SENTENZA N. 300
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 231 e 141 del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 9 maggio 1973 dal pretore di Poggio Mirteto a seguito d; delazione anonima nei confronti di Gamberoni Domenico, iscritta al n. 266 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 205 dell'8 agosto 1973;
2) ordinanza emessa il 22 settembre 1973 dal pretore di Vallo della Lucania nel procedimento penale a carico di Maio Andrea ed altri, iscritta al n. 11 del registro ordinanze 1974 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 6 marzo 1974.
Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 1974 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.
Ritenuto in fatto
1. - A seguito di una delazione anonima pervenuta in data 15 gennaio 1973, nella quale si riferiva che tal Gamberoni Domenico aveva posto in opera una manifattura per l'essiccamento di pelli fresche nel centro abitato di Scandriglia, il pretore di Poggio Mirteto trasmetteva la dilazione stessa alla polizia giudiziaria la quale, con rapporto del 26 febbraio l 973, dopo le indagini, dava conferma dello scritto anonimo.
Dopo aver così accertato che il fatto attribuito al Gamberoni configura il reato previsto dall'art. 216 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265, il pretore ha sollevato d'ufficio la questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della norma contenuta nell'art. 231 cod. proc. pen. nella parte in cui consente al pubblico ministero o al pretore di richiedere alla polizia giudiziaria indagini sul contenuto di una delazione anonima senza l'osservanza delle forme che garantiscono il diritto di difesa, determinando così una disuguaglianza di trattamento tra indiziati ai quali si riferirono indagini di polizia sulla base di delazioni anonime e indiziati sui quali tali indagini vengono svolte sulla base di legittima notitia criminis. osserva il pretore che essendo nell'art. 141 cod. proc. pen. sancito il divieto per il giudice di fare uso processuale degli scritti anonimi, nessuna comunicazione giudiziaria (art. 390 cod. proc. pen.) delle disposte indagini, dirette o di polizia, può essere fatta al soggetto indicato come autore di reato in una delazione anonima. L'indiziato resta così completamente ignaro degli accertamenti in corso e privo pertanto di quel diritto di difesa che é, invece, assicurato al soggetto sul quale si indaga a seguito di una legittima denuncia. Il caso di delazione anonima é peraltro diverso da quello del confidente occulto in quanto la notitia criminis da quest'ultimo fornita rimane del tutto assorbita nel rapporto giudiziario ed é direttamente garantita, in ordine alla sua fondatezza, dall'ufficiale di polizia autore del rapporto.
Attesa la rilevanza della proposta questione ai fini della decisione del proprio giudizio il giudice a quo ha quindi rimesso gli atti a questa Corte.
2. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Maio Andrea ed altri, imputati del reato di abuso di ufficio previsto dall'art. 323 del codice penale, il pretore di Vallo della Lucania ha ravvisato l'esigenza di completare alcune indagini ed esplicare ulteriori accertamenti in ordine a taluni fatti, emergenti da delazioni anonime, i quali, se provati, darebbero luogo a contestazione di distinte ipotesi criminose.
Potendo tal fine essere raggiunto, secondo l'interpretazione data all'art. 141 cod. proc. pen., solo mediante la trasmissione delle delazioni anonime alla polizia giudiziaria e senza peraltro potere impartire in proposito alcuna direttiva, il pretore ha anzitutto prospettato il dubbio di incostituzionalità dell'indicata norma in riferimento all'art. 109 della Costituzione che sancisce il rapporto di subordinazione della polizia giudiziaria al magistrato inquirente.
Si sostiene peraltro nell'ordinanza che quando sulla base di delazioni anonime si procede ad indagini dirette o a mezzo della polizia giudiziaria si ha una sicura violazione dei diritti di difesa dell'indiziato (art. 24 Cost.): non sussistendo infatti una legittima notitia criminis nessuna comunicazione può essere fatta all'inquirente in ordine alle indagini che si intendono disporre nei suoi confronti.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte nessuno si é costituito.
