SENTENZA N. 234
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
Prof. Antonino DE STEFANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 314/4, 314/8, 314/11 e 314/26 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 7 giugno 1973 dalla Corte d'appello di Palermo nel procedimento civile vertente tra Purpi Vincenzo ed altra e Bruno Biagio ed altri, iscritta al n. 24 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 6 marzo 1974.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 ottobre 1975 il Giudice relatore Luigi Oggioni;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel giudizio in grado di appello concernente i decreti dichiarativi dello stato di adottabilità dei minori Purpi Maurizio, Antonio, Leonardo, Roberto ed Enzo, decreti impugnati dai genitori dei minori stessi, la Corte di appello di Palermo, con ordinanza 7 giugno 1973, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale degli artt. 314/4, 314/8, 314/11 e 314/26, introdotti nel codice civile con la legge 5 giugno 1967, n. 431, per presunto contrasto con gli artt. 3, 29, 30 e 31 Cost., in quanto consentirebbero l'adozione speciale dei figli legittimi, nonostante l'opposizione dei genitori, con l'effetto, anche in questo caso, di far cessare ogni rapporto fra l'adottato e la famiglia di origine.
La Corte di appello ha sollevato dette questioni, dopo avere dato atto che, secondo l'interpretazione delle norme impugnate, adottata dal giudice di primo grado, l'adozione speciale andrebbe concessa in vista dell'esclusivo interesse del minore, anche se le cause dell'abbandono materiale e morale risalgono a motivi non imputabili ai genitori, come ristrettezze economiche, ragioni di lavoro, temporanei sbandamenti psicologici, condizioni precarie di salute (nel corso dell'ordinanza, la Corte d'appello espone, tuttavia, che, nel caso in esame, la madre dei minori "si é allontanata dalla famiglia" mentre il padre é in precarie condizioni di salute, notevolmente aggravate). La concessione dell'adozione speciale in dette circostanze, afferma però il giudice a quo, contrasterebbe, anzitutto, con il principio sancito dall'art. 29 Cost., secondo cui la Repubblica riconosce la famiglia come "società naturale". Tale riconoscimento investirebbe la famiglia come nucleo sociale primordiale i cui diritti inalienabili ed imprescrittibili lo Stato non potrebbe annullare, come invece avverrebbe per effetto delle norme impugnate.
Anche l'art. 30 Cost. apparirebbe violato, poiché il diritto dovere di mantenere, educare ed istruire i figli ivi garantito ai genitori, salvo i casi di incapacità nei quali la legge deve "provvedere a che siano assolti i loro compiti", escluderebbe comunque la facoltà del legislatore ordinario di troncare definitivamente i rapporti tra famiglia naturale e figli minori, ammettendo solo la possibilità di emettere provvedimenti sussidiari affinché siano adempiute le funzioni dei genitori i quali, peraltro, non potrebbero in nessun caso cessare di essere considerati tali.
La definitiva cessazione del rapporto familiare naturale, inoltre, contrasterebbe con l'art. 31 Cost. che fisserebbe il compito dello Stato di agevolare con misure economiche e di previdenza la formazione della famiglia, e quindi postulerebbe interventi di sussidio e di aiuto all'opera della famiglia, mentre l'adozione speciale, facendo cessare definitivamente il rapporto familiare, negherebbe la sostanza stessa dell'agevolazione che il legislatore potrebbe invece perseguire, creando istituti in cui i minori vengano accolti, quando appunto i familiari non siano in grado di provvedervi.
Poiché, infine, in base all'applicazione concreta delle norme impugnate, sarebbe da rilevare che l'adozione speciale colpisce solo le classi povere, accentuando la disuguaglianza tra genitori di classi diverse per motivi economici, la Corte di appello prospetta altresì la violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3.
Si é costituito in questa sede il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha ritualmente depositato le proprie deduzioni.
L'Avvocatura obbietta che, pur dovendosi ammettere che la famiglia é una società naturale e come tale certamente antecedente ad ogni legge positiva, la norma costituzionale non potrebbe impedire al legislatore ordinario di dettare le regole opportune nel caso in cui tale società si dissolva, per alleviare le conseguenze che ne derivano. Pertanto, il contrasto con l'art. 29 Cost. potrebbe solo sussistere nell'ipotesi in cui la legge ordinaria consentisse l'adozione speciale anche quando non risultasse avvenuta l'effettiva dissoluzione della società naturale familiare che la Costituzione tutela. Ma poiché, prosegue l'Avvocatura, secondo la legge in esame, ai fini della adozione speciale, occorre non soltanto che il minore versi obbiettivamente in stato di abbandono materiale e morale, ma anche che tale situazione non dipenda da "forza maggiore", deve concludersi che la tutela della famiglia di origine voluta dalla Costituzione é sufficientemente garantita. Il legislatore ordinario, invero, non ha autorizzato la recisione di rapporti ancora vigenti ma ha regolato soltanto le conseguenze del loro venir meno per l'intervenuto dissolvimento della società naturale familiare, almeno per quanto riguarda l'essenziale aspetto dei rapporti fra genitori e figli.
