SENTENZA N. 14
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 3 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603 (Modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette approvato con d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858), promosso con ricorso del Presidente della Regione siciliana, notificato il 15 novembre 1973, depositato in cancelleria il 26 successivo ed iscritto al n. 18 del registro ricorso 1973.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1974 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;
uditi gli avvocati Giuseppe Chiarelli e Antonio Sorrentino, per la Regione siciliana, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con ricorso notificato il 15 novembre 1973 il Presidente della Regione siciliana ha impugnato in via principale l'art. 3 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, contenente "modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette", il quale dispone che per le riscossioni effettuate l'esattore é retribuito con "aggio a carico degli enti destinatari del gettito dei tributi".
Secondo la Regione la norma impugnata contrasterebbe anzitutto con l'art. 76 della Costituzione per non aver rispettato i criteri direttivi fissati nell'art. 10, n. 10, della legge 9 ottobre 1971, n. 825, contenente delega al Governo per la riforma del sistema tributario.
Il legislatore, invero, aveva sancito il principio della "incorporazione degli aggi nelle aliquote stabilite per i singoli tributi" allo scopo di eliminare la sperequazione fra i contribuenti delle varie Regioni, cui venivano imposti aggi più esigui nelle zone più ricche e più elevati nelle zone più povere. In aperto contrasto con questo criterio direttivo l'art. 3 del decreto delegato avrebbe attuato la perequazione nei confronti dei contribuenti ponendo, invece, in essere una sperequazione nella distribuzione degli oneri fra gli enti impositori. La delega non implicava che gli aggi fossero messi a carico degli enti destinatari dei tributi.
La norma inoltre violerebbe gli artt. 36 e 43 dello Statuto, nonché l'art. 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente norme di attuazione in materia finanziaria, in quanto, formando l'aggio parte integrante dei tributi ed essendo il gettito di questi di spettanza della Regione, lo Stato non avrebbe potuto, disponendo in materia di riscossione, unilateralmente incamerare la differenza tra l'aggio minimo fissato in base al decreto e l'aggio effettivo di gran lunga maggiore pagato dalla Regione agli esattori siciliani.
All'uopo sarebbero occorse norme da emanarsi con la speciale procedura che richiede l'intervento della Commissione paritetica non potendo arbitrariamente lo Stato sollevarsi, da un lato, dagli oneri di riscossione e addossarli, dall'altro, alla Regione siciliana.
Il ricorso lamenta, infine, la violazione dell'art. 3 Cost. osservando che la nuova disciplina sull'aggio crea una grave sperequazione a danno della Regione siciliana, dove gli aggi sono più elevati rispetto al restante territorio dello Stato.
Gravando l'aggio sull'ente beneficiario del tributo, la Regione siciliana dovrà corrispondere agli esattori e ricevitori una somma superiore a quella quota parte di imposta che, in dipendenza della incorporazione degli aggi di riscossione nelle aliquote dei tributi, devesi considerare sostitutiva degli attuali aggi.
A questa disparità di trattamento si sarebbe ovviato con la istituzione di una Cassa di compensazione, del resto suggerita dalla Commissione consultiva per la riforma tributaria, ma in sede di emanazione del decreto delegato non si é tenuto conto del suggerimento con il risultato che proprio alle Regioni più povere viene sottratta una maggiore porzione del gettito degli stessi tributi che vengono percepiti in maggiore misura dalle Regioni più ricche.
Conclude, pertanto, la ricorrente per l'incostituzionalità della norma impugnata.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, con deposito di deduzioni in cancelleria in data 10 dicembre 1973.
Nelle proprie deduzioni l'Avvocatura dello Stato sostiene preliminarmente l'inammissibilità delle censure svolte nel ricorso in riferimento agli artt. 3 e 76 Cost., rilevando che in ordine alle stesse deve disconoscersi che la Regione sia portatrice d'interessi avendo la Corte ripetutamente statuito che i soli vizi di legittimità costituzionale di leggi statali suscettibili di impugnativa diretta sono quelli che si risolvono in menomazioni di poteri e facoltà costituzionalmente attribuiti alle Regioni.
Dette censure, peraltro, unitamente a quelle (ammissibili) relative a violazioni di norme statutarie, sarebbero infondate nel merito.
Contrariamente a quanto affermato nel ricorso, con l'entrata in vigore della nuova disciplina, la Regione siciliana non sarà tenuta a versare gli aggi agli esattori, ma riceverà le somme dovutele per imposte, al netto degli aggi, così come avveniva per il passato.
Sono quindi sempre gli stessi esattori che trattengono gli aggi con la sola differenza che, prima, questi costituivano una voce aggiuntiva dei tributi, mentre dal 1 gennaio 1974 costituiscono una voce incorporata nelle aliquote dei tributi.
Queste aliquote, in compenso, sono state fissate tenendo conto dell'incidenza media degli aggi per cui, in definitiva, é sempre il contribuente che, da un punto di vista sostanziale, paga gli aggi. Il vantaggio del nuovo sistema é la perequazione degli aggi tra tutti i contribuenti a parità di imposte pagate.
L'aggio rappresenta un costo di esazione ed il fatto che questo costo sia maggiore in Sicilia che altrove é un dato di fatto che non ha rilevanza giuridica.
Accettare l'impostazione della ricorrente equivarrebbe a riconoscere una sperequazione, ad esempio, fra le entrate della Sicilia e quelle della Lombardia con la conseguenza che la prima potrebbe rivendicare la differenza con le maggiori entrate riscosse nella seconda.
La realtà é che anche col nuovo sistema la Regione riceverà le imposte spettantegli al netto delle spese di riscossione; per il passato tali spese gravavano sul contribuente, ora invece sono state incorporate nel tributo; la Regione percepirà un gettito maggiorato per effetto di tale incorporazione, meno la quota di aggio corrispondente ai singoli contratti di esattoria.
Una eventuale compensazione delle misure degli aggi, in relazione alla varietà dei contratti di esattoria nei vari comuni dell'Isola, potrà avvenire nell'ambito della Regione siciliana e mai spingersi oltre il territorio regionale perché ne mancherebbe il presupposto principale: l'attribuzione del gettito tributario erTimes New Romane ad altre Regioni.
Conclude, pertanto, l'Avvocatura chiedendo che la Corte voglia respingere il ricorso.
Considerato in diritto
1. - Il d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, del quale fa parte la norma denunciata, é uno dei numerosi decreti delegati emanati dal legislatore nazionale per l'attuazione della riforma tributaria di cui alla legge delega 9 ottobre 1971, n. 825.
Con esso sono state dettate nuove disposizioni sui servizi di riscossione delle imposte ed in particolare, per quanto concerne gli aggi di riscossione, in ottemperanza ai criteri direttivi fissati dall'art. 10 punto 10 della legge di delega, che enunciano il nuovo principio della "incorporazione degli aggi nelle aliquote stabilite per i singoli tributi", é stato disposto che "per le riscossioni effettuate sia mediante versamenti diretti, sia mediante ruoli l'esattore é retribuito con un aggio a carico degli enti destinatari del gettito dei tributi" (art. 3, comma primo).
Nei riguardi di questa norma la ricorrente Regione siciliana ha prospettato vari motivi di incostituzionalità tra i quali é necessario anzitutto esaminare quelli relativi al preteso contrasto con gli artt. 76 e 3 della Costituzione, in ordine ai quali la difesa dello Stato ha sollevato eccezione di inammissibilità in quanto si tratterebbe di motivi non attinenti ad una invasione della sfera di competenza della Regione.
Trattasi di eccezione in linea di principio fondata sulla quale la Corte, in diverse occasioni, ha avuto modo di pronunciarsi. É pertanto sufficiente richiamare e ribadire le precedenti statuizioni secondo cui le Regioni, in quanto soggetti di autonomia titolari di specifiche attribuzioni e competenze su materie tassativamente indicate da norme statutarie o da altre norme costituzionali, sono legittimate a impugnare in via diretta leggi dello Stato solo quando ritengano tali leggi lesive della sfera ben definita dei loro poteri. Gli unici motivi ammissibili di ricorso delle Regioni sono perciò quelli che si risolvono nella menomazione di poteri e facoltà ad esse costituzionalmente garantiti.
Ora é di tutta evidenza che queste ipotesi non ricorrono nel caso in esame dal momento che nella specifica materia disciplinata dalla norma impugnata non spetta alcuna competenza alla Regione siciliana, né lesione di sue attribuzioni discende direttamente o é dato comunque collegare alla lamentata violazione degli artt. 76 e 3 della Costituzione.
2. - Infondati sono, invece, i motivi di incostituzionalità in relazione agli artt. 36 e 43 dello Statuto e 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, formulati dalla difesa della Regione sul rilievo che la modifica apportata dalla norma denunciata, che pone l'aggio a carico degli enti destinatari dei tributi, non poteva essere effettuata unilateralmente dallo Stato, ma occorrevano norme da stabilirsi con l'intervento della Commissione paritetica.
É opportuno al riguardo osservare che col nuovo criterio della incorporazione degli aggi nelle aliquote delle imposte, il legislatore ha inteso realizzare con effetto dal 1 gennaio 1974 una identità di trattamento tra i contribuenti per quanto concerne il costo del servizio di esazione dei tributi. Occorreva a tal fine eliminare la sperequazione territoriale dell'aggio, che, essendo determinato in misura considerevolmente diversa da luogo a luogo come conseguenza della diversità delle condizioni alle quali veniva concesso l'appalto della riscossione delle imposte dirette, dava luogo ad una ingiusta discriminazione tra i contribuenti a seconda del luogo in cui l'imposta veniva pagata. Strumento utile al perseguimento di questo obiettivo é apparso quello di fissare un aggio medio da applicarsi uniformemente in tutto il territorio nazionale e da conglobare nelle aliquote delle imposte in modo da porre sullo stesso piano i contribuenti chiamandoli a sopportare in egual misura, a parità di imposte da pagare, il costo del pubblico servizio di riscossione.
Il disposto dell'art. 3, comma primo, del d.P.R. n. 603 del 1973, che pone l'aggio a carico degli enti destinatari dei tributi, costituisce la diretta conseguenza del nuovo principio di perequazione dell'aggio sancito in sede di riforma tributaria, principio che ha appunto trasformato l'aggio da voce a se stante ed addizionale dell'imposta in componente delle aliquote dei tributi.
Il fatto che in Sicilia vi sia un maggior costo di esazione dei tributi, nascente dall'obbligo per la Regione di corrispondere agli esattori la differenza tra aggio medio incorporato nel tributo e l'aggio calcolato nel contratto di appalto, non incide in alcun modo, né importa violazione alcuna della disciplina che regola i rapporti tributari tra lo Stato e la Regione poiché a questa continuano ad affluire le imposte che lo Statuto e le norme di attuazione le riservano secondo le nuove aliquote nelle quali é ora conglobato l'aggio.
D'altro canto se per realizzare la parità di trattamento dei contribuenti in ordine al costo di riscossione delle imposte si imponeva la determinazione di un aggio medio uniforme in tutto il territorio dello Stato é evidente che ciò non poteva non comportare la conseguenza che, nelle zone in cui il costo di riscossione era più oneroso, dovesse rimanere a carico degli enti destinatari dei tributi la differenza fra l'aggio medio conglobato e quello più elevato fissato nei contratti di appalto.
Ma quel che più conta ribadire in questa sede é che la norma impugnata non comporta alcuna lesione o menomazione di attribuzioni e competenze spettanti alla Regione, nella specifica materia. La norma dispone unicamente in tema di costo del servizio di riscossione delle imposte ma non modifica il regime di appartenenza dei tributi erTimes New Romani statutariamente riconosciuti alla Sicilia sicché non ricorre nel presente caso l'esigenza di norme da emanarsi con la speciale procedura di cui all'invocato art. 43 dello Statuto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma primo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, contenente "Modifiche ed integrazioni al testo unico delle leggi sui servizi della riscossione delle imposte dirette approvato con d.P.R. 15 maggio 1963, n. 858", sollevata dalla Regione siciliana col ricorso indicato in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 3, comma primo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 603, sollevata col medesimo ricorso, in riferimento agli artt. 36 e 43 dello Statuto e all'art. 8 del d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074, contenente norme di attuazione dello Statuto in materia finanziaria.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 gennaio 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo MICHELE Trimarchi - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO
Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1975.