SENTENZA N. 285
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
Dott. Michele ROSSANO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Friuli-Venezia Giulia, notificato il 9 novembre 1973, depositato in cancelleria il 19 successivo ed iscritto al n. 13 del registro 1973, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della determinazione 6 agosto 1973 del Ministro per la sanità di esercitare in luogo della Regione il controllo diretto sull'ente denominato "Istituto per l'infanzia e pie fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro ed Aglaia de Manussi - Trieste - Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico - ospedale specializzato pediatrico regionale".
Visto l'atto di costituzione del Ministro per la sanità, delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1974 Il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;
uditi l'avv. Gaspare Pacia, per la Regione, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Ministro per la sanità.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso dell'8 novembre 1973 la Regione Friuli Venezia Giulia, assumendo che, a sensi dell'art. 5, nn. 4 e 6, dello Statuto speciale e del d.P.R. 26 giugno 1965, n. 959, ad essa spetti di esercitare gli ordinari controlli sull'Istituto per l'infanzia e Pie fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro e Aglaia de Manussi di Trieste - Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico - ospedale specializzato pediatrico regionale, ha chiesto che venisse dichiarata detta competenza e fosse contestualmente annullata la determinazione del Ministero della sanità di esercitare, in luogo della Regione, il controllo diretto sul detto ente, determinazione adottata con nota del 6 agosto 1973 comunicata ad essa Regione sotto la data del 14 settembre 1973.
Ha osservato che il potere di controllo a contenuto ordinario é incompatibile con l'alta sorveglianza che allo stesso Ministero é certamente spettante; che nessuna norma attribuisce a detto Ministero alcun potere di controllo ordinario sugli enti sanitari ed ancor meno su quelli a carattere scientifico; che secondo la normativa vigente gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non hanno una natura giuridica propria e che per gli stessi manca una disciplina organizzativa, con la conseguenza che il singolo istituto, ancorché riconosciuto a carattere scientifico, rimane soggetto alla disciplina ed al sistema di controllo previsti per il tipo di ente a cui apparteneva ed appartiene; che l'istituto de quo non ha mai cessato di essere una istituzione pubblica di assistenza e beneficenza ed é rimasto soggetto alle norme relative e cioé alla legge fondamentale del 1890, alla legge 12 febbraio 1968, n. 132, e alla legge regionale 2 marzo 1966, n. 3; e che i controlli ordinari sull'istituto di cui si tratta sono stati e sono esercitati dal comitato provinciale di controllo di Trieste a sensi degli artt. 21 e ss. della citata legge regionale.
2. - Nella memoria, la Regione ricorrente, dopo aver individuato i punti essenziali della tesi del Ministero della sanità risultanti dalla determinazione impugnata, ne ha contestato il fondamento e, in particolare, ha rilevato:
- che non é esatta l'affermazione che gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico sono enti sanitari di interesse nazionale, potendosi e dovendosi, nell'ambito della categoria, individuare accanto agli istituti di ricovero e cura di interesse nazionale quelli di interesse locale o regionale e dovendosi ritenere per questi ultimi che la ricerca scientifico-sanitaria (ammesso che sia sempre di interesse nazionale o statale) é attribuita solo come scopo complementare, e ciò comporta unicamente che l'istituto, limitatamente alla attività di ricerca, sia assoggettato alle prescrizioni ed ai controlli per essa previsti da norme statali;
- che la natura di fondazione di assistenza ospedaliera dell'istituto in oggetto ha trovato sempre riscontro nell'attività di ricovero e cura dei bambini, nella classificazione quale ospedale regionale pediatrico specializzato, nella strutturazione del consiglio d'amministrazione e che anche per ciò esso istituto é e rimane ente sanitario regionale, pur perseguendo altresì scopi di ricerca scientifica;
- che il riferimento contenuto nella nota del Ministero della sanità all'art. 5 della legge 13 marzo 1958, n. 296, non é pertinente atteso che l'istituto, pur perseguendo scopi di ricerca scientifica, non é ente a carattere nazionale; e conseguentemente non é pertinente il richiamo all'art. 3 del d.P.R. 9 agosto 1966, n. 869, che si riferisce nel capoverso agli enti sanitari a carattere nazionale;
- che non é appropriato il riferimento alla sentenza n. 176 del 1971 di questa Corte perché relativa agli istituti fisioterapici di Roma retti da una normativa speciale ed aventi carattere nazionale, e perché la questione decisa riguardava i poteri di ordinamento e non già quelli di controllo;
- e che, infine, nessun argomento a favore della tesi del Ministero della sanità può essere tratto dall'art. 2 della legge regionale n. 3 del 1966 atteso che questa all'art. 1 menziona le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e all'art. 46 fa salva l'alta sorveglianza ministeriale sulle istituzioni che gestiscono istituti di cura.