Le descritte condizioni per l'adozione speciale escludono poi, secondo l'Avvocatura, anche la violazione dell'art. 30 Cost., poiché la decadenza del diritto-dovere di mantenere, educare ed istruire i figli, ivi sancito, consegue alla violazione di tale obbligo, e costituisce, appunto, un mezzo per ovviare a tale carenza, sicché in definitiva, il legislatore, con l'inserimento del minore in una nuova famiglia, persegue proprio i fini indicati nella norma costituzionale che si pretende violata.
Fuori luogo sarebbe poi l'invocare l'art. 31 Cost., il quale si limita ad impegnare il legislatore ad una politica di favore verso la famiglia, che non può certo impedire la predisposizione di strumenti come l'adozione speciale, che hanno di mira l'eliminazione degli inconvenienti derivanti appunto dal fallimento della famiglia.
Anche fuori luogo sarebbe, infine, il riferimento all'art. 3 Cost. poiché la legge impugnata non opererebbe nessuna discriminazione fra i cittadini, prevedendo l'adozione speciale nei confronti di tutti, alle stesse condizioni, e comunque tenderebbe, restituendo una famiglia ai minori che l'hanno perduta, ad assicurare loro l'eguaglianza con i loro coetanei.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Palermo, sezione per minorenni, assume che siano in contrasto con gli artt. 3, 29, 30 e 31 della Costituzione, gli artt. 314/4, 314/8, 314/11 e 314/26 del codice civile nei limiti in cui "consentono che sia dichiarata l'adozione speciale dei figli legittimi, non ostante l'opposizione dei genitori, con l'effetto della cessazione di ogni rapporto tra l'adottato e la famiglia di origine, salvi soltanto i divieti matrimoniali e le norme penali fondate sui rapporti di parentela".
2. - I dubbi sulla legittimità costituzionale delle indicate norme sono stati prospettati in un giudizio, in grado di appello, in cui il giudice si sarebbe dovuto pronunciare soltanto in ordine alla dichiarazione dello stato di adottabilità nei confronti di minori, i cui genitori legittimi, conosciuti ed esistenti, avevano manifestato la loro opposizione.
Deve, perciò, escludersi che possa avere carattere pregiudiziale una decisione che riguardi l'art. 314/26 nella parte in cui prevede che "con l'adozione speciale cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia di origine, salvi i divieti matrimoniali e le norme penali fondate sul rapporto di parentela": che riguardi, cioé, gli effetti dell'adozione una volta superata la fase preliminare dell'adottabilità.
Appare, correlativamente, non rilevante la questione di legittimità costituzionale relativa a codesto articolo.
3. - Le norme, di cui agli artt. 314/4, 314/8 e 314/11, le quali consentono che sia dato corso alla adozione speciale dei figli legittimi, nonostante l'opposizione dei genitori, non risultano, ad avviso della Corte, in contrasto con le disposizioni costituzionali di raffronto.
Va, invero, precisato che l'asserita violazione degli artt. 29, 30 e 31 della Costituzione é dal giudice a quo riportata alla situazione effettuale che consegue alla pronuncia dell'adozione speciale, ed é quindi sostanzialmente prospettata soltanto in relazione all'art. 314/26.
4. - Rimane, di conseguenza, da valutare se le rimanenti norme denunciate violino l'art. 3 della Costituzione.
Pur dovendosi riconoscere che la situazione di abbandono materiale e morale di minori di anni otto, più facilmente si verifica nell'ambito delle famiglie meno abbienti, non si può tuttavia non tener presente che detta situazione, nella previsione normativa e nella sua pratica verificazione, non é necessariamente collegata alla condizione economica familiare e può non sussistere anche se i genitori non siano in grado di mantenere i figli (arg. ex art. 314/4, comma secondo).
Non si presta, perciò, ad essere condivisa dalla Corte l'affermazione, contenuta nell'ordinanza di rimessione, secondo cui "la legge colpisce unicamente le classi povere, accentuando rispetto ai genitori, le diseguaglianze determinate da situazioni di ordine economico, anziché contribuire a rimuoverle".
Sul punto, v'é da riaffermare i principi già espressi nelle sentenze n. 145 del 1969, n. 158 del 1971 e n. 76 del 1974 e, specificamente, da mettere in rilievo che l'istituto dell'adozione speciale, in funzione della tutela dell'interesse del minore che si trovi in situazione di abbandono materiale e morale, appare conforme al disposto del secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, in quanto favorisce lo sviluppo della persona umana, con l'inserimento del minore in una famiglia che ne possa avere adeguata cura.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 314/26 del codice civile, sollevata con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento agli artt. 3,29,30 e 31 della Costituzione;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 314/4, 314/8 e 314/11 del codice civile, sollevata con la stessa ordinanza ed in riferimento ai medesimi articoli della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 30 ottobre 1975.