Considerato in diritto
1. - I giudizi promossi con le due ordinanze indicate in epigrafe sono stati riuniti per essere decisi con unica sentenza poiché sostanzialmente identica é la questione di legittimità costituzionale proposta pur essendo diverse le norme impugnate e solo parzialmente comuni i motivi di incostituzionalità dedotti. Ed invero con la prima ordinanza viene denunciata l'incostituzionalità dell'art. 231 del codice di procedura penale nella parte in cui consentirebbe al pubblico ministero o al pretore di disporre indagini dirette o tramite la polizia sul contenuto di una delazione anonima e si sostiene che tale norma sarebbe in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione; con la seconda ordinanza, invece, si denuncia l'incostituzionalità, in riferimento agli artt. 3 e 109 Cost., dell'art. 141 dello stesso codice, nella parte in cui anche questa norma, secondo un'interpretazione comunemente accolta, consentirebbe indagini dirette o di polizia sulla base di delazioni anonime. É perciò evidente che, nonostante nella prima ordinanza sia stato formalmente indicato l'art. 231, la questione di legittimità costituzionale é identica e si riferisce propriamente alle delazioni anonime previste dall'art. 141.
2. - Prima di scendere all'esame delle varie censure di incostituzionalità é d'uopo soffermarsi sul problema di fondo che le due ordinanze prospettano che é quello del valore e dell'uso dello scritto anonimo nel vigente sistema processuale penale.
L'art. 1 del codice di rito stabilisce che l'azione penale é pubblica ed é iniziata di ufficio a seguito di rapporto, referto, denuncia o altra notizia di reato. Gli scritti anonimi non sono pertanto inclusi da questa norma tra le notitie criminis, qualificate o non, sulla cui base si instaura il processo penale. Della delazione anonima si occupa, invece, l'art. 8, comma quarto, per rinviarne semplicemente la disciplina all'art. 141, il quale sotto la rubrica "eliminazione degli scritti anonimi" testualmente dispone che questi "non possono essere uniti agli atti del procedimento, né può farsene alcun uso processuale, salvo che costituiscano corpo del reato ovvero provengano comunque dall'imputato". L'esatta individuazione del contenuto e della portata di questo precetto é di fondamentale importanza per la soluzione del problema posto dalle ordinanze.
I divieti in esso enunciati sono due: il primo preclude l'ingresso dello scritto anonimo nel processo ed il secondo disconosce la sua idoneità a costituire prova documentale dei fatti che espone. Entrambi i rilievi sono in evidente armonia con il principio della nostra legge processuale che subordina l'efficacia probatoria di un documento alla sua autenticità. Nel caso della delazione anonima, mancando la sottoscrizione, non può aversi alcun controllo sulla veridicità di quanto in essa affermato ed é parso perciò giusto sancirne il bando dagli atti del processo onde impedire che l'anonimo possa minimamente influire sulla formazione del convincimento del giudice.
Il divieto di utilizzazione processuale dello scritto anonimo non importa soltanto la negazione di qualsiasi valore documentale alla delazione, ma esclude anche che questa possa da sola considerarsi direttamente idonea, al pari delle altre forme d; notitia criminis previste dal codice, a provocare l'immediato inizio dell'azione penale.
Ma proprio perché l'anonimo non é in sé fonte di prova, ma riferisce fatti e circostanze che possono acquistare rilevanza agli effetti processuali solo se provati, non gli si può a priori in senso assoluto negare qualsiasi valore e possibilità di uso nel campo della giustizia penale. Sebbene trattisi di mezzo riprovevole sotto un profilo etico sociale non sono infrequenti i casi in cui con esso si forniscono all'autorità informazioni ed elementi preziosi su reati anche di particolare gravità che non possono restare ignorati. Da ciò l'esigenza, anche per soddisfare i supremi interessi della giustizia, di riconoscere al giudice il potere discrezionale di disporre o non quelle indagini di polizia giudiziaria che, secondo le circostanze, riterrà idonee alla scoperta della verità. É evidente che ove non intenda dar alcun seguito alla delazione anonima egli ne ignorerà l'esistenza e, trattandosi di irregolare notitia criminis, non dovrà neppure decretarne l'archiviazione; se riterrà, invece, di ordinare delle investigazioni non per questo potrà dirsi ch'egli avrà fatto uso processuale, nei termini non consentiti dianzi precisati, dello scritto anonimo, giacché non promuoverà in tal modo, sulla sola sua base l'azione penale, ma cercherà prima di raccogliere quegli elementi di prova nuovi e validi che sono necessari per instaurare legittimamente il processo penale.
