SENTENZA N. 226
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 313 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 17 dicembre 1972 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Vietti Bruno ed altro e il Comune di Torino ed altro, iscritta al n. 136 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 163 del 27 giugno 1973.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 18 giugno 1975 il Giudice relatore Michele Rossano;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento civile promosso da Vietti Bruno e Calvino Luigina nei confronti del Comune di Torino, con citazione 26 giugno 1972, il pretore di Torino ha sollevato, di ufficio, con ordinanza 17 dicembre 1972, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 313, secondo comma, del codice di procedura civile in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
L'ordinanza é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 163 del 27 giugno 1973.
Nel giudizio davanti a questa Corte non si sono costituite le parti.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale, con atto del 15 marzo 1973, ha chiesto che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata irrilevante ovvero infondata.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza di rimessione il pretore di Torino ritiene che sia in contrasto con il diritto alla difesa, garantito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, l'art. 313, comma secondo, del codice di procedura civile, secondo cui tra il giorno della notificazione e quello della comparizione debbono intercorrere almeno tre giorni se la notificazione avviene nella circoscrizione del giudice adito.
Il termine, secondo il pretore, sarebbe "incongruo, inadeguato e irrazionale", in quanto, nonostante che gli artt. 183 e 184 cod. proc. civ., modificati dalla legge 14 luglio 1950, n. 581, abbiano attenuato il principio delle preclusioni esistenti nel testo originario, tuttavia permarrebbe la impossibilità materiale di predisporre, entro il termine di comparizione, un'appropriata difesa, munirsi di un difensore, proporre nella comparsa di risposta una domanda riconvenzionale, chiedere la chiamata in causa di terzi. La prassi formatasi di consentire un termine per costituirsi a mezzo di un difensore sarebbe "irregolare se non illegittima".
Il difensore dell'Amministrazione ha eccepito la irrilevanza della questione o, comunque, la infondatezza di essa.
2. - La questione é irrilevante.
Il Comune di Torino si costituì nel giorno fissato per la comparizione nella citazione notificatagli a norma dell'art. 313, secondo comma, cod. proc. civ., nel rispetto del termine di tre giorni liberi. E in udienza propose oralmente, a verbale - come, secondo la costante giurisprudenza, gli ha consentito dalla legge - la domanda di chiamata in causa del garante, a norma dell'art. 106 cod. proc. civ., chiedendo al pretore la concessione del termine per provvedere a tale adempimento.
Il pretore, all'udienza del 10 luglio 1972, rinviò "la causa per la chiamata del terzo all'udienza del 20 novembre 1972".
Pertanto, l'asserita brevità del termine previsto dall'articolo 313, secondo comma, cod. proc. civ., che ha riferimento alla citazione per comparire davanti al pretore, non ha avuto alcuna influenza sulla chiamata in causa del terzo, né potrebbe incidere sulle ulteriori difese nel corso del procedimento.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 313, secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata dal pretore di Torino con ordinanza 17 dicembre 1972, in riferimento all'articolo 24, secondo comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 17 luglio 1975.