SENTENZA N. 212
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 32, allegato A, del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), promosso con ordinanza emessa l'8 maggio 1973 dalla Corte di appello di Milano nel procedimento civile vertente tra la società Cotonificio Cozzi Giovanni e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 422 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2 del 2 gennaio 1974.
Visti gli atti di costituzione della società Cotonificio Cozzi Giovanni e dell'Amministrazione finanziaria dello Stato, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 1975 il Giudice relatore Angelo De Marco;
uditi l'avv. Enrico Allorio, per la società Cotonificio Cozzi Giovanni, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giovanni Albisini, per l'Amministrazione finanziaria e per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
La Corte d'appello di Milano, nel corso di un giudizio avente per oggetto l'opposizione ad ingiunzioni per il pagamento di tasse di registro dovute in forza dell'art. 32, dell'allegato A, (parte I) al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro) con ordinanza 8 maggio 1973, dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione di detto art. 32, nella parte in cui prevede, per i concordati fallimentari con i quali il debitore si obbliga a pagare una percentuale del passivo, una tassa proporzionale del 2% sull'ammontare della somma dovuta, mentre per l'art 26 dello stesso allegato A i concordati mediante cessione dei beni sono assoggettati soltanto a tassa fissa.
Secondo tale ordinanza, infatti, nel caso di concordato sia preventivo, sia successivo, la posizione del debitore insolvente sarebbe identica tanto nella ipotesi di obbligazione a pagare una aliquota del passivo non inferiore al 40%, quanto nella ipotesi di cessione di beni; di conseguenza il trattamento fiscale più favorevole previsto per questa seconda ipotesi e non anche per la prima, sarebbe privo di razionale giustificazione e, quindi, in contrasto col principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione e violerebbe, altresì, il principio della capacità contributiva, dato che, di fronte allo stato di insolvenza comune ad entrambe le ipotesi, tale capacità non potrebbe desumersi che dal vantaggio, anch'esso comune alle due ipotesi, che deriva dal concordato di poter estinguere determinate obbligazioni mediante adempimento parziale.
Dopo gli adempimenti di legge le questioni, come sopra prospettate, vengono ora alla cognizione della Corte.
É intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che, sia con l'atto d'intervento, sia con la memoria depositata il 22 gennaio 1974, conclude che venga dichiarata la infondatezza delle proposte questioni.
Secondo l'Avvocatura generale dello Stato, infatti, alla diversa forma di tassazione, della quale si contesta la legittimità costituzionale, contrariamente a quanto si rileva nella ordinanza di rinvio, corrisponde una sostanziale differenza di situazioni, in quanto mentre nell'ipotesi di concordato con cessione di beni l'imprenditore é destinato a perdere la titolarità dell'impresa, nell'altra ipotesi, invece, normalmente ne ottiene la conservazione.
Di qui l'insussistenza sia della violazione dell'art. 3 sia di quella dell'art. 53 della Costituzione.
Si é costituita anche la parte privata, il cui patrocinio, riportandosi alla motivazione dell'ordinanza di rinvio, chiede che le proposte questioni vengano dichiarate fondate.
Considerato in diritto
L'art. 32 dell'Allegato A (parte I) al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro) assoggetta alla tassa proporzionale del 2% "le convenzioni o concordati tra i creditori ed il loro debitore stipulati tanto prima che dopo la dichiarazione di fallimento e contenenti obbligazioni di somma".
L'art. 26 dello stesso allegato A, invece, assoggetta soltanto a tassa fissa le "cessioni volontarie di beni fatte dal debitore alla massa dei creditori per la vendita".
Come si é riferito in narrativa, la Corte d'appello di Milano, con l'ordinanza di rinvio, partendo dal presupposto che lo stato d'insolvenza pone il debitore, relativamente alla capacità contributiva, sullo stesso piano, qualunque sia il modo prescelto al fine di pervenire al concordato con la massa dei creditori, ravvisa nella diversa forma di tassazione, di cui sopra, violazione sia dell'art. 53 sia dell'art. 3 della Costituzione, sostenendo che in entrambe le ipotesi dovrebbe adottarsi l'assoggettamento a tassa fissa.
La questione così proposta, peraltro, non può ritenersi fondata, perché il presupposto sul quale vorrebbe poggiare non é esatto.
Anzitutto i negozi giuridici preveduti nei due articoli 32 e 26 sopra riportati sono di natura diversa, dato che il primo implica l'obbligazione al pagamento di una somma determinata, mentre "la cessione volontaria di beni per la vendita" - come ha costantemente affermato la giurisprudenza della Cassazione - conferisce ai creditori soltanto la facoltà della vendita nell'interesse comune, ossia é una cessione pro solvendo e non pro soluto.
Diversità questa tanto più rilevante in quanto nel nostro sistema tributario la tassa di registro é sempre stabilita in riferimento alla natura giuridica degli atti che vi sono assoggettati.
Infatti, l'allegato A al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634 (nuova legge di registro) non contempla più, specificamente, le convenzioni ed i concordati tra i creditori ed il loro debitore stipulati tanto prima che dopo la dichiarazione di fallimento e contenenti obbligazioni di somme né le cessioni volontarie di beni fatte dal debitore alla massa dei creditori per la vendita, ma riconduce tali due ipotesi, rispettivamente con gli artt. 9 e 10, sotto i concetti più generali di "atti aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale" assoggettati alla tassa proporzionale dell'1,50% e "di contratti preliminari di ogni specie" assoggettati alla tassa fissa di lire 2.000.
Né, d'altra parte, può ravvisarsi parità di situazione dal lato sostanziale, in quanto, come ha dedotto l'Avvocatura generale dello Stato, mentre la cessione dei beni quasi sempre porta alla cessazione dell'impresa, l'altra forma di concordato ne permette la continuazione.
Al che si può aggiungere che ben diverse possono essere, caso per caso, le cause e gli aspetti dello stato di insolvenza, cosicché il fatto stesso che un debitore abbia potuto reperire i mezzi ed ottenere le garanzie necessarie a rendere accettabile l'obbligazione di un adempimento, sia pure parziale, sta a dimostrare una capacità contributiva ben diversa da quella di altro debitore che, per ottenere lo stesso scopo, debba cedere ogni suo avere.
Da quanto precede risulta, altresì, che non può neppure ravvisarsi violazione del principio di eguaglianza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 32 dell'allegato A (parte I) al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269 (legge di registro), sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione dalla Corte di appello di Milano con l'ordinanza di cui in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 luglio 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 15 luglio 1975.