SENTENZA N. 241
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Dott. Luigi OGGIONI, Presidente
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
Prof. Antonino DE STEFANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 14, 20, 27 e 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), promosso con ordinanza emessa il 15 giugno 1973 dal pretore di Genova sul ricorso del sindacato UIL-SAT contro il CONI-Totocalcio, iscritta al n. 454 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 20 febbraio 1974.
Visti gli atti di costituzione del CONI-Totocalcio e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1975 il Giudice relatore Guido Astuti;
uditi gli avvocati Ubaldo e Walter Prosperetti, per il CONI-Totocalcio, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con ricorso ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, il Sindacato Ausiliari Totocalcio esponeva al pretore di Genova che, avendo richiesto alla direzione di Genova del CONI-Totocalcio l'autorizzazione allo svolgimento di una assemblea nei locali dell'Ente, aveva ricevuto il rifiuto di quest'ultimo. Chiedeva, di conseguenza, che il pretore ordinasse, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto dei lavoratori, al CONI-Totocalcio la cessazione della condotta antisindacale tenuta. In giudizio, il pretore di Genova ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale degli artt. 14, 20, 27 e 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), in riferimento agli artt. 1, 3 e 39, primo comma, della Costituzione. Osserva il giudice a quo che il ricorso proposto dovrebbe essere respinto, atteso che la particolare protezione assicurata dagli artt. 14, 20, 27 e 28 dello Statuto dei lavoratori si riferisce ai soli lavoratori subordinati e che, viceversa, nel caso di specie i lavoratori aderenti al Sindacato ricorrente (scrutinatori di schedine), sono legati al CONI-Totocalcio da un rapporto di lavoro di natura prevalentemente autonoma.
Ritiene, peraltro, il pretore che le norme impugnate, nell'escludere dalla speciale protezione in esse prevista il lavoro autonomo, la cui distinzione dal lavoro subordinato é spesso sfumata, violino i principi costituzionali di cui all'art. 39, che assicura la libertà di organizzazione sindacale indipendentemente dalla natura del lavoro svolto, ed agli artt. 1 e 3, secondo i quali la tutela della libertà e della dignità sociale compete senza differenza a coloro che traggano la propria fonte di sostentamento dall'esplicazione di attività lavorativa subordinata o autonoma che sia.
Si é costituito in giudizio il CONI-Totocalcio, affermando l'infondatezza della questione proposta. In particolare, la differente disciplina esistente per il lavoro subordinato rispetto al lavoro autonomo troverebbe ampia giustificazione nella essenziale diversità ravvisabile tra i due tipi di lavoro.
É intervenuto in giudizio, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri, deducendo anch'esso la infondatezza della questione sollevata dal pretore di Genova.
La diversa e più intensa protezione assicurata al lavoro subordinato nei rispetti del lavoro autonomo sarebbe legittima espressione del potere discrezionale del legislatore di sottoporre situazioni diverse a disciplina differenziata.
Considerato in diritto
1. - Il pretore di Genova solleva, in riferimento agli artt. 1, 3 e 39, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 14, 20, 27 e 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300. Secondo l'ordinanza di rimessione, le norme denunciate dello "Statuto dei lavoratori", in quanto applicabili ai soli rapporti di lavoro subordinato, con esclusione dei rapporti di lavoro autonomo, confliggerebbero con il principio sancito dall'art. 39, primo comma, della Costituzione, che assicura la libertà di organizzazione sindacale a tutti i lavoratori, "senza distinzione in ordine alla natura del lavoro svolto, sia esso prestato alle dirette dipendenze di altra persona, o più o meno autonomamente". Ulteriore profilo di incostituzionalità dovrebbe inoltre ravvisarsi rispetto agli articoli 1 e 3 della Costituzione, di cui il principio enunciato nell'art. 39 "é diretta applicazione e specificazione", e "alla luce dei quali la tutela della libertà e della dignità sociale compete senza differenza a tutti coloro che traggano la propria fonte di sostentamento dall'esplicazione di attività lavorativa, subordinata o autonoma che sia".
