SENTENZA N. 62
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dal Consiglio regionale della Campania il 28 luglio 1973 e riapprovata il 13 febbraio 1974, recante "Ricostituzione in comune autonomo della frazione di San Marco Evangelista", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 2 marzo 1974, depositato in cancelleria il 9 successivo ed iscritto al n. 6 del registro ricorsi 1974.
Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione Campania;
udito nell'udienza pubblica del 22 gennaio 1975 i1 Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri, e l'avv. Vincenzo Spagnuolo Vigorita, per la Regione.
Ritenuto in fatto
Con ricorso del 2 marzo 1974 i1 Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, ha proposto questione di legittimità costituzionale della legge regionale, approvata nelle sedute del 28 luglio 1973 e del 13 febbraio 1974 dal Consiglio regionale della Campania, con cui la frazione di San Marco Evangelista dei Comuni di Caserta e di Maddaloni é distaccata dai rispettivi capoluoghi ed é costituita in comune autonomo.
Secondo il ricorrente la legge impugnata sarebbe in contrasto con l'art. 133, comma secondo, della Costituzione e con l'art. 60 dello Statuto regionale approvato con legge 22 maggio 1971, n. 348, perché nel relativo procedimento formativo non sono state "sentite le popolazioni interessate". Tale adempimento é, infatti, previsto dalla disposizione costituzionale di raffronto, e l'art. 60 dello Statuto in conformità ad essa ammette il referendum consultivo per l'istituzione di nuovi comuni. E si sarebbe dovuto quindi procedere o ad un formale referendum consultivo previsto da legge-quadro ovvero ad una qualsiasi altra forma di partecipazione diretta popolare per l'espressione del parere sul distacco della frazione dai due comuni e sulla sua erezione in comune autonomo, e non si sarebbe potuto ritenere al fine sufficienti eventuali pareri espressi dai consigli comunali contro o cointeressati, in quanto - come già detto - é prescritta la partecipazione diretta delle popolazioni.
Ha concluso il ricorrente chiedendo alla Corte di voler dichiarare l'illegittimità costituzionale della legge regionale impugnata.
Davanti a questa Corte si é costituita la Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Vincenzo Spagnuolo Vigorita, che ha concluso per l'assoluta infondatezza e per il rigetto del ricorso.
Secondo la resistente, la Costituzione non prevede il referendum consultivo, per cui l'audizione delle popolazioni interessate può avvenire in qualsiasi modo, ed il referendum popolare é strumento soltanto eventuale; non tutte le Regioni lo hanno previsto e la Regione Campania lo ha ammesso come possibile forma di consultazione popolare, non ritenendo di vincolarsi in ogni caso all'uso di tale meccanismo; e infine, in mancanza di legge regionale sul referendum, la Regione ben poteva e ben può istituire nuovi comuni ritenendo transitoriamente persistente la procedura precedentemente seguita dal Ministero, salva la riserva di legge.
All'udienza del 22 gennaio 1975 il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese e l'avv. prof. Vincenzo Spagnuolo Vigorita hanno svolto le ragioni a sostegno delle rispettive richieste ed insistito nelle precedenti conclusioni.
Considerato in diritto
1. - Con il ricorso introduttivo del presente giudizio é impugnata in via principale, per contrasto con l'art. 133, comma secondo, della Costituzione e con l'art. 60 dello Statuto della Regione Campania, approvato con legge 22 maggio 1971, n. 348, la legge, recante "Ricostituzione in comune autonomo della frazione di San Marco Evangelista", approvata il 28 luglio 1973 e riapprovata il 13 febbraio 1974 dal Consiglio regionale della Campania.
2. - A fondamento della richiesta di declaratoria dell'illegittimità costituzionale della legge impugnata, il ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri deduce che la Regione, dopo l'attuazione dell'ordinamento regionale ordinario, ha il potere di costituire nuovi comuni nell'ambito del proprio territorio a mezzo di apposita legge regionale e previa l'audizione delle popolazioni interessate; che per la Regione Campania, lo Statuto regionale prevede, in conformità alla prescrizione costituzionale e per l'adempimento da ultimo ricordato, il referendum consultivo al fine "di assicurare la democratica ed integrale partecipazione dei cittadini interessati nel procedimento di costituzione dei nuovi comuni"; che in luogo del referendum consultivo, può aversi "qualsiasi altra forma di partecipazione diretta popolare per la espressione del parere"; e che, essendo prescritta la partecipazione diretta delle popolazioni, non sono sufficienti "eventuali pareri espressi dai consigli comunali contro o cointeressati".
3. - Nella specie, il procedimento che si é concluso con la riapprovazione della legge impugnata ha avuto inizio con la presentazione alla Prefettura di Caserta di una istanza sottoscritta da 1254 cittadini elettori del Comune di Caserta, abitanti nella frazione di San Marco Evangelista e costituenti la maggioranza degli elettori di quella frazione. Sono successivamente intervenute deliberazioni del Consiglio comunale di Caserta, nonché di quelli di Marcianise e Maddaloni (dai cui territori si sarebbe dovuto operare il distacco di parti in favore del costituendo comune), e del Consiglio provinciale di Caserta. Ed infine - come si legge nella memoria della resistente - si é avuta la determinazione della Regione, di seguire la procedura prevista dal testo unico della legge comunale e provinciale del 1934 "non essendo ancora stata approvata la legge regionale concernente il referendum consultivo".
