Sentenza n. 198 del 1975
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SENTENZA N. 198

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'articolo 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 27 giugno 1973 dal giudice istruttore del tribunale di Velletri nel procedimento penale a carico di Iommi Giorgio ed altra, iscritta al n. 299 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 236 del 12 settembre 1973;

2) ordinanza emessa il 5 luglio 1973 dal pretore di Milano nel procedimento penale a carico di Scalzulli Potito, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 69 del 13 marzo 1974;

3) ordinanza emessa il 28 gennaio 1974 dal pretore di Asti nel procedimento penale a carico di Bava Saverio, iscritta al n. 295 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 250 del 15 settembre 1974;

4) ordinanza emessa il 28 giugno 1974 dal tribunale di Civitavecchia nel procedimento civile vertente tra Pacchiarotti Natalino e Ramucci Natale, iscritta al n. 347 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 284 del 30 ottobre 1974;

5) ordinanza emessa il 29 ottobre 1974 dal giudice istruttore del tribunale di Napoli nel procedimento penale a carico di Del Vecchio Umberto ed altro, iscritta al n. 519 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28 del 29 gennaio 1975.

Visti gli atti d'intervento del Presidenté del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 21 maggio 1975 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza del 27 giugno 1973 il giudice istruttore del tribunale di Velletri ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, in riferimento all'art. 27 della Costituzione, nel corso del procedimento penale a carico di Giorgio Iommi e Bianca Frezza.

Osserva il giudice a quo che la norma denunciata, in base alla quale il giudice istruttore, ove ritenga che risultino gravi elementi di responsabilità a carico del conducente, provvede, dopo aver sentito le parti, ad un'assegnazione di una somma con ordinanza immediatamente esecutiva, contrasta col principio consacrato nell'art. 27, per cui l'imputato non é considerato colpevole fino alla condanna definitiva.

2. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. É intervenuto dinanzi alla Corte costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nel chiedere che la Corte dichiari manifestamente infondata la questione di legittimità sollevata, l'Avvocatura osserva che il provvedimento di cui all'art. 24, pur non essendo agevolmente classificabile tra le condanne al pagamento di una provvisionale, é certamente un provvedimento d'urgenza legittimato dal fumus boni iuris (gravi elementi di responsabilità sulla base di un sommario accertamento) e dal periculum in mora (rischio connesso allo stato di insoddisfazione del diritto del danneggiato o dei suoi eredi che versino in stato di bisogno). Sarebbe quindi un provvedimento cautelare che incide o può incidere sul patrimonio dell'imputato, come il sequestro o l'ipoteca, e che avrebbe certamente una importanza assai minore, di altri provvedimenti cautelari, quali quelli restrittivi della libertà personale, i quali, ricorrendone le condizioni ed entro determinati limiti previsti dall'ordinamento, sono adottati parimenti sulla base di un accertamento sommario

 

Secondo l'Avvocatura, se si sostiene che l'art. 24 della legge in esame viola la cosiddetta presunzione di non colpevolezza, a fortiori dovrebbe sostenersi che tale presunzione é violata da tutte le norme del codice di procedura penale che consentono (o addirittura impongono) la custodia preventiva, il che é da escludersi in modo assoluto.

In realtà, il provvedimento di cui si tratta non costituirebbe una condanna anticipata dell'imputato, essendo invece solo una misura cautelare e, per di più, di natura civilistica, imposta da imperiose esigenze sociali.

3. - Ordinanza di analogo tenore é stata emessa dal pretore di Milano il 5 luglio 1973 nel procedimento penale a carico di Scalzulli Potito. Pure in questo giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri che ha chiesto dichiarazione di manifesta infondatezza della questione, in base alle argomentazioni già riferite.

4. - Anche il pretore di Asti ha sollevato questione di legittimità dell'art. 24 della legge n. 990 (ordinanza 28 gennaio 1974, imputato Bava), in relazione - questa volta - all'art. 24 della Costituzione.

