SENTENZA N. 152
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 35, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 27 dicembre 1972 dal pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Tavilla Antonio e la società Fonti di Baceno, iscritta al n. 244 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 198 del 1 agosto 1973;
2) ordinanza emessa il 26 giugno 1973 dal pretore di Portoferraio nel procedimento civile vertente tra Bicecci Roberto e la società cooperativa Consorzio agrario provinciale di Livorno, iscritta al n. 293 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.223 del 29 agosto 1973;
3) ordinanza emessa il 15 giugno 1973 dal pretore di Treviglio nel procedimento civile vertente tra Carminati Giuseppina e la società Crouse Hinds of Europe, iscritta al n. 449 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48 del 20 febbraio 1974.
Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione di Bicecci Roberto;
udito nell'udienza pubblica del 23 aprile 1975 il Giudice relatore Nicola Reale;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ordinanza emessa il 27 dicembre 1972 il pretore di Torino ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35, comma primo, della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell'art. 35, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) nella parte in cui disciplina l'applicabilità alle imprese agricole, commerciali ed industriali dell'art. 18 concernente la reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente il cui licenziamento sia stato annullato, dichiarato nullo o inefficace.
É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri deducendo, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, l'infondatezza delle proposte questioni di legittimità costituzionale.
2. - La legittimità costituzionale del predetto art. 35 é stata posta in dubbio in termini sostanzialmente identici, sia pure con riferimento soltanto all'art. 3 Cost., dal pretore di Treviglio e dal pretore di Portoferraio con ordinanze del 15 e del 26 giugno 1973.
Nel secondo giudizio vi é stata costituzione di una delle parti in causa che ha concluso per l'accoglimento dell'eccezione.
Considerato in diritto
1. - Le tre ordinanze indicate in epigrafe sollevano questioni analoghe; si ravvisa pertanto opportuna la riunione dei giudizi onde dar luogo a decisione con unica sentenza.
2. - L'art. 35 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) statuisce nel primo comma che le disposizioni dell'art. 18 di quella stessa legge, le quali prevedono la reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente il cui licenziamento sia stato annullato, dichiarato nullo o inefficace ai sensi degli artt. 2 e seguenti della legge 15 luglio 1966, n. 604, si applicano a ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo di imprese industriali e commerciali che occupi più di quindici dipendenti e, per quanto attiene alle imprese agricole, a quelle che, nel loro complesso, occupino più di cinque dipendenti. Le norme in questione si applicano, inoltre, giusta quanto disposto dal secondo comma del predetto articolo, anche alle imprese industriali o commerciali che nello stesso comune occupino più di quindici dipendenti e a quelle agricole che, nel medesimo ambito territoriale abbiano più di cinque dipendenti, pur quando ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunga tale limite.
La Corte é chiamata a decidere se tale disciplina contrasti con il principio di uguaglianza ed, in particolare, con gli artt. 3, 4 e 35, comma primo, della Costituzione e quindi ad accertare se il criterio numerico adottato sia tale da determinare un'irragionevole disparità di trattamento nella tutela del diritto alla conservazione del posto di lavoro:
a) tra i dipendenti di imprese commerciali ed industriali e quelli di imprese agricole in considerazione del fatto che, per queste ultime, il limite numerico risulta fissato in cinque anziché in quindici unità;
b) tra i dipendenti di imprese commerciali o industriali, a seconda che essi risultino addetti a sedi, stabilimenti, uffici o reparti autonomi che occupino o meno, singolarmente o nell'ambito territoriale di uno stesso comune, più di quindici dipendenti.
3. - Le questioni non sono fondate.
La ragione del diverso limite numerico adottato per le imprese agricole rispetto a quelle industriali va infatti ricercata, come riconosciuto anche nei lavori preparatori della legge, nelle sensibili differenze, organizzative e strutturali, che nella realtà economica e sociale del nostro Paese separano le une dalle altre.
Per quanto concerne la seconda questione, cui sopra si é fatto cenno, va considerato che questa Corte, nel dichiarare non fondate, in riferimento all'art. 3 Cost., analoghe questioni di legittimità costituzionale concernenti la normativa in esame, ha già affermato che essa trova il suo fondamento, oltre che nel criterio della fiduciarietà del rapporto di lavoro e nell'opportunità di non gravare di oneri eccessivi le imprese di modeste dimensioni, anche e soprattutto nell'esigenza di salvaguardare le funzionalità delle unità produttive (intese quali articolazioni di una più complessa organizzazione imprenditoriale, fornite di autonomia così dal punto di vista economico-strutturale come da quello funzionale o del risultato produttivo) ed in ispecie, di quelle con un minor numero di dipendenti, nelle quali la reintegrazione nel medesimo ambiente del dipendente licenziato potrebbe determinare il verificarsi di situazioni di tensione nelle quotidiane relazioni umane e di lavoro (sent. n. 55 del 1974).
Tali considerazioni restano pienamente valide e fanno ritenere infondate, anche in riferimento agli artt. 4 e 35, comma primo, della Costituzione, le questioni sollevate con le ordinanze in epigrafe, le quali del resto sono tutte di data anteriore alla sentenza sopra ricordata e non contengono argomenti che possano indurre questa Corte a mutare la propria giurisprudenza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate in riferimento agli artt. 3, 4 e 35, primo comma, della Costituzione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 35, primo e secondo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori) sollevate dal pretore di Torino, dal pretore di Treviglio e dal pretore di Portoferraio con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 19 giugno 1975.