legge 23 maggio 1950, n. 253) determinino una limitazione del libero godimento della proprietà privata e della libera utilizzazione economica dei propri beni, in contrasto con gli artt. 41 e 42 della Costituzione.
2. - La questione non é fondata.
L'asserita autonomia delle leggi in esame rispetto al complesso regime vincolistico, al quale hanno fatto seguito, non può essere ritenuta sussistente nei termini in cui viene interpretata e considerata dal giudice a quo.
Questa Corte, con la sentenza n. 132 del 1972, concernente l'art. 1, secondo comma, della legge n. 833 del 1969, con cui si stabiliva la proroga legale dei contratti di locazione e sublocazione in corso alla data di entrata in vigore della stessa legge per gli immobili urbani ad uso di abitazione, ha già affermato che tale proroga era entrata a far parte del regime vincolistico, comprendente senza differenza tutte le norme già disciplinanti la materia delle locazioni.
Questa affermazione, sostanzialmente riconosce l'unitarietà organica del sistema creato dalle norme vincolistiche, unitarietà che sussiste e va ribadita anche per quanto riguarda le leggi di proroga in esame.
La legislazione speciale in materia di locazioni degli immobili urbani consta di una serie di istituti fra cui trovano posto di primario rilievo quelli attinenti alla proroga legale dei contratti ed al relativo regime. Una delle norme che attiene specificamente all'istituto della proroga é appunto quella, sancita dall'art. 3 n. 1 legge n. 253 del 1950, che prevede la decadenza del conduttore dal diritto alla proroga quando egli venga a trovarsi in determinate situazioni soggettive che la legge considera appunto ostative al godimento del beneficio.
Tale principio, indubbiamente caratterizzante del regime della proroga legale, é preordinato alla tutela dell'interesse del locatore ritenuto preminente, in determinate situazioni tassativamente indicate, su quello del conduttore, ed é certamente entrato a far parte organica del sistema, per la sua rispondenza agli ovvi limiti dell'esigenza fondamentale che ha ispirato la legislazione vincolistica in materia, cioè la tutela dell'interesse dei conduttori di immobili in locazione ad uso di abitazione, alla conservazione dell'alloggio, da ritenere logicamente operante soltanto fino a che tale interesse possa ragionevolmente ritenersi in concreto sussistente. Ciò che é appunto escluso dalla ricorrenza delle circostanze previste dall'art. 3 della legge del 1950 ed in particolare dalla disponibilità di altra abitazione idonea da parte del conduttore.
Pertanto, le considerazioni di ordine formale contenute nell'ordinanza del pretore, che fanno riferimento alla temporaneità delle precedenti norme in materia di proroga ed alla automatica caducazione delle stesse in difetto di precisi richiami nella legge de qua rivelano la loro intrinseca insufficienza ai fini di convalidare la tesi sostenuta, che mal si concilia con la necessaria ed imprescindibile esigenza di riconoscere una permanente coerenza del sistema vincolistico per quanto riguarda i suoi elementi strutturali, coerenza che, in difetto di espresse innovazioni disposte dal legislatore o di una volontà abrogativa al riguardo o, comunque, di una incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti (art. 15 delle preleggi), postula la operatività permanente dei criteri fondamentali del regime vincolistico stesso.
Aggiungasi che la recente legge 31 luglio 1975, n. 363, negando la sospensione dell'esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili locati, considera i provvedimenti fondati sulla disponibilità da parte del conduttore di altra abitazione (art. 1 quater, n. 3) confermando la immanenza della relativa normativa.
É pertanto chiaro che, non essendo attendibile la portata innovativa delle norme impugnate pretesa dal pretore a sostegno della censura, e dovendosi per converso riconoscere che anche ai sensi delle disposizioni impugnate é pur sempre operante il caso di decadenza dalla proroga legale dei contratti previsto dall'art. 3, n. 1, della legge n. 253 del 1950, la questione, come sopra proposta, deve essere dichiarata infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 4 agosto 1973, n. 495 (conversione in legge del decreto-legge 24 luglio 1973, n. 426, concernente provvedimenti urgenti sulla proroga di contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani), e dell'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841 (proroga dei contratti di locazione e sublocazione degli immobili urbani e degli immobili destinati ad uso di albergo, pensione e locanda): questione sollevata con l'ordinanza in epigrafe dal pretore di Bergamo, in riferimento agli artt. 41 e 42 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Luigi BROSIO - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 6 maggio 1976.