SENTENZA N. 34
ANNO 1976
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici:
Dott. Luigi OGGIONI, Presidente
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
Prof. Antonino DE STEFANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 (istitutivo dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili), promosso con ricorso del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano, notificato l'11 dicembre 1972, depositato in cancelleria il 21 successivo ed iscritto al n. 58 del registro ricorsi 1972.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 10 dicembre 1975 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;
udito l'avv. Giuseppe Guarino, per la Provincia di Bolzano, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato l'11 dicembre 1972 e depositato il 21 dicembre 1972 il Presidente della Provincia autonoma di Bolzano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, recante "Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili", in riferimento agli artt. 2, 3 e 6 della Costituzione; 2 della legge cost. 26 febbraio 1948, n. 5, contenente lo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige; 2, 3, 50 e 51 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, recante modificazioni ed integrazioni dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, nonché dell'art. 23 di quest'ultima legge costituzionale.
La norma impugnata, facendo dipendere l'esclusione dell'imposta per i circoli culturali, ricreativi, sportivi ed educativi operanti a livello provinciale dalla loro adesione alle organizzazioni nazionali, ovvero dalla rappresentanza dei sindacati locali nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, si porrebbe in contrasto con il riconoscimento costituzionale dei diritti inviolabili dell'uomo, con il principio di eguaglianza e con la tutela costituzionale assicurata alle minoranze etniche linguistiche.
Sotto altro profilo le stesse norme sarebbero illegittime, in quanto approvate dal Consiglio dei ministri senza la partecipazione del Presidente della Giunta provinciale di Bolzano.
2. - Resiste al ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deduzioni depositate il 5 gennaio 1973 nelle quali chiede una dichiarazione di infondatezza della questione.
3. - Alla pubblica udienza le parti hanno insistito sulle rispettive conclusioni.
Considerato in diritto
1. - Il ricorso della Provincia di Bolzano ha per oggetto l'art. 3 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, istitutivo dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, nella parte in cui, nello stabilire l'esenzione della detta imposta per gli immobili dati in locazione e totalmente destinati allo svolgimento di attività culturali, ricreative, sportive, educative o sindacali, esige peraltro che tali attività siano applicate - rispettivamente - da "circoli aderenti alle organizzazioni nazionali legalmente riconosciute" (lett. b) e dai sindacati dei lavoratori dipendenti od autonomi rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (lett. c): con esclusione pertanto delle similari formazioni associative operanti su scala locale e conseguentemente di quelle espresse dalle minoranze tedesca e ladina nell'ambito della Provincia ricorrente.
Si deduce violazione dell'art. 23 della legge costituzionale n. 1 del 1971, per la mancata partecipazione del Presidente della Provincia alla seduta del Consiglio dei ministri nella quale la disposizione testé rammentata venne approvata, trattandosi - secondo l'assunto - di questione che riguardava la Provincia. Si deduce, altresì, nel merito, violazione degli artt. 2, 3, 6 della Costituzione, 2 dello Statuto del Trentino-Alto Adige legge cost. n. 5 del 1948, 2, 3, 50 e 51 della successiva legge cost. n. 1 del 1971, già citata, portante modificazioni al detto Statuto. E cioè, in sostanza, violazione del principio di tutela delle minoranze linguistiche tedesca e ladina, per il trattamento deteriore fatto alle associazioni rientranti nelle accennate categorie, che, per la loro natura, esauriscono la propria attività a livello provinciale.
2. - Conformemente ai criteri in precedenza affermati dalla Corte (sentenze nn. 192 del 1970, 86 e 240 del 1975), inammissibili devono dichiararsi le censure che hanno esclusivo e diretto riferimento a norme della Costituzione (artt. 2 e 3), la cui asserita violazione non si risolve in lesione della autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia ricorrente.
3. - Nel merito, le censure prospettate nel ricorso non sono fondate.
Deve rilevarsi preliminarmente che il decreto presidenziale n. 643 del 1972 é stato adottato in attuazione della riforma tributaria ed in applicazione dei principi e criteri a tal fine stabiliti dalla legge di delega 9 ottobre 1971, n. 825. E nei confronti di norme siffatte non é dato individuare un interesse giuridicamente differenziato di singole regioni o delle provincie autonome di Bolzano e di Trento, tale da rendere necessaria la partecipazione alle sedute del Consiglio dei ministri dei rispettivi Presidenti.
Così, per quanto più particolarmente concerne la specie, la istituzione e la disciplina dell'imposta comunale sugli incrementi di valore degli immobili (compreso quanto attiene alle relative esenzioni) é materia che interessa l'intera comunità nazionale, e solo in quanto in essa incluse, interessa anche le singole regioni e le provincie di Trento e Bolzano.
Non sussiste, dunque, l'asserita violazione dell'art. 23 della legge cost. n. 1 del 1971, più volte rammentata.
4. - Quanto alle più specifiche censure mosse alla normativa dell'art. 3 del decreto legislativo in oggetto, é da ricordare anzitutto, con particolare riferimento alla lett. c, che questa Corte, in altra recente occasione, ha ritenuto che lo status professionale (di datore di lavoro o di lavoratore) assorbe in sé ogni diversità di lingua o di origine etnica, identici essendo gli interessi che direttamente vi si riconnettono per tutti gli appartenenti alla medesima categoria (sentenza n. 86 del 1975). E questa premessa sarebbe già sufficiente a dimostrare la infondatezza della questione di legittimità costituzionale proposta dalla ricorrente per la limitazione del beneficio fiscale di cui al terzo comma del menzionato art. 3, n. 2, ai soli sindacati rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro.
