SENTENZA N. 107
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21 maggio 1975, recante "Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione siciliana", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 30 maggio 1975, depositato in cancelleria il 7 giugno successivo ed iscritto al n. 15 del registro ricorsi 1975.
Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;
udito nell'udienza pubblica del 25 febbraio 1976 il Giudice relatore Angelo De Marco;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il ricorrente, e l'avv. Massimo Severo Giannini, per la Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato il 30 maggio 1975, il Commissario dello Stato presso la Regione siciliana ha impugnato la legge approvata dall'Assemblea di detta regione il 21 maggio 1975 avente per oggetto "Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione siciliana", chiedendone la dichiarazione di illegittimità costituzionale per violazione degli artt. 14, lett. o, e 15 dello Statuto speciale, nonché degli artt. 48, 51, 65 e 114 della Costituzione.
A sostegno del ricorso si deducono i seguenti motivi:
1) É ben vero che per l'art. 14, lett. o, dello Statuto speciale la Regione siciliana ha competenza esclusiva in materia di regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative, ma é vero altresì che l'art. 15 precisa che "l'ordinamento degli enti locali si basa nella Regione sui comuni e sui liberi consorzi di comuni (corrispondenti alle province statali), dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria".
Ne consegue che con legge regionale non si possono istituire, nell'ambito della circoscrizione comunale, nuove circoscrizioni territoriali, né creare enti territoriali dotati di autarchia amministrativa, quali si configurano i consigli di quartiere costituiti attraverso l'elezione diretta.
Di qui la violazione dei richiamati artt. 14 e 15 dello Statuto speciale.
2) La nomina dei consigli di quartiere, mediante elezione diretta, determinando l'autonomia politica di tali organi, dà luogo ad una forma di espressione comunitaria della volontà dei cittadini, in contrasto con l'art. 114 della Costituzione che statuisce: "La Repubblica si riparte in regioni, province e comuni".
3) La disciplina del diritto di voto e, implicitamente, la determinazione dei casi di consultazione del corpo elettorale in forza dell'art. 48 della Costituzione sono riservate alla legge statale e non esiste alcuna normativa statale che abbia sanzionato forme di elezioni popolari comunali: pertanto la legge impugnata viola la citata norma costituzionale.
4) Sono violati, altresì, gli artt. 51 e 65 della Costituzione che vietano di stabilire - come fa l'art. 4 della legge impugnata - casi di incompatibilità con gli uffici di deputato o senatore.
Si é costituita nel giudizio la Regione siciliana, il di cui patrocinio, con memoria depositata il 20 giugno 1975 chiede che il ricorso venga respinto, deducendo al riguardo sostanzialmente quanto segue:
a) I consigli di quartiere non sono enti od organi di nuovi enti autonomi, ma semplici organi decentrati delle amministrazioni comunali;
b) la Regione siciliana ha potestà legislativa in materia elettorale e non esiste al riguardo una riserva statale (sentenza n. 108 del 1969 di questa Corte);
c) Il legislatore regionale può prevedere incompatibilità che non costituiscano deroghe irrazionali alla legislazione statale.
Nell'udienza odierna l'Avvocatura generale dello Stato ha dichiarato di rinunziare al primo motivo di gravame, insistendo per l'accoglimento del ricorso per gli altri motivi sopra riassunti, mentre il patrono della Regione siciliana ha insistito nel chiederne il rigetto.
Considerato in diritto
1. - Con la rinunzia al primo motivo di gravame da parte dell'Avvocatura generale dello Stato, la materia del contendere si riduce all'accertamento della natura giuridica dei consigli di quartiere istituiti con l'impugnata legge regionale siciliana 21 maggio 1975 e, più precisamente, a stabilire se costituiscono veri e propri nuovi enti autarchici sub-comunali, come sostiene il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, oppure semplici organi di decentramento funzionale amministrativo dei comuni, come sostiene la Regione siciliana.
2. - Precisato, così, l'oggetto del giudizio, é necessario, anzitutto, stabilire sulla base delle norme contenute nella legge impugnata, come siano strutturati gli istituiti consigli di quartiere e quali ne siano le attribuzioni.