Ritenuta la manifesta infondatezza dell'analoga questione in relazione all'art. 27 della Costituzione, poiché il provvedimento previsto dalla norma denunciata non é di natura penale ma ha carattere squisitamente cautelare civile, il giudice a quo osserva come nel procedimento previsto dall'art. 24 venga violato il diritto di difesa dalla circostanza che il giudice nei procedimenti penali si basa su fatti che, dato il sistema istruttorio in vigore, devono rimanere segreti. La violazione dell'art. 24 Cost. apparirebbe tanto più grave considerando che avverso l'ordinanza, emanata ai sensi della norma denunciata, non é dato esperire alcuno specifico mezzo d'impugnazione.

5. - L'ordinanza é stata ritualmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata infondata.

Nelle sue deduzioni l'Avvocatura osserva che, se si tiene presente che il diritto di difesa previsto dal secondo comma dell'art. 24 della Costituzione rende concreta la protezione giurisdizionale e deve essere inteso come potestà effettiva di assistenza tecnica nello svolgimento di ogni processo, apparirebbe astrattamente inipotizzabile la lesione dell'area costituzionalmente protetta dall'art. 24 della Costituzione ad opera della norma denunciata, una volta che la difesa é assicurata all'imputato anche nella fase del giudizio in cui il giudice é chiamato ad emettere quel provvedimento d'urgenza e cautelare. Inoltre é da rilevarsi come tale lesione, nella specie ed in concreto, non si é affatto verificata, essendosi l'imputato difeso e difeso proprio in relazione all'istanza della parte lesa di ottenere quel provvedimento.

Né dovrebbe accogliersi la prospettazione posta a preteso sostegno della non mancata infondatezza della questione sollevata, e cioé che il diritto di difesa sarebbe violato sia in quanto l'imputato non conoscerebbe "i fatti" coperti dal segreto istruttorio, sia in quanto avverso l'ordinanza prevista dalla norma denunciata "non é concesso di esperire alcun specifico mezzo di impugnazione", una volta che i "fatti" risultano dall'imputazione e che il problema del regime delle impugnazioni di un certo provvedimento - che, peraltro, é revocabile con la decisione di merito - non atterrebbe al diritto di difesa di cui all'art. 24 della Costituzione.

6. - Nel corso del procedimento promosso da Natalina Pacchiarotti contro Natale Ramucci, il tribunale di Civitavecchia, con ordinanza emessa il 28 giugno 1974, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Il tribunale premette di essere stato adito in pendenza di un procedimento penale in fase d'istruttoria sommaria condotta dal p.m. con ricorso promosso dalla Pacchiarotti per ottenere il provvedimento di cui alla norma denunciata. Sempre secondo il tribunale tale ricorso dovrebbe essere dichiarato inammissibile poiché l'art. 24 della legge n. 990 abilita a richiedere la liquidazione provvisoria di una somma al giudice istruttore civile e penale, al tribunale nel corso del giudizio di primo grado o al pretore, con esclusione dunque del pubblico ministero. In ogni caso sarebbe da non ammettersi la competenza del tribunale in pendenza di un'istruttoria sommaria.

Ciò concreterebbe da un lato una disparità di trattamento tra soggetti che si trovano in situazioni identiche, e violazione del diritto costituzionale di difesa nei confronti del danneggiato bisognoso, derivante dall'irrazionale e ingiustificato trattamento discriminatorio.

7. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato che ha chiesto dichiarazione di irrilevanza o, in subordine, di infondatezza, della questione proposta.

Osserva infatti l'Avvocatura che, secondo il medesimo articolo 24 denunziato dal tribunale di Civitavecchia, il ricorso poteva essere proposto dal danneggiato, ove questo avesse iniziato un procedimento civile che sarebbe rimasto sospeso, ai sensi dell'art. 3 del codice di procedura penale.

In tale ipotesi, invero, la norma denunciata dispone che l'istanza possa essere proposta al Presidente del tribunale o al pretore dinanzi al quale la causa stessa é pendente.

Pertanto l'inammissibilità del ricorso della Pacchiarotti discenderebbe da motivi diversi da quelli enunciati nell'ordinanza di rinvio, con conseguente irrilevanza della questione proposta, che in ogni caso risulterebbe infondata.