Ma alle medesime conclusioni si perviene altresì, tanto per gli stessi sindacati, cui si riferisce la lett. c, quanto per gli altri organismi associativi previsti dalla precedente lett. b, sulla base di considerazioni di ordine più generale, attinenti alla peculiare natura, alle finalità ed alla reale portata delle disposizioni impugnate, riguardate che siano - come si deve - nel contesto dell'intero decreto in cui sono contenute e della legge di delega che ne sta a fondamento.
Quest'ultima, com'è noto, ed é stato posto in evidenza più sopra al punto 3, ha per oggetto la riforma tributaria, della quale prescrive i principi e i criteri direttivi. Ovviamene, hanno del pari natura tributaria tutte le disposizioni del decreto legislativo di cui é questione, come quelle degli altri che furono emanati in virtù della detta delega. Più particolarmente, il n. 2 dell'art. 3 stabilisce l'esenzione dall'imposta (gravante sui proprietari degli immobili) in favore delle società contemplate nel primo comma del medesimo art. 3 ("società che svolgono in modo esclusivo o prevalente attività di gestione di immobili"), allorché ricorrano determinate condizioni, tra cui la particolare destinazione dell'immobile, che sia per intero adibito all'esercizio delle attività specificate nelle lett. a, b, c e d, purché ed in quanto svolte dai soggetti rientranti nelle categorie ivi anch'esse indicate (partiti rappresentati nelle assemblee nazionali e regionali; circoli aderenti alle organizzazioni nazionali legalmente riconosciute e sindacati rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, secondo il già detto; istituzioni mutualistiche).
Ora, prescindendo dai partiti politici e dalle istituzioni mutualistiche, che rimangono fuori dell'ambito del presente giudizio, da quanto sin qui rilevato si traggono i due seguenti corollari. Il primo é che, trattandosi di normativa tributaria, e più specialmente, per quanto interessa in questa sede, di una esenzione fiscale, questa, da un lato deve contenersi entro i limiti più ristretti e, d'altro canto, ricevere applicazione uniforme, alla stregua di criteri unitariamente omogenei, in tutto il territorio nazionale.
Il secondo corollario é che solo indirettamente le disposizioni impugnate concernono in qualche modo le diverse specie di formazioni associative menzionate alle lettere b e c, e solo indirettamente perciò può dirsi ne derivi per queste un onere di aderire ad organizzazioni nazionali legalmente riconosciute o ad associazioni sindacali rappresentate nel CNEL, per la previsione di una incidenza favorevole dello sgravio tributario disposto in favore del locatore sui canoni di locazione che le associazioni predette sono tenute a corrispondere.
5. - Sotto il profilo da ultimo accennato, la posizione delle associazioni in oggetto, formate da cittadini appartenenti alle minoranze linguistiche tedesca e ladina, é perfettamente eguale a quella delle associazioni similari operanti in qualsiasi parte del territorio nazionale, a livello meramente locale. Né può ravvisarsi nella imposizione dell'onere di adesione ad organizzazioni maggiori, legalmente riconosciute o rappresentate nel CNEL, una menomazione delle caratteristiche peculiarità tradizionalmente proprie di quelle associazioni, attraverso una sorta di larvata assimilazione forzata che porti a snaturarle, essendo rimesse alla loro libera determinazione la scelta tra aderire o non aderire alle corrispondenti organizzazioni maggiori. Non ne risulta perciò violato il principio di tutela delle minoranze linguistiche tedesca e ladina, di cui all'art. 51 della legge cost. n. 1 del 1971, in relazione anche agli artt. 6 cost. e 2 dello Statuto della Regione del Trentino-Alto Adige, pure invocati dalla Provincia ricorrente.
Veramente, invece, i diritti di tali minoranze sarebbero vulnerati qualora l'adesione delle associazioni di cui alle lettere b e c del n. 2 dell'art. 3 alle organizzazioni nazionali comportasse, in forza di particolari norme che queste disciplinano o di concrete determinazioni adottate dai loro organi deliberanti, delle limitazioni al modo d'essere originario delle prime, con specifico riguardo alla differenziazione etnico - linguistica in esse esprimentesi; come pure, per fare un esempio estremo, ove in ipotesi la richiesta di adesione fosse respinta proprio a motivo di tale differenziazione.
Nei quali casi, peraltro, non mancherebbero alle associazioni dei gruppi minoritari contro siffatte indebite limitazioni i rimedi legali, esperibili davanti ai giudici comuni, ordinari ed amministrativi, non essendo dubitabile che anche norme di grado lato sensu regolamentare ed atti amministrativi concreti, siano viziati da illegittimità quando contrastino con principi di ordine costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, n. 2, lett. b e c, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, recante istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili, proposte con il ricorso in epigrafe in riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione;
b) dichiara non fondate le questioni relative alle disposizioni predette, proposte con il ricorso medesimo in riferimento agli artt. 2 dello Statuto della Regione del Trentino-Alto Adige, legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 5, 2, 3, 23, 50 e 51 della legge costituzionale 10 novembre 1971, n. 1, portante modificazioni al detto Statuto (artt. 4, 5, 40, 97 e 98 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 - Testo unificato delle leggi sullo Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) e 6 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1976.
Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1976.