2. - La questione non é fondata. Altro é la libertà di organizzazione sindacale, che l'art. 39 della Costituzione riconosce e garantisce a tutti i lavoratori, siano essi subordinati o autonomi, ed altro é il diritto di svolgere attività sindacale all'interno dei luoghi di lavoro, che l'art. 14 dello "Statuto dei lavoratori" assicura, nei confronti dei datori di lavoro, in necessaria correlazione con l'esistenza di rapporti di lavoro o di impiego subordinato. La disposizione dell'art. 14, come quelle degli artt. 20 e 27, concernenti l'attività sindacale aziendale mediante riunione di assemblee nelle unità produttive, e la disponibilità di locali per le rappresentanze sindacali aziendali e le relative riunioni, costituiscono una speciale forma di tutela del lavoro subordinato, diretta ad assicurare l'esercizio dell'attività sindacale nell'ambito dell'azienda, all'interno dei luoghi di lavoro e, sotto certe condizioni, nelle singole unità produttive. Questa particolare tutela é stata dettata con riguardo alla posizione dei lavoratori subordinati nell'organizzazione dell'impresa, in funzione del fatto che essi prestano con continuità la loro opera nell'interno di una comunità organizzata di lavoro, caratterizzata da vincoli di dipendenza e subordinazione.
É evidente che i motivi a cui si ispira questa speciale disciplina normativa non sussistono nei confronti dei lavoratori autonomi, i quali non prestano la loro opera al servizio esclusivo d'un datore di lavoro, né sono permanentemente inseriti in una organizzazione aziendale, con vincoli di subordinazione. La essenziale differenza che intercorre tra lavoro subordinato e lavoro autonomo giustifica pienamente non solo la diversa regolamentazione giuridica di questi rapporti, ma anche il diverso regime di tutela delle due categorie di lavoratori per quanto attiene all'esercizio delle attività sindacali. Escludendo l'applicabilità ai lavoratori autonomi delle disposizioni degli artt. 14, 20 e 27 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e conseguentemente anche dei mezzi di repressione della condotta antisindacale del datore di lavoro previsti dall'art. 28, il legislatore non ha violato né gli artt. 1 e 39 della Costituzione, né l'art. 3, dato che il principio di eguaglianza postula parità di trattamento solo quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive a cui si riferisce una determinata disciplina giuridica.
3. - É opportuno precisare che la prospettata disparità di trattamento non sussiste nemmeno nei casi in cui, come nella fattispecie che ha dato luogo al presente giudizio, trattisi di attività lavorativa avente bensì carattere autonomo, ma prestata in favore di un solo soggetto, e svolta in locali messi a disposizione dal medesimo. Ciò che ha rilievo ai fini della speciale tutela dell'esercizio delle attività sindacali nei luoghi di lavoro é infatti precisamente il vincolo di subordinazione conseguente al rapporto di dipendenza, che si concreta con l'effettiva inserzione permanente dei lavoratori nella organizzazione aziendale. Ben diversa é invece la posizione di chi, come i cosiddetti "ausiliari" del CONI- Totocalcio, venga invitato di volta in volta a prestare opera quale scrutinatore delle schedine dei concorsi- pronostici, senza obbligo di presentarsi al lavoro né sanzioni per l'ingiustificata assenza, e quindi anche senza la possibilità per l'ente di contare stabilmente sulle sue prestazioni. Di fronte a tale posizione dei lavoratori, per cui lo stesso giudice a quo ha ritenuto di dover escludere nel rapporto il carattere della subordinazione, é chiaro che nessuna rilevanza può attribuirsi al fatto che l'attività saltuaria e discontinua Venga prestata presso un solo soggetto, e nei locali da questo predisposti. La natura del rapporto, data l'effettiva autonomia dei lavoratori, non richiede ovviamente alcuna particolare tutela quanto all'esercizio dell'attività sindacale che essi ben possono svolgere liberamente, senza che occorrano speciali forme di garanzia per la sua esplicazione nell'interno dei luoghi di lavoro, o nell'ambito di una organizzazione aziendale alla quale sono estranei, non essendo legati da alcun vincolo di dipendenza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 14, 20, 27 e 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), sollevata dal pretore di Genova con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 1, 3 e 39, primo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 dicembre 1975.
Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 17 dicembre 1975.