SENTENZA N. 267
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. l 105, quarto comma, e 1129, primo comma, del codice civile, 737 e seguenti del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 9 marzo 1972 dal tribunale di Verbania sul ricorso di Scacchetti Sergio ed altri, iscritta al n. 280 del registro ordinanza 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 6 settembre 1972.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 23 ottobre 1974 il Giudice relatore Edoardo Volterra;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso del procedimento promosso da Sergio Scacchetti, Marisa Gaggiotti, Romano Quittino, Adriano Marino, Anna Maria Antonietta d'Alfonso e Irma Fasani per ottenere la nomina d'autorità di un amministratore di condominio, il tribunale di Verbania, con ordinanza emessa il 9 marzo 1972, sollevava questione di legittimità costituzionale degli artt.1105, quarto comma, 1129, primo comma, del codice civile, 737 e seguenti del codice di procedura civile, nelle parti in cui non prevedono che il ricorso introduttivo del procedimento in questione debba essere notificato agli altri condomini o comunque l'audizione obbligatoria dei condomini stessi.
Il tribunale ha ravvisato, anzitutto, il contrasto delle norme anzidette col principio stabilito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione, giacché il cosiddetto procedimento camerale non garantirebbe agli interessati la instaurazione del necessario contraddittorio - non essendo il giudice obbligato, prima della decisione, alla preventiva audizione di tutte le parti interessate - né, quindi, la possibilità di un'efficace difesa dei di ritti e degli interessi dei singoli.
Il tribunale ha, anche, ravvisato la lesione del principio di eguaglianza, fissato dall'art. 3 della Costituzione, attesa la sussistenza, nel vigente sistema di diritto positivo, di non poche disposizioni di contenuto sostanzialmente analogo a quello delle norme impugnate, le quali, tuttavia, non mancano di assicurare agli interessati la più completa tutela giurisdizionale delle proprie ragioni: ad es., l'art. 1003 del codice civile, in relazione all'art. 59 delle disposizioni di attuazione allo stesso codice; l'art. 64 delle disposizioni di attuazione al codice civile, in relazione alla norma di cui all'art. 1129 del codice civile, nella parte riguardante la revoca dell'amministrazione condominiale; ed altre ancora. 2. - L'ordinanza é stata regolarmente comunicata, notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, per chiedere che la questione sia dichiarata non fondata.
Sul primo profilo d'incostituzionalità, si osserva che sarebbe principio ormai saldamente consolidato, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, che le garanzie previste dal l'art. 24 della Costituzione vanno riferite unicamente ai procedi menti giurisdizionali che abbiano contenuto decisorio, che sia no cioè suscettibili di pervenire alla formazione di un giudicato.
Alla luce di siffatti insegnamenti, si nega che il provvedi mento di nomina dell'amministratore della cosa comune e del condominio, adottato dall'autorità giudiziaria ai sensi degli artt. 1105, quarto comma, e 1129, primo comma, assuma carattere decisorio, richiamando, al riguardo, la giurisprudenza della Corte suprema di cassazione, la quale appare ormai consolidata nello escludere che, a proposito dei provvedimenti concernenti la nomina dell'amministratore della cosa comune o del condominio, ricorra l'indicato carattere di decisorietà e che i provvedimenