SENTENZA N. 5
ANNO 1975
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Avv. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10 maggio 1973 dal giudice istruttore del tribunale di Sondrio nel procedimento penale a carico di Capurri Angelo, iscritta al n. 267 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973.
Udito nella camera di consiglio del 7 novembre 1974 il Giudice relatore Luigi Oggioni.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 10 maggio 1973 il giudice istruttore presso il tribunale di Sondrio, nel procedimento penale a carico di Capurri Angelo, imputato del reato di cui agli art. 624, 625, n. 7, del codice penale, premesso che nella specie, a seguito dell'espletata istruttoria, non erano emersi elementi di prove a carico dell'imputato, e ritenuto, d'altra parte, che il reato ascritto rientrava tra quelli coperti dall'amnistia concessa con d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 152 del codice di procedura penale nella parte in cui escluderebbe in presenza di una causa estintiva del reato, di pronunziare sentenza di proscioglimento con formula piena, quando le risultanze processuali consentano di affermare la mancanza di prove o indizi di colpevolezza a carico dell'imputato.
Secondo il giudice a quo, la norma impugnata consentirebbe la pronuncia nel merito solo quando esista una prova positiva dell'innocenza dell'imputato, per cui sussisterebbe una differenziazione normativa fra tale situazione e quella sopra illustrata, e ricorrente nella specie, della mancanza di indizi o prove di colpevolezza. Con ciò sarebbe introdotta in violazione dell'art. 3 Cost. una arbitraria discriminazione fra le descritte situazioni, che invece dovrebbero essere parificate, secondo il sistema complessivo del codice di procedura penale, quale si desumerebbe dagli art. 378 e 479, posto in relazione con la presunzione di innocenza stabilita dall'art. 27 della Costituzione. Inoltre, la norma impugnata contrasterebbe direttamente con quest'ultimo precetto costituzionale, in forza del quale, secondo il giudice a quo, l'innocenza dell'imputato dovrebbe ritenersi legalmente accertata fino a che non sia provata positivamente la sua colpevolezza.
Non vi é stata alcuna costituzione di parti in giudizio.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza 10 maggio 1973 di cui in narrativa, il giudice a quo premette che, dalla completa istruttoria esperita nei confronti di tal Capurri Angelo, imputato di furto avvenuto nell'aprile 1967, nessuna prova od indizio erano emersi a suo carico, per cui, a termine dell'art. 378 cod. proc. pen. avrebbe dovuto pronunciare sentenza di proscioglimento "mancando del tutto la prova che l'imputato abbia commesso il reato": che, tuttavia, esso giudice, trattandosi di reato estinto per effetto del d.P.R. 22 maggio 1970, n. 283, a quest'ultima formula era esclusivamente legato, dato che l'articolo 152 cpv. cod. proc. pen. consente, quando risulta una causa di estinzione del reato, di prosciogliere con formula piena solo nel caso di prove che rendano "evidente" la non commissione del fatto da parte dell'imputato e non anche quando ne manchi del tutto la prova. Secondo l'ordinanza, queste due posizioni dovrebbero essere logicamente qualificate ai fini di una identica formula assolutoria nel merito, mentre la formula di "estinzione del reato" unicamente consentita dall'art. 152, secondo comma, cod. proc. pen., nel caso di prove mancanti, renderebbe questo articolo parzialmente illegittimo, in quanto contrastante con l'art. 3 Cost. in connessione col principio di presunzione di innocenza sino alla condanna definitiva, di cui all'art. 27 della Costituzione.
2. - La questione é fondata.
Va dato atto che, come risulta dall'ordinanza di rinvio, una volta ritenuta "completa" l'istruttoria formale, venivano a profilarsi per il giudice due ipotesi di soluzione alternativa: quella di dichiarare l'estinzione del reato di furto aggravato, per effetto di concessione dell'amnistia, di cui agli art. 5, lettera b, ed 11 del decreto presidenziale 22 maggio 1970, n. 283, o quella di emettere pronuncia di proscioglimento nel merito, con formula piena, posta la constatata, assoluta carenza, allo stato, di prova che l'imputato avesse commesso il reato addebitatogli.
La seconda soluzione, di certo più radicale ed appagante l'interesse morale dell'imputato, sarebbe stata, in quella fase, da ricondursi conseguenzialmente, nell'ambito dell'art. 152 cod. proc. pen., onde dar luogo all'immediata declaratoria di proscioglimento.
Tuttavia, l'applicabilità di detto articolo, deve, nel caso, escludersi, come é stata esclusa, perché, così come formulato, detto articolo riguarda soltanto l'ipotesi di sussistenza di prove, che rendano "evidente" che l'imputato non abbia commesso il fatto e non l'ipotesi in cui manchi del tutto la prova che l'imputato lo abbia commesso.
Ciò posto, e tenuto presente che la norma impugnata contraddice altresì il sistema, che equipara, agli effetti della formula di proscioglimento, le due ipotesi, come si evince dagli art. 378 c.p.p. (sentenza istruttoria) e 479 stesso codice (sentenza in fase dibattimentale) deve riconoscersi esatto il rilievo contenuto nell'ordinanza di rinvio, che qui ne consegue una disparità di trattamento nel regolare situazioni sostanzialmente omogenee, con effetto sulla formula terminativa, per equivalenza di risultati negativi tra prova evidente ed assoluta mancanza di prova. In entrambi i casi, sussistono i presupposti per l'assoluzione con formula piena: e ciò senza bisogno di ricorrere, come fa l'ordinanza, ad un collegamento con l'art. 27, secondo comma, Cost. (principio di non colpevolezza sino alla sentenza definitiva) dettato ad altri fini.
Siffatta esigenza logica di equiparazione conduce a ravvisare l'illegittimità dell'art. 152 cod. proc. pen., nella parte in cui fa prevalere l'estinzione di un reato per amnistia sul dovuto proscioglimento nel merito, nel caso in cui, ad istruttoria completata, manchi del tutto la prova che l'imputato abbia commesso il reato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 152, secondo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non comprende tra le ipotesi in cui il giudice, ad istruttoria ultimata, deve pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito anziché declaratoria di estinzione del reato per amnistia, anche l'ipotesi in cui manchi del tutto la prova che l'imputato abbia commesso il reato stesso.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 gennaio 1975.
Francesco Paolo BONIFACIO – Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Depositata in cancelleria il 16 gennaio 1975.