8. - Il giudice istruttore del tribunale di Napoli, con ordinanza emessa il 29 ottobre 1974 nel corso del procedimento penale a carico di Umberto Del Vecchio, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, in relazione all'art. 2 della stessa legge, nelle parti in cui non si estende ai natanti di stazza lorda superiore alle 25 tonnellate, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.

Il pretore osserva che, pur ammesso che legittimamente il legislatore abbia usato della propria discrezionalità nell'escludere dall'obbligo assicurativo quei natanti le dimensioni dei quali presuppongono una sufficiente garanzia patrimoniale per la responsabilità civile, non sembra invece che possa ritenersi costituzionalmente legittima la conseguente tutela discriminatoria offerta a chi abbia bisogno di un immediato soccorso assistenziale, non essendovi differenze, rispetto allo stato di bisogno determinato dal sinistro, "tra la situazione di un bagnante storpiato dall'elica di un gozzo e quella di un barcaiolo speronato e ferito da un transatlantico".

9. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.

É intervenuto dinanzi alla Corte costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere che la questione venga dichiarata infondata.

L'Avvocatura osserva che la disciplina relativa alle assicurazioni nel settore marittimo trova la sua fonte in norme interne ed internazionali, e che l'assimilazione dei natanti inferiori alle 25 tonnellate di stazza agli altri veicoli per i quali v'é obbligo assicurativo é stata fatta in relazione ad un settore ben delimitato della navigazione marittima, sia in relazione alle analogie che presenta tale settore con quello automobilistico (uso di diporto) sia per i frequenti e gravi incidenti che si erano verificati durante la stagione balneare per opera di imbarcazioni con motore di diporto.

La sostanziale differenza fra questi ultimi natanti e i primi, soggetti ad altre normazioni, renderebbe del tutto razionale e giustificata la mancata estensione dell'art. 24 della legge n. 990, anche in considerazione della relativa non frequenza di incidenti e sinistri provocati da navi di grande stazza.

Considerato in diritto

1. - I cinque giudizi di cui alle ordinanze in epigrafe vanno riuniti e decisi con un'unica sentenza stante che sollevano identiche o analoghe questioni di legittimità costituzionale in ordine alla medesima disposizione di legge.

2. - Le questioni di legittimità costituzionale sottoposte alla Corte dai giudici a quo possono distinguersi come segue:

a) se contrasti con l'art. 27 della Costituzione il disposto dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, il quale prevede che nel corso di un giudizio civile o penale di primo grado il giudice istruttore o il tribunale o il pretore o, nel caso che il giudizio civile sia sospeso ai sensi dell'art. 3 del codice di procedura penale, il presidente del tribunale o il pretore, possa, su domanda degli interessati, con ordinanza immediatamente esecutiva assegnare agli aventi diritto al risarcimento, i quali, a causa del sinistro, vengano a trovarsi in stato di bisogno, una somma nei limiti dei quattro quinti della presumibile entità del risarcimento che sarà liquidato nella sentenza, somma da imputarsi nella liquidazione definitiva del danno (giudice istruttore del tribunale di Velletri, pretore di Milano).

b) Se la medesima norma contrasti con l'art. 24 della Costituzione in quanto il provvedimento del giudice si basa su fatti coperti dal segreto istruttorio e in quanto nei confronti di detto provvedimento, all'interessato non é dato esperire alcun specifico mezzo di impugnazione (pretore di Asti).

c) Se la medesima norma contrasti con gli artt. 3 e 24 della Costituzione in quanto non prevede che, nel corso di istruttoria penale con rito sommario avanti il pubblico ministero, possa essere assegnata, su richiesta degli interessati, una somma agli aventi diritto al risarcimento che, a causa del sinistro, versino in stato di bisogno (tribunale di Civitavecchia).

d) Se la medesima norma, in relazione con l'art. 2 della stessa legge, contrasti con l'art. 3 della Costituzione in quanto non estende la disposizione in essa contenuta anche ai casi di sinistri provocati da natanti di stazza superiore alle 25 tonnellate, creando in tal modo disparità di trattamento fra gli aventi diritto al risarcimento che versino in stato di bisogno (tribunale di Napoli).