3. - L'Avvocatura generale dello Stato, costituendosi per il Ministro per la sanità, delegato dal Presidente del Consiglio dei ministri, ha chiesto a questa Corte di voler respingere il ricorso della Regione.
La potestà in contestazione non rientrerebbe nella sfera di competenza attribuita alla Regione dallo Statuto in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza nonché di controllo sugli atti degli enti locali. Infatti, nelle norme statutarie non esiste alcun riferimento agli istituti scientifici, in ordine ai quali, peraltro, giusta la norma contenuta nell'art. 5 dello Statuto speciale, assumono rilevanza e costituiscono limite alla competenza regionale l'interesse nazionale ed i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Ed in proposito rilevano gli artt. 9 e 33 della Costituzione. Il valore della ricerca scientifica in campo sanitario considerato anche in base all'art. 32 della Costituzione, comporta che l'attività di ricovero e cura esercitata dagli istituti qualificati come scientifici "deve ritenersi esercitata proprio in funzione di quella primaria di ricerca applicata". Pertanto, l'innegabile esistenza di un interesse nazionale implica necessariamente la sottrazione della disciplina di detti istituti ad ogni competenza della Regione, la quale dovrebbe comunque essere esclusa per mancanza di una legge dello Stato diretta a fissare i principi fondamentali a cui la Regione in ipotesi dovrebbe ispirarsi.
D'altra parte non si può ritenere che, a seguito della emanazione della citata legge n. 132 del 1968, siano ancora applicabili le disposizioni relative alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza. Infatti, l'art. 1 della citata legge ospedaliera, ricollegandosi alla norma contenuta nell'art. 1 del r.d. 30 settembre 1938, n. 1631, precisa che gli istituti di ricovero e cura riconosciuti a carattere scientifico, "sono assoggettati all'osservanza delle norme contenute nella medesima legge limitatamente alla parte assistenziale". Di conseguenza, salve ipotesi speciali, rimane fermo il principio enunciato nel citato r.d. n. 1631 del 1938 in base al quale per la parte non strettamente assistenziale gli istituti scientifici sono regolati dalle norme dei propri statuti organici, in conformità, peraltro, con il disposto dell'ultimo comma dell'art. 33 della Costituzione.
Codesta impostazione, poi, avrebbe trovato conferma nella sentenza n. 176 del 1971 di questa Corte con la quale si é stabilito che nessun trasferimento di funzioni alle regioni ipotizzabile per quanto attiene alla disciplina istituzionale degli enti in questione. Questi assumono nel quadro generale degli enti operanti nel campo dell'assistenza sanitaria una configurazione giuridica peculiare in cui la ricerca scientifica assume carattere preminente rispetto all'assistenza sanitaria, la quale é così svolta in funzione della ricerca.
Conclusivamente, l'istituto di cui si tratta, avendo ottenuto il riconoscimento di istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, non può qualificarsi istituzione pubblica di assistenza e beneficenza né ente ospedaliero: la classificazione di ospedale regionale specializzato, infatti, opererebbe esclusiva mente ai fini della applicazione del titolo IV della legge ospedaliera. Né, in contrario, potrebbero essere invocate le norme di attuazione e la legge regionale n. 3 del 1966: le prime, infatti, nulla prevedono né potevano prevedere in merito agli istituti scientifici; la seconda disciplina il controllo sugli enti locali tra i quali, per le considerazioni svolte, non possono farsi rientrare gli istituti scientifici.