La possibilità di disporre queste indagini appare del resto giustificata dallo stesso precetto dell'art. 141. Se é vero infatti che questa norma prevede l'ingresso dell'anonimo nel processo in due casi e cioè quando esso costituisca corpo del reato o quando provenga comunque dall'imputato, é pur vero che queste circostanze possono spesso essere accertate solo attraverso opportune indagini di polizia. E indispensabili addirittura sono queste indagini, come si desume dall'art. 368 cod. pen., che punisce il reato di calunnia fatta con denuncia anche anonima, allorché occorre giungere alla identificazione dell'autore dello scritto calunnioso.
3. - Ciò premesso, passando all'esame delle singole censure é da prendere anzitutto in considerazione quella comune alle due ordinanze le quali concordemente denunciano la violazione del diritto di difesa del soggetto indicato come autore di un reato in uno scritto anonimo, sul rilievo che nessuna comunicazione giudiziaria può essere a lui fatta in base all'anonimo. La censura é priva di rilievo. É già stato osservato che lo scritto anonimo, proprio perché privo di efficacia sul piano probatorio o indiziario sia dell'esistenza del reato che denuncia, sia dell'autore che lo avrebbe commesso, non provoca l'inizio immediato del processo, ma può dar luogo soltanto ad accertamenti volti ad acquisire nuovi elementi di prova. seri e concreti, sulla cui base potrà in prosieguo essere promossa l'azione penale. In mancanza perciò d; una legittima notizia di reato e di un indiziato come autore di questo non v'é alcun diritto di difesa da riconoscere e garantire. Solo nel caso in cui le indagini confermeranno il contenuto dell'anonimo si instaurerà il processo e in questa fase sarà assicurata all'imputato la tutela che l'ordinamento gli appresta.
4. - Del pari infondato é il motivo d'incostituzionalità in riferimento all'art. 3 Cost. che lamenta la disparità di trattamento che si determina tra indiziato sottoposto ad indagini a seguito di delazione anonima, al quale non sarebbe assicurata la difesa, ed indiziato nei cui confronti l'indagine si svolge a seguito di una legittima notitia criminis, ammesso invece a
difendersi. Tra i due casi messi a raffronto non sussiste quel- l'identità di situazione che giustificherebbe l'uguaglianza del loro trattamento. Il rapporto, la denuncia, il referto e tutte le altre notizie di reato previsti dal codice sono fonti di prova che possono direttamente provocare l'inizio immediato del processo; é ovvio pertanto che il soggetto che in essi viene indicato come autore di un reato debba essere subito informato che si procede o si indaga nei suoi confronti per essere messo in condizione di apprestare la sua difesa. Nel caso della delazione anonima, essendo essa priva di qualsiasi valore probatorio e perciò assolutamente inidonea a provocare l'apertura di un procedimento, la posizione del soggetto indicato come autore del fatto é del tutto diversa, giacché il suo diritto a difendersi sorgerà solo se, a seguito delle indagini disposte dal magistrato inquirente, egli si troverà nella posizione di indiziato.
5. - Breve cenno merita, infine, l'ultimo motivo di incostituzionalità prospettato dal pretore di Vallo della Lucania tra l'art. 141 del cod. pen., a termini del quale il giudice potrebbe soltanto trasmettere alla polizia la delazione anonima, senza però impartire nessuna direttiva, e l'art. 109 Cost., che sancisce il rapporto di subordinazione della polizia al magistrato inquirente. A ben considerare il precetto costituzionale invocato, tenuto conto del suo spirito informatore e del suo contenuto, é da ritenersi del tutto estraneo al problema qui in esame.
Ma a parte ciò, é la premessa su cui si fonda la censura che é errata giacché la norma impugnata non menoma il potere del giudice di impartire alla polizia giudiziaria le istruzioni e direttive che riterrà utili per l'accertamento della verità dei fatti dichiarati nell'anonimo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 141 e 231 del codice di procedura penale, sollevata dai pretori di Poggio Mirteto e Vallo della Lucania, con le ordinanze indicate in epigrafe, in riferimento agli artt. 3, 24 e 109 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1974.