4. - Per la risoluzione della questione di legittimità costituzionale sottoposta al suo esame, la Corte non può prescindere dal considerare la peculiare situazione ricorrente nella specie e caratterizzata da un canto dall'esistenza della disposizione costituzionale e della norma statutaria di raffronto e dall'altro dalla mancanza di una normativa che potesse permettere l'effettuazione del referendum consultivo e dalla suscettibilità di applicazione delle norme del t.u. del 1934 vigenti in materia.
Indubbiamente, a seguito della costituzione della Regione Campania, é venuto meno il fatto che, secondo la sentenza n. 38 del 1969 di questa Corte, ha per il passato impedito il concreto ricollegamento alla Regione del potere ad essa riconosciuto con l'art. 133, comma secondo, della Costituzione, di provvedere, al posto dello Stato, alla costituzione di nuovi comuni e di attendervi con legge.
Senonché alla Regione, nonostante che la stessa non abbia dato il dovuto seguito al disposto dell'ultimo comma dell'art. 60 dello Statuto (secondo cui le modalità per il ricorso al referendum consultivo, per il suo espletamento e per applicarne l'esito sono disciplinate da legge regionale approvata a maggioranza assoluta dai Consiglieri in carica), non può apparire precluso l'esercizio del detto potere ad essa costituzionalmente riconosciuto. Ove, infatti, dovesse ritenersi il contrario, gli interessi che sottostanno al precetto costituzionale e che sono considerati di portata regionale, verrebbero ad essere in atto privi di una concreta tutela dato che non potrebbe la Regione, e tanto meno lo Stato, procedere alla istituzione, nel territorio di competenza, di nuovi comuni. E pertanto é giustificata l'interpretazione che rifletta siffatta esigenza di tutela.
Soccorre nel senso esposto la possibilità giuridica che alle norme di cui agli artt. 33 e seguenti del t.u. del 1934 si faccia ricorso, ed in relazione ad esse si valutino gli adempimenti che hanno preceduto, in ordine alla legge de qua, l'intervento conclusivo del Consiglio regionale della Campania.
In detta disciplina legislativa, infatti, accanto alle norme che esclusivamente concernono l'esercizio, mediante attività amministrativa, del potere di costituire nuovi comuni, ve ne sono altre che si riferiscono al modo di formazione e di accertamento della volontà autonomistica delle borgate o frazioni di comuni e più ampiamente al modo di esteriorizzazione e conoscenza dell'avviso delle popolazioni comunque interessate alle variazioni di circoscrizione dei comuni. E queste norme non possono non avere rilievo in relazione alla specie. Con la ricordata sentenza n. 38 del 1969 si é implicitamente dato atto che codeste norme, ancorché in quell'occasione l'assunzione come parametro dell'art. 133, comma secondo, della Costituzione fosse considerata non pertinente (perché si trattava, allora, della costituzione di un nuovo comune realizzata a mezzo di procedimento amministrativo e prima che la Regione astrattamente competente potesse in concreto attendervi), non fossero, in sostanza, in contrasto con quella disposizione costituzionale. E ciò perché questa Corte, nell'individuare, con la conseguente pronuncia di parziale illegittimità degli artt. 33, 34 e 35 del citato t.u., l'ambito della categoria dei cittadini interessati ai provvedimenti ivi considerati, ha ammesso, sia pure con riferimento all'art. 3 della Costituzione, che si dovesse far capo da un lato alla volontà dei frazionisti e dall'altro alle deliberazioni dei consigli comunali relative a variazioni alla circoscrizione dei comuni; e non ha escluso che attraverso codesti mezzi e modi potesse realizzarsi l'audizione delle popolazioni interessate.
Il caso che é oggi all'esame della Corte, presenta aspetti o elementi che possono essere ricondotti direttamente all'art. 133, comma secondo, della Costituzione perché la Regione Campania ha inteso ed intende costituire in comune la frazione di San Marco Evangelista a mezzo di legge regionale, ed in relazione ai quali non é contestabile l'adeguamento in fatto al precetto costituzionale; e aspetti o elementi relativamente ai quali sono norme intermedie, e nei limiti precisati, quelle contenute nei richiamati artt. 33 e seguenti del t.u., le quali possono dirsi osservate nella misura in cui ha riscontro e trova rispetto la sostanziale esigenza di fondo che le popolazioni interessate all'approvazione della legge regionale siano sentite attraverso i canali democraticamente adatti a coglierne gli interessi e le volontà, e nei confronti delle quali norme non può non ammettersi che del pari sia stato rispettato il ripetuto precetto costituzionale.
Si può quindi concludere ritenendo che alla Corte, in sede di controllo della legittimità costituzionale di una legge regionale come quella in esame, é riservato il compito di accertare se il procedimento in concreto seguito dalla Regione sia conforme a Costituzione, e specificamente alle disposizioni indicate come parametro, senza poter sindacare il merito del provvedimento legislativo riservato alla discrezionale valutazione degli interessi in gioco da parte del competente organo; e che nel caso de quo il "fatto", nei sensi e per le ragioni che precedono, risulta adeguato alle previsioni normative.
E ciò con la conseguenza che debba essere dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata con il ricorso indicato in epigrafe.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della legge regionale approvata il 28 luglio 1973 e riapprovata il 13 febbraio 1974 dal Consiglio regionale della Campania, recante: "Ricostituzione in comune autonomo della frazione di San Marco Evangelista", questione sollevata, in riferimento all'art. 133, comma secondo, della Costituzione ed all'art. 60 dello Statuto regionale, approvato con legge 22 maggio 1971, n. 348, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 12 marzo 1975.