4. - All'udienza del 23 ottobre 1974 l'avv. Gaspare Pacia, per la Regione Friuli Venezia Giulia, e il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Ministro per la sanità, hanno svolto le rispettive ragioni ed insistito nelle precedenti conclusioni.
Considerato in diritto
1. - La Regione Friuli Venezia Giulia assume che la determinazione del Ministero della sanità di esercitare il "controllo diretto" sull'Istituto per l'infanzia e pie fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro ed Aglaia de Manussi di Trieste, sarebbe lesiva della sfera di competenza costituzionalmente ad essa Regione assegnata dall'art. 5, nn. 4 e 6, dello Statuto speciale e dal d.P.R. 26 giugno 1965, n. 959 (norme di attuazione dello Statuto in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza).
In particolare, il controllo di legittimità e di merito sugli atti dell'istituto de quo sarebbe di spettanza della Regione perché codesto istituto, anche dopo il riconoscimento del suo carattere scientifico, avrebbe mantenuto la natura di istituzione pubblica di assistenza e beneficenza e sarebbe un ente d'interesse locale o regionale, e, quindi, rientrerebbe tra gli enti (locali) sui cui atti la vigilanza e la tutela, attribuite alla Regione, sono esercitate dal Comitato provinciale di controllo territorialmente competente.
E per altro non rileverebbe in senso contrario, ai fini della risoluzione del conflitto, che con l'art. 3, comma primo, del d.P.R. 9 agosto 1966, n. 869, sia stata riservata "al Ministero della sanità l'alta sorveglianza sugli enti sanitari" e che la stessa Regione con la legge 2 marzo 1966, n.3, abbia dichiarato che a rimangono ferme le attribuzioni degli organi centrali e periferici dell'Amministrazione statale della Sanità pubblica in materia di alta sorveglianza sulle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che gestiscono istituti di cura" (articolo 46); e neppure che un istituto di ricovero e cura, d'interesse locale o regionale, "limitatamente all'attività di ricerca, é assoggettato alle prescrizioni ed ai controlli, per essa, previsti da norme statali".
2. - Prima di valutare le ragioni hinc et inde fatte valere circa la spettanza del "controllo diretto" sull'istituto di cui si tratta, é conveniente tener presente che con decreti del Ministro per la sanità di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione, del 10 dicembre 1968 e del 3 marzo 1969, "l'ospedale infantile e pie fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro ed Aglaia de Manussi con sede in Trieste" é stato "riconosciuto istituto di ricovero e cura a carattere scientifico" e ne é stato approvato lo statuto organico; e va constatato che, a sensi dell'art. 1 di tale statuto, "l'istituto ha lo scopo di promuovere e condurre la ricerca scientifica nel campo della pediatria, con particolare riferimento allo studio per la diagnosi, la cura e la profilassi di tutte le forme morbose interessanti l'età evolutiva", "ai fini indicati, collabora con la facoltà di medicina e chirurgia della Università degli studi di Trieste e con le relative scuole di specializzazione e di perfezionamento" e "integra la sua attività scientifica funzionando come ospedale specializzato per il ricovero e la cura degli infermi, di ambo i sessi, al di sotto dei 14 anni di età, e con ogni attività previdenziale e assistenziale per la sanità dell'infanzia".
Tale istituto, per ciò, ha come scopo principale e caratterizzante quello della ricerca scientifica e come scopo affatto complementare e di certo strumentale quello previdenziale ed assistenziale (e percentualmente di assistenza ospedaliera) per la sanità dell'infanzia; ed il suo campo di attività, tenendosi conto dei soggetti a cui questa é destinata, non ha alcuna implicazione, sia pure indiretta, di carattere locale o regionale, in funzione del perseguimento degli scopi istituzionali (e non solo di quello scientifico, ma anche dell'altro previdenziale ed assistenziale ospedaliero, essendo a quest'ultimo riguardo venute meno nel vigente statuto organico le limitazioni formalmente esistenti nel precedente statuto, approvato con r.d. 18 luglio 1930, in cui si diceva che l'istituto aveva "per scopo di provvedere, nei limiti dei propri mezzi, al ricovero, alla cura ed al mantenimento dei bambini poveri, di ambo i sessi, aventi il domicilio di soccorso nel Comune, qualunque sia la nazionalità delle loro famiglie od il culto").
