SENTENZA N. 105
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 120, secondo comma, della legge 25 settembre 1940, n. 1424 (legge doganale), promosso con ordinanza emessa il 21 luglio 1972 dal tribunale di Crotone nel procedimento penale a carico di Campanella Giacomo, iscritta al n. 307 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 279 del 25 ottobre 1972.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 19 febbraio 1975 il Giudice relatore Nicola Reale;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - A seguito di rapporto n. 363/1969 in data 4 settembre 1969 dell'Intendente di finanza di Catanzaro, il dr. Giacomo Campanella veniva tratto a giudizio innanzi al tribunale di Crotone quale legale rappresentante della Raffineria Shell Italiana s.p.a. per rispondere della violazione dell'art. 120, comma secondo, della legge doganale 25 settembre 1940, numero 1424, per avere introdotto nel deposito costiero della società Marathon Italiana Petroli, esercente in Crotone sotto il controllo finanziario della dogana, un quantitativo di benzina soggetto a imposta di fabbricazione che alla misurazione era risultato inferiore di quasi l'8% rispetto alla quantità indicata, alla partenza, nella bolletta di cauzione.
Nel corso del giudizio il tribunale, accogliendo un'eccezione della difesa, ha sollevato, con ordinanza del 21 luglio 1972, in riferimento all'art. 27, comma primo, Cost., questione di legittimità costituzionale del predetto art. 120, comma secondo, della legge doganale, prospettando il dubbio che esso contrasti con il principio della personalità della responsabilità penale sotto il profilo del difetto del rapporto di casualità materiale fra azione ed evento (art. 40 c.p.).
2. - Nel giudizio non vi é stata costituzione di parte ma é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, assistito dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, in quanto la responsabilità penale dello speditore deriverebbe dalla inosservanza dell'obbligo sia di dare disposizioni atte ad evitare differenze quantitative maggiori di quelle tollerate dalla legge, sia di stabilire adeguati controlli per la loro esecuzione.
Considerato in diritto
1. - Il primo comma dell'art. 120 della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 (applicabile, in virtù del richiamo operato dall'art. 13, terzo comma, del r.d. 28 febbraio 1939, n. 334, al trasporto, dalle fabbriche ai depositi indicati nel primo comma dello stesso articolo, di prodotti petroliferi soggetti ad imposta di fabbricazione) dispone testualmente che, qualora le merci spedite con bolletta di cauzione non vengano presentate alla dogana di destinazione, lo speditore é soggetto alla pena dell'ammenda in misura corrente dal decimo all'intero ammontare dei diritti di confine. Il secondo comma aggiunge che se all'arrivo delle merci alla dogana di destinazione si trova una quantità maggiore o minore di quella indicata nella "bolletta di cauzione", lo speditore é soggetto alla pena dell'ammenda non inferiore al decimo e non superiore all'intera differenza dei diritti di confine.
Va premesso che nelle more del giudizio la legge doganale summenzionata é stata abrogata ed il suo titolo IX "dei reati doganali", cui apparteneva l'art. 120, é stato trasfuso nel titolo VII "delle violazioni doganali" del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con d.P.R.23 gennaio 1973, n.43. Peraltro il contenuto dell'art.120 é stato integralmente e senza alcuna modifica sostituito dall'art. 305 del testo unico.
Secondo il giudice a quo la norma impugnata individuerebbe il responsabile penale prescindendo da ogni rapporto di causalità materiale tra condotta ed evento (art. 40 c.p.), e si porrebbe conseguentemente in contrasto con il principio della personalità della responsabilità penale sancito dall'art. 27, primo comma, della Costituzione.
2. - La questione non é fondata.
Per vero, a norma dell'art. 58 della legge doganale n. 1424 del 1940, (ora 141 del t.u.), applicabile come si é detto al caso di specie in virtù del richiamo operato dagli artt. 13 e 14 del r.d. 28 febbraio 1939, n. 334, speditore é colui che tale qualifica riveste nella dichiarazione per spedizione di merce da una dogana all'altra con bolletta di cauzione e per ciò stesso, diventando parte del rapporto di imposta doganale, assume, tra gli altri, l'obbligo di ripresentare alla dogana di destinazione lo stesso quantitativo di merce indicato nella bolletta di cauzione.
L'art. 120 (ora 305 t.u.) si riferisce, pertanto, ad un fatto proprio dello speditore, il quale risponde per non aver compiuto tutto quanto era nelle sue possibilità per curare l'esatto adempimento degli obblighi assunti ed, in particolare, (come esattamente rileva l'Avvocatura) per non aver dato disposizioni idonee ad evitare "differenze di quantità" maggiori di quelle tollerate dalla legge e per aver omesso di stabilire controlli per la puntuale esecuzione di quanto disposto.
Ed é appena il caso di osservare che lo speditore non può ritenersi esonerato da responsabilità per il fatto di essersi rivolto per il trasporto a terze persone, posto che in tal caso sarebbero ugualmente da ascriversi alla sua azione od omissione, ai sensi dell'art. 40 del codice penale, la scelta di tali soggetti e la mancata sorveglianza su di essi nonché sulle persone e sui mezzi materiali impiegati.
3. - Non va d'altro canto omesso che ad integrare la responsabilità penale rispetto ai reati, che, come quello di specie, hanno natura contravvenzionale, non é sufficiente, secondo un indirizzo interpretativo ormai consolidato, la mera volontarietà dell'azione od omissione ma occorre, altresì, che non risulti esclusa almeno la colpa dell'agente (art. 42, ultimo comma, c.p.).
La disciplina delle contravvenzioni doganali contenuta nella citata legge n. 1424 del 1940 (che é successiva al codice penale) non si discosta da tali principi.
Sicché non v'ha dubbio che nel caso considerato dalla norma impugnata lo speditore possa sottrarsi ad ogni responsabilità provando che nel suo operato non sia ravvisabile la pur minima imprudenza o negligenza.
4. - Resta così confermata, anche sotto tale ulteriore profilo, l'infondatezza delle doglianze sollevate dal giudice a quo. Se infatti alla responsabilità dello speditore deve riconoscersi, per quanto si é detto, quanto meno carattere colposo, é per ciò stesso esclusa l'ipotesi di una responsabilità per fatto altrui contrastante con il principio della personalità della responsabilità penale sancito nell'art. 27, comma primo, della Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 120, comma secondo, della legge doganale 25 settembre 1940, n. 1424 (ora art. 305 del testo unico in materia doganale approvato con il d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43), sollevata, in riferimento all'art. 27, comma primo, della Costituzione, dal tribunale di Crotone con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 7 maggio 1975.