3. - Non fondata risulta la questione di legittimità costituzionale di cui alle ordinanze del giudice istruttore di Velletri e del pretore di Milano.

Come é confermato anche dalla relazione che accompagna la legge n. 990 del 1969, dalla giurisprudenza e dalla dottrina, la disposizione contenuta nell'art. 24 risponde alla esigenza fortemente sentita nella coscienza sociale di non far gravare sul danneggiato, che, in conseguenza del sinistro, versi in stato di bisogno, i pregiudizi della durata del giudizio quando già anche da un sommario accertamento risultino gravi indizi a carico del conducente del veicolo o del natante che ha causato l'evento.

La norma, dato il carattere provvisorio del provvedimento di natura civilistica che incide o può incidere nelle more del giudizio sul patrimonio dell'imputato, che é rigorosamente condizionato a determinati presupposti quali l'esistenza di gravi elementi di responsabilità a carico del conducente e lo stato di bisogno, a causa del sinistro, del danneggiato, provvedimento espressamente limitato nel suo ammontare rispetto alla presumibile entità del risarcimento e che può essere revocato nell'ulteriore fase processuale, non confligge con il principio sancito dall'art. 27, comma secondo, della Costituzione, in quanto non implica alcuna presunzione di colpevolezza del conducente né preclude in alcun modo o limita il completo accertamento dei fatti ed ogni e qualunque indagine in merito alla responsabilità dell'imputato.

Come giustamente rileva l'Avvocatura dello Stato, l'assunto del giudice a quo che vede la violazione del principio di non colpevolezza nell'attribuzione al magistrato della potestà di emettere un provvedimento interinale e provvisorio basandosi su elementi istruttori, porterebbe a ritenere costituzionalmente illegittimo ogni altro provvedimento consentito od imposto dal codice di procedura penale durante l'istruttoria, quali ad esempio la custodia preventiva o l'applicazione preventiva di pene accessorie.

4. - Non fondata é anche la questione di legittimità costituzionale della medesima norma in riferimento all'art. 24 della Costituzione in quanto la disposizione in esame non limita il diritto della difesa che, sia in questa fase preliminare, sia in quella successiva di giudizio definitivo, può liberamente svolgersi ed é pienamente tutelato.

Il denunziato art. 24 della legge n. 990 del 1969 non solo non compromette le garanzie connesse al processo, quali il contraddittorio, l'assistenza tecnica ed altre, ma fa espresso obbligo al giudice di sentire le parti e di disporre sommari accertamenti prima di decidere sulla domanda degli interessati avente come oggetto l'emanazione del provvedimento interinale, il quale ha una funzione strumentale e, non essendo emesso a conclusione di una trattazione di merito, non può esercitare alcuna autorità di giudicato, né dar luogo ad alcuna preclusione riguardo all'an debeatur e al quantum nel giudizio relativo al risarcimento, e all'accertamento della liceità o meno del comportamento dell'imputato e alla sua responsabilità nell'evento dannoso.

Né il diritto di difesa può ritenersi leso in quanto il provvedimento si basa su fatti e accertamenti che possono essere coperti dal segreto istruttorio. A parte che il conducente, come protagonista del sinistro, é normalmente in grado di avere la nozione dell'esatto svolgimento dei fatti, la difesa può essere ampiamente svolta potendo anche richiedersi la revoca del provvedimento successivamente alla chiusura dell'istruttoria e al deposito degli atti, in base a nuovi elementi acquisiti e portati alla conoscenza delle parti.

5. - Nemmeno risulta violato il principio di uguaglianza per il fatto che il denunziato art. 24 della legge n. 990 del 1969, in relazione all'art. 2, esclude dalla sua normativa i natanti di stazza superiore alle 25 tonnellate.

I natanti di tale tonnellaggio rispetto a quelli minori, presentano caratteristiche tecniche del tutto diverse, anche per quanto concerne i loro sistemi di comando, salvataggio, avvistamento, sicurezza, sono sottoposti a norme assicurative del tutto diverse, imposte e regolate da convenzioni internazionali, sono esposti assai meno degli altri a sinistri derivanti dall'investimento di singole persone, nonché offrono ai sinistrati garanzie assai maggiori di risarcimento e assistenza.

Il diverso trattamento della legge impugnata nei confronti dei danneggiati da sinistri causati dagli uni e dagli altri natanti non solo é razionalmente giustificato in base a differenti situazioni obbiettive e giuridiche, ma necessariamente s'impone anche in relazione al diverso regime assicurativo.

6. - Più complessa si presenta la questione sollevata dal tribunale di Civitavecchia di violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione in quanto l'articolo impugnato porrebbe in essere una normativa inadeguata escludendo che gli aventi diritto al risarcimento, i quali a causa del sinistro vengano a trovarsi in stato di bisogno, possano azionare la pretesa di richiedere la liquidazione di una provvisionale durante il corso di un procedimento di istruttoria penale sommaria avanti il pubblico ministero.

Infatti, argomenta il giudice a quo, il danneggiato in questo caso non può formulare la richiesta al p.m. il quale é sprovvisto di poteri decisori, né al giudice istruttore perché con la normativa vigente questi non é investito del processo e d'altro canto la legge riconosce al solo imputato la facoltà di richiedere, nelle forme e nei casi espressamente previsti, il passaggio all'istruttoria formale quando il procedimento é istruito con il rito sommario. Questa denunziata inadeguatezza dell'art. 24 della legge 990, la quale contrasta con gli scopi che la norma in esame si propone di realizzare, darebbero luogo ad una disparità di trattamento fra i danneggiati che a causa del sinistro versino in stato di bisogno nel caso di procedimento penale sommario rispetto ad altri procedimenti.

La questione é fondata.

Non può accogliersi l'eccezione dell'Avvocatura dello Stato di irrilevanza della questione, in quanto il danneggiato potrebbe ottenere il provvedimento previsto nel citato art. 24 della legge 990 del 1969 esperendo l'azione civile per il risarcimento del danno e rivolgendosi, a seguito della sospensione del processo ai sensi dell'art. 3 del codice di procedura penale, al Presidente del tribunale o al pretore.

A parte che la possibilità offerta al danneggiato di seguire una diversa procedura non modifica la questione di legittimità costituzionale sottoposta alla Corte dal giudice a quo e relativa alla concessione del provvedimento nella fase di istruttoria sommaria al danneggiato che non abbia esperito l'azione civile, va rilevato che la procedura prospettata dall'Avvocatura dello Stato comporterebbe un aggravio processuale per i danneggiati, lesivo del diritto di difesa, per le difficoltà che essi potrebbero incontrare nel costituirsi parti civili nel processo penale pendente, una volta esperita l'azione civile rimasta sospesa ex articolo 3 c.p.p., o, viceversa, perché perderebbero definitivamente la possibilità di essere parti del procedimento penale, una volta revocata la costituzione di parte civile, onde esperire l'azione civile dinanzi al giudice civile.

La Corte ritiene che, pur essendo plausibile e razionale l'esclusione del p.m. in quanto sfornito di poteri decisori dagli organi legittimati alla concessione del provvedimento, la norma si rivela costituzionalmente illegittima laddove non prevede che nessun altro organo possa adottare il medesimo provvedimento nel corso dell'istruttoria sommaria. Questi va individuato nel giudice istruttore cui l'ordinamento conferisce in via generale poteri decisori per taluni provvedimenti in pendenza di istruttoria sommaria, in guisa da garantire anche in questo procedimento come negli altri, la tutela degli interessi e dei diritti delle parti.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

1) l'illegittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990 (Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), nella parte in cui, in sede di istruttoria sommaria condotta dal pubblico ministero, non prevede che il giudice istruttore penale provveda in ordine all'assegnazione di somma nelle forme, nei limiti e coi presupposti di cui al medesimo art. 24;

2) non fondate le altre questioni di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 24 dicembre 1969, n. 990, sollevate dalle ordinanze in epigrafe del giudice istruttore del tribunale di Velletri, dei pretori di Milano e di Asti e del giudice istruttore del tribunale di Napoli in riferimento agli artt. 27, 24 e 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1975.