SENTENZA N. 99
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Prof. Paolo ROSSI, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 9 della legge 1 dicembre 1970, n. 898 (disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), promosso con ordinanza emessa il 28 giugno 1974 dalla Corte d'appello di Firenze nel procedimento civile vertente tra Cardani Amina e Landi Bianca, iscritta al n. 396 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 289 del 6 novembre 1974.
Visti gli atti di costituzione di Cardani Amina e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 12 febbraio 1976 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
udito il vice avvocato generale dello Stato Vito Cavalli, per il Presidente del Consiglio dei ministri
Ritenuto in fatto
Con l'art. 9 della legge sulla disciplina dei casi di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio (10 dicembre 1970, n. 898) si é disposto che una quota della pensione spettante al coniuge superstite possa essere attribuita al coniuge, rispetto al quale sia stata pronunziata, a suo tempo, sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Tale Rubieri Garibaldi, ottenuta con sentenza 13 ottobre 1972 la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il 26 dicembre 1932 con Landi Bianca, passava a nuove nozze con Cardani Amina, addì 19 novembre 1972.
Il Rubieri, pensionato dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, decedeva il 1 gennaio 1973.
La Landi, prima moglie, chiedeva al tribunale di Firenze che, a termini della predetta disposizione, le fosse attribuita una quota della pensione di riversibilità spettante alla Cardani. Quest'ultima si opponeva e, dopo sentenza del tribunale adito, favorevole alla Landi, la Cardani appellava e la Corte di Firenze, con ordinanza 28 giugno 1974, sospendeva il giudizio e sottoponeva a questa Corte questione di legittimità costituzionale del citato art. 9 della legge del 1970 in relazione all'art. 42 della Costituzione.
Secondo il giudice a quo, la norma impugnata autorizzerebbe il giudice a incidere sul patrimonio del coniuge superstite in base ad una facoltà discrezionale manifestata dall'inciso "può disporre" per il cui esercizio non verrebbero dettati i necessari criteri direttivi e limitativi della quota di disponibilità.
Invero, la pensione di riversibilità spetterebbe jure proprio al coniuge che sia tale al momento della morte del titolare, così da far parte originariamente del suo patrimonio, e la possibilità derivante dalla norma impugnata di una parziale destinazione a favore del primo coniuge, si risolverebbe in un trasferimento di parte di detto patrimonio a favore di un soggetto che, altrimenti, non potrebbe vantare alcun diritto al riguardo. E ciò senza l'osservanza della riserva relativa di legge, prevista dagli artt. da 41 a 44 della Costituzione in materia di limitazioni alle libertà economiche, ed in particolare dall'art. 42 con riguardo alla libertà di disporre e godere del proprio patrimonio.
L'ordinanza, notificata e comunicata come per legge, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 289 del 1974.
In questa sede si é costituita la signora Cardani, seconda moglie, rappresentata e difesa dagli avvocati Giorgio Taddei Elmi e Giuseppe Feri che hanno depositato ritualmente le proprie deduzioni difensive, con cui si richiamano alle considerazioni svolte nell'ordinanza di rinvio a sostegno del fondamento della questione.
É anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha tempestivamente depositato le proprie deduzioni.
L'Avvocatura, nel richiedere che sia viceversa dichiarata non fondata la questione, osserva che il richiamo all'art. 42 Cost. sarebbe del tutto inconferente in quanto il terzo comma di tale articolo, cui farebbe riferimento l'ordinanza di rinvio, riguarderebbe l'espropriazione per motivi di interesse generale, mentre la norma impugnata si limiterebbe a regolare un rapporto intersoggettivo di diritto privato.
Comunque, anche a prescindere dal rilievo se la doglianza possa essere inquadrata sotto l'aspetto denunziato, o non andrebbe piuttosto riferita all'art. 23 Cost. ed intesa cioè come violazione della riserva di legge stabilita da detta norma in materia di prestazioni patrimoniali, la norma impugnata andrebbe sempre interpretata in relazione all'art. 5 della stessa legge n. 898 del 1970, col quale é prevista l'attribuzione di un assegno a carico di uno dei coniugi divorziati ed a favore dell'altro, così individuandosi i criteri per l'attribuzione e la commisurazione dello stesso nelle condizioni economiche dei coniugi, nelle ragioni dello scioglimento del matrimonio, e nel contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla conduzione della famiglia. Appunto per garantire a favore del coniuge divorziato l'osservanza di tali suoi diritti, anche nel caso di impossibilità per altra via, la norma impugnata prevederebbe la facoltà in discussione, con la quale si opererebbe, in sostanza, una conversione dell'obbligazione personale determinata ai sensi dell'art. 5 citato, nell'attribuzione di una quota della pensione. E ciò sarebbe appunto confermato dal fatto che tale conversione può avvenire in sede di procedimento camerale, trattandosi di assegnare al coniuge divorziato parte dell'assegno già determinato a norma del citato art. 5.
L'Avvocatura conclude, quindi, chiedendo dichiararsi infondata la questione, ravvisandosi comunque nella legge i criteri direttivi idonei a limitare convenientemente la censurata discrezionalità in materia di attribuzione e determinazione della quota di pensione in esame.
La difesa della Cardani ha depositato una memoria illustrativa con cui svolge ampiamente le argomentazioni contenute nell'ordinanza di rinvio a sostegno della sollevata questione.
In particolare, la difesa osserva che non potrebbe supporsi, ai fini di escludere la violazione del principio costituzionale invocato, che la norma impugnata faccia rinvio alle norme che disciplinano la materia delle pensioni, ed in particolare al testo unico 5 gennaio 1950, n. 180, perché l'assegno previsto dagli artt. 5 e 9 della legge n. 898 del 1970 non potrebbe essere inquadrato in nessuna delle categorie di crediti indicate nell'art. 2 del citato testo unico, rivestendo nuovi e particolari caratteri che concorrono a determinare una natura giuridica peculiare e quanto meno non meramente alimentare.
Anche l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato, nei termini, una memoria con cui ribadisce le argomentazioni già svolte per dimostrare l'infondatezza della questione.
Considerato in diritto
1. - La questione sollevata dalla Corte di appello di Firenze si basa sulla dedotta violazione della riserva di legge per la tutela dei "diritti di libertà in materia economica" di cui all'art. 42 della Costituzione. La violazione per mancata tutela conseguirebbe, nel caso in esame, alla discrezionalità con cui, per effetto della disposizione impugnata (art. 9 della legge n. 898 del 1970), il giudice é autorizzato a provvedere in merito all'an e al quantum dell'attribuzione all'ex coniuge di una quota della pensione di riversibilità, pur spettante, per diritto proprio, al coniuge superstite: discrezionalità di cui non sarebbero indicati né i criteri informatori né i limiti.
2. - La questione non é fondata.
Come risulta dall'elaborazione interpretativa, giurisprudenziale e dottrinale, della disposizione in esame, l'attribuzione di quota di pensione va interpretata ed intesa nel quadro del sistema ed in correlazione con esso. Particolarmente, va tenuta in evidenza la disposizione di cui al precedente art. 5, richiamato nello stesso art. 9, sulla somministrazione, in sede di pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di un assegno da corrispondere, periodicamente, dall'un coniuge a favore dell'altro: corresponsione tutelabile mediante idonee garanzie reali o personali (art. 8). Dopo di che, la morte dell'obbligato e le vicende successorie possono avere incidenza, a danno della beneficiaria, sulle provvidenze a lei, a suo tempo, accordate e sulle connesse garanzie, compromettendo aspettative e, talvolta, le stesse esigenze di vita, proprio nel momento in cui dette provvidenze vengono meno: é in questo momento che la disposizione in esame trova la sua derivazione e la sua ragion d'essere. D'altra parte, l'intervento motivato del tribunale, in camera di consiglio, acquisite informazioni ed udite le parti, é introdotto, appunto, per verificare la situazione reale, e ampiamente regolarla in senso positivo o negativo, ovvero moderarla. Ciò secondo criteri valutativi, suggeriti volta per volta dalla varietà dei casi concreti, in corrispondenza ai criteri dettati per l'assegno periodico dal richiamato art. 5 in relazione, sia alla capacità economica dell'obbligato, sia alle modalità, tra cui le modalità di durata, che hanno accompagnato la pregressa "conduzione familiare".
3. - Così delineato il contenuto della normativa in esame, in relazione alla sua finalità, ne va considerata la corrispondenza o meno al disposto costituzionale, addotto come termine di riferimento.
La Corte ritiene non congruo il richiamo all'art. 42.
Nel caso, la censura é rivolta contro disposizione che riguarda le vicende di una obbligazione pecuniaria, quale si configura lato sensu il rapporto pensionistico e non già il regime della proprietà o degli altri diritti reali, cui, invece, la tutela dell'art. 42 é diretta.
La disposizione consiste e si risolve nella individuazione del destinatario di parte di un pagamento di somma (che sarebbe ad altri integralmente dovuta), in base a statuizione giudiziale ed alle condizioni che si sono enunciate al numero precedente.
La disposizione, che trova il suo supporto nell'art. 1188 del codice civile non contiene punti di contrasto con l'art. 42 della Costituzione dettato, in ambito diverso, per altri fini.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, comma primo, ultima parte, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, sulla disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio, questione sollevata, con l'ordinanza in epigrafe, dalla Corte di appello di Firenze in riferimento all'art. 42 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1976.
Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 28 aprile 1976.