Di conseguenza la natura e la portata (nonché la gradazione) degli scopi istituzionali, da un canto e l'identità dei soggetti destinatari delle relative attività, dall'altro, fanno sì che all'istituto non possa essere negata la qualità di ente scientifico sanitario d'interesse e a carattere nazionale.
3 - Se, come a questa Corte appare evidente, é corretta la indicata qualificazione, non hanno pregio le ragioni addotte dalla ricorrente a sostegno della sua tesi.
Anche se si presenta convincente l'argomento della Regione, secondo cui la declaratoria del carattere scientifico effettuata a sensi e nei modi previsti dall'art. 1, comma quarto, del r.d. 30 settembre 1938, n. 1631, ed ora dall'art, 1, comma secondo, della legge 12 febbraio 1968, n. 132, nei confronti di un istituto di ricovero e cura, "non trasforma il tipo di ente, cui essa si riferisce, e non crea una nuova figura soggettiva", non si può aderire alla ulteriore considerazione che l'istituto una volta riconosciuto a carattere scientifico, "rimane soggetto alla disciplina organizzativa ed al sistema di controllo, previsti per il tipo di ente cui esso apparteneva e continua ad appartenere", perché, quale che sia la natura giuridica dell'ente prima del detto riconoscimento, dalla constatazione dell'effettività dello scopo scientifico e della congruità dei mezzi al fine rivolti, operata dal Ministro per la sanità di concerto con quello per la pubblica istruzione e dalla connessa declaratoria derivano, nei confronti dell'ente stesso, un sostanziale arricchimento degli scopi istituzionali e, tra questi, un'assoluta preminenza di quello scientifico.
L'istituto, per ciò, a prescindere dalla sua natura giuridica, in quanto promuove la ricerca scientifica appare rivolto verso uno scopo, la cui realizzazione presuppone l'esistenza e comporta la tutela di un interesse d'importanza nazionale.
E ne discende la conseguenza, diversa da quella indicata dalla Regione, che all'istituto riconosciuto a carattere scientifico debbano applicarsi le norme che specificamente lo concernano per codesta nuova qualità.
Correlativamente a ciò, e sempre tuttavia per la natura (scientifica) dello scopo e per la portata e l'estensione dell'interesse che lo concretizza, l'istituto, qualora sia - come quello di specie - di ricovero e cura, si presta ad essere altresì qualificato come ente sanitario a carattere nazionale ed a diventare, in tale qualità, punto di riferimento delle norme che agli enti del genere sono propriamente applicabili.
4. - Dato che a proposito dell'istituto per cui é controversia, coesistono e concorrono le due qualità, di istituto di ricovero e cura a carattere scientifico e di ente sanitario a carattere nazionale, e complessivamente quella di ente scientifico-sanitario d'interesse e a carattere nazionale, nei suoi confronti, ed in particolare in tema di controlli (di legittimità e di merito) sugli atti, non é riscontrabile una competenza della Regione Friuli Venezia Giulia.
Nonostante che lo Statuto speciale riconosca alla Regione la potestà amministrativa nelle materie in cui "con l'osservanza dei limiti generali indicati nell'art. 4 ed in armonia con i principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato" ha potestà legislativa e, tra le altre, nella disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali, in materia di istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e nelle materie dell'igiene e sanità, dell'assistenza sanitaria ed ospedaliera e del recupero dei minorati fisici e mentali (artt. 8 e 5, nn. 4,6 e 16), i poteri di vigilanza e di tutela sugli atti di quella categoria di istituti ed enti, di cui fa parte l'istituto per l'infanzia di Trieste, non sono stati attribuiti o trasferiti ad organi della Regione.
Anteriormente all'entrata in vigore dello Statuto speciale ed al verificarsi delle specifiche condizioni eventualmente previste, secondo la normativa statale allora vigente gli istituti di ricovero e cura riconosciuti a carattere scientifico erano regolati dai rispettivi statuti organici (art. 1, comma quarto, del citato r.d. n. 1631 del 1938) e da norme speciali di legge, e gli enti a carattere nazionale che svolgevano esclusivamente o prevalentemente compiti di assistenza sanitaria erano sottoposti a vigilanza e tutela del Ministero della sanità (art. 5, comma primo, della legge 13 marzo 1958, n. 296).
Nello Statuto speciale del 1963 e nelle norme di attuazione successivamente intervenute nelle materie sopra indicate, oltre che nella legge regionale 2 marzo 1966, n. 3 (emanata in materia di esercizio di funzioni di controllo nei confronti di enti locali), non c'é alcuna norma che, specificamente riferendosi ai detti poteri, li faccia rientrare nella sfera di competenza regionale. Anzi, con l'art. 4, comma primo, del d.P.R. n. 959 del 1965 si dispone che "nulla é innovato circa le competenze statali per quanto concerne le istituzioni che prestino assistenza a favore dei poveri di tutta la Repubblica o a favore dei poveri di più province, una delle quali sia compresa nel territorio della Regione Friuli Venezia Giulia"; nell'art. 46 della legge regionale n. 3 del 1966 si dice che in ordine alle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che gestiscono istituti di cura "rimangono ferme le attribuzioni degli organi centrali e periferici dell'Amministrazione statale della sanità pubblica... nelle materie di cui all'art. 5 n. 16 dello Statuto regionale"; e nelle norme di attuazione relative a codeste materie (d.P.R. n. 869 del 1966) si dispone che "nulla é innovato ai poteri di vigilanza e tutela sugli enti sanitari a carattere nazionale o che svolgono attività anche fuori del territorio della Regione (art. 3, comma secondo).
Né a sostegno della tesi della Regione potrebbe invocarsi la normativa di cui alla legge n. 132 del 1968: il fatto che con l'art. 15, comma terzo, sia stato disposto nel senso che "il Ministero della sanità esercita l'alta sorveglianza sugli altri istituti di ricovero e cura previsti dall'art. 1", diversi dagli enti ospedalieri ed esclusi gli ospedali psichiatrici, e quindi su quelli riconosciuti a carattere scientifico, non può comportare, così come invece sostiene la Regione, che l'attribuzione dell'alta sorveglianza abbia reso "incompatibile la titolarità, in capo allo stesso soggetto (Ministero della sanità), di un potere di controllo a contenuto ordinario", perché ricorre l'alta sorveglianza sui detti istituti solo "per quanto attiene al loro funzionamento igienico-sanitario"; e per gli stessi istituti la norma dell'art. 16, che si occupa della vigilanza e della tutela, sicuramente non é operante, non solo perché specificamente rivolta agli enti ospedalieri ma anche, e soprattutto, perché detta norma non rientra tra quelle che, in base all'art. 1, comma secondo, sono applicabili ai ripetuti istituti, atteso che non attiene alla "parte assistenziale" e comunque il regime dei controlli si colloca nell'assetto istituzionale del singolo istituto.
Ed infine non dovrebbe essere senza rilievo che, sia pure nei confronti delle Regioni a statuto ordinario, il d.P.R. 14 gennaio 1972, n. 4, dopo aver disposto che "le funzioni amministrative attualmente esercitate dagli organi centrali e periferici dello Stato in materia di assistenza ospedaliera sono trasferite, per il rispettivo territorio, alle Regioni" (art. 2), stabilisce espressamente, con l'art. 6, n. 4, che "restano ferme le attuali competenze degli organi statali in ordine... agli istituti di ricovero e cura riconosciuti a carattere scientifico".
5. - Le considerazioni che precedono, inducono questa Corte a ritenere che i poteri di controllo, di legittimità e di tutela, sugli atti dell'istituto de quo non spettano alla Regione Friuli Venezia Giulia e rientrano, invece, nella competenza dello Stato. E pertanto il ricorso introduttivo del presente giudizio deve essere respinto.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo stato il potere di esercitare i controlli di legittimità e di merito sugli atti dell'Istituto per l'infanzia e pie fondazioni Burlo Garofolo e dott. Alessandro ed Aglaia de Manussi di Trieste.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1974.