Sentenza n. 86 del 1976
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SENTENZA N. 86

ANNO 1976

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici:

Prof. Paolo ROSSI, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283 (disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), promossi con ordinanze emesse il 18 ottobre 1973 dal pretore di Roma in due procedimenti penali a carico di Proietti Giuseppina ed altri, iscritte ai nn. 63 e 64 del registro ordinanze 1974 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 75 del 20 marzo 1974.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nell'udienza pubblica del 28 gennaio 1976 la relazione del Presidente;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Con due ordinanze di eguale tenore il pretore di Roma ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283, sul presupposto che esso non preveda come reato la detenzione per la distribuzione per il consumo di alimenti in cattivo stato di conservazione, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 32, primo comma, della Costituzione.

Si osserva nelle ordinanze di rimessione che contrasta con il principio di ragionevolezza e con la tutela della salute pubblica voluta dall'art. 32, primo comma, della Costituzione, la citata norma incriminatrice, la quale, per coerenza con tali principi costituzionali, avrebbe dovuto punire non solo la detenzione per la vendita di sostanze mal conservate ma anche quella per la distribuzione per il consumo, altrettanto pericolosa per la salute.

É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato con atti di deduzioni depositati il 1 febbraio ed il 2 aprile 1974, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione proposta.

La difesa dello Stato rileva che dall'interpretazione sistematica della norma impugnata ed in relazione alla finalità di tutela della salute pubblica, immanente all'intera disciplina stabilita dalla legge 30 aprile 1962, n. 283, dovrebbe dedursi che il legislatore minus dixit quam voluit. Ossia l'espressione "detenere per vendere" deve essere interpretata estensivamente nel senso di "detenere per immettere al consumo".

L'Avvocatura dello Stato cita quindi talune decisioni della Cassazione favorevoli ad una configurazione ampia della norma.

Considerato in diritto

1. - Attesa l'identità delle questioni prospettate i relativi giudizi vanno riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - Il pretore di Roma ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283, nella parte in cui escluderebbe, tra le varie ipotesi di reato, la detenzione di sostanze alimentari mal conservate per distribuirle per il consumo. Nell'ordinanza di rimessione si dubita che la supposta liceità di tale condotta contrasti con gli artt. 3 e 32, primo comma, della Costituzione, non apparendo giustificata in relazione all'analoga (punita) fattispecie di detenzione per la vendita, e potendo procurare un identico nocumento alla salute pubblica.

Il giudice a quo presuppone che la norma denunciata non si estenda a chi detiene sostanze in cattivo stato di conservazione per immetterle nel consumo alimentare umano. Ove tale interpretazione fosse esatta, il pretore avrebbe dovuto assolvere gli imputati anziché sollevare una questione di legittimità costituzionale, prospettandola sostanzialmente come richiesta alla Corte costituzionale di creare nuove ipotesi di reato.

Peraltro la tesi ermeneutica del pretore appare erronea e la questione proposta infondata.

La ratio della norma incriminatrice impugnata é quella di punire non soltanto l'attività di vendita di sostanze alimentari in vario modo viziate, ma anche di impedire quella detenzione, anch'essa pericolosa, che precede immediatamente l'immissione nel consumo delle sostanze stesse.

La disposizione in esame prevede che le sostanze alimentari descritte nel suo contesto siano vendute, impiegate nella preparazione di alimenti o di bevande, somministrate come mercede ai propri dipendenti o distribuite per il consumo (art. 5 legge 30 aprile 1962, n. 283).

Dottrina e giurisprudenza hanno ritenuto che la norma, interpretata secondo l'intento della legge che é quello di assicurare la tutela della salute pubblica, comprenda nell'ipotesi di reato anche la detenzione caratterizzata dalla destinazione all'uso alimentare, senza previo accertamento della commestibilità.

Ne consegue che la norma impugnata vieta la detenzione finalizzata all'esplicamento di tutte le condotte analiticamente descritte dall'art. 5 della legge n. 283 del 30 aprile 1962, sicché la censura prospettata dal giudice a quo si palesa inconsistente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo comma, della legge 30 aprile 1962, n. 283 (disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 32, primo comma, della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe indicate.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 aprile 1976.

Paolo ROSSI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 14 aprile 1976.