La strutturazione riproduce quasi integralmente quella del comune: consiglio di quartiere, corrispondente al consiglio comunale (anche nella composizione numerica di poco inferiore: 10 membri per i quartieri con popolazione fino a 3.000 abitanti, 15 membri per i comuni fino a 3.000 abitanti; 15 membri per i quartieri con popolazione da 3.001 a 10.000 abitanti, 20 membri per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti; 20 membri per i quartieri con popolazione superiore a 10.000 abitanti, 30 membri per i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti), presidente del consiglio corrispondente al sindaco, eletto dal consiglio con le stesse modalità prevedute dalla legge sull'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana per la elezione del sindaco.
Manca la previsione dell'organo giunta, ma come risulta dalla analisi delle funzioni di amministrazione attiva attribuite - per delegazione del consiglio comunale ai sensi dell'art. 11 della legge impugnata - al consiglio di quartiere vi é bensì una elencazione di materie ma senza specificazione dei poteri delegati, cosicché deve desumersi che in tali materie il consiglio di quartiere può esercitare tutte le potestà che il sopra citato ordinamento attribuisce al consiglio comunale, alla giunta e al sindaco.
Per quanto riguarda il presidente non sono indicate altre attribuzioni che non siano quelle di presiedere le pubbliche adunanze del consiglio.
Peraltro, poiché in base alla norma di rinvio contenuta nell'art. 44 della legge impugnata, per quanto non previsto nella legge stessa si osservano, in quanto applicabili, le norme di legge concernenti il consiglio comunale, può ben ritenersi che anche per il presidente del consiglio di quartiere debbano osservarsi, in quanto applicabili, le norme di legge concernenti il sindaco.
É vero che, in base all'art. 11 della legge in esame il consiglio di quartiere ha anche funzione consultiva e di propulsione dell'attività del comune, ma questa funzione rafforza e non esclude quella più rilevante di amministrazione attiva, cosicché già si può ben concludere che non ci si trova di fronte ad un semplice organo di decentramento funzionale a carattere semplicemente burocratico.
Al riguardo basta tener presenti gli artt. 70 e 71 dell'ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana, abrogati con l'art. 12 della legge in esame.
Con tali articoli, infatti, si prevedevano delegati del sindaco nelle borgate e frazioni (art. 70) o addirittura nei quartieri, nei quali il consiglio comunale poteva ripartire il territorio dei comuni con più di 60.000 abitanti (art. 71), delegati per mezzo dei quali si attuava, senza che occorresse all'uopo l'istituzione di un apposito consiglio, quello che soltanto può definirsi decentramento funzionale.
Ma l'elemento che deve togliere ogni dubbio circa la natura di vero e proprio ente autonomo del consiglio di quartiere é la nomina del consiglio a suffragio universale, ossia attraverso la forma più squisitamente politica di esercizio di quella sovranità che l'art. 1 della Costituzione attribuisce al popolo.
3. - Tanto stabilito, resta da accertare se l'istituzione di un siffatto ente rientri nella potestà di legislazione esclusiva, in materia di regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative, attribuita alla Regione siciliana dall'art. 14, lett. o, del relativo Statuto speciale.
Poiché il primo comma di detto articolo 14 dispone, tra l'altro, che tale potestà deve esercitarsi "nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato" il problema si sposta all'accertamento della conformità con le leggi costituzionali dello Stato della legge impugnata.
Intanto, già l'art. 5 della Costituzione, statuendo che la Repubblica riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento, evidentemente non solo distingue tra autonomia e decentramento, ma entrambi riserva alla legislazione statale.
Più specificamente, poi, l'art. 128 dispone che le Province ed i Comuni sono enti autonomi nell'ambito dei principi fissati da leggi generali della Repubblica, che ne determinano le funzioni.
Ne consegue che con la legge impugnata la Regione ha usato la potestà di legislazione esclusiva in materia di regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative, conferite dall'art. 14, lett. o, dello Statuto speciale, esorbitando dai limiti delle leggi costituzionali dello Stato, stabiliti nel primo comma di detto art. 14, perché ha legiferato in materia che, in forza delle norme sopra richiamate, é riservata alle leggi generali della Repubblica.
Tanto basta perché, senza che occorre passare all'esame degli altri motivi di gravame, che restano assorbiti, il ricorso debba essere accolto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale della legge regionale siciliana approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 21 maggio 1975, avente ad oggetto "Istituzione dei consigli di quartiere nei comuni della Regione siciliana".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Luigi BROSIO - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 6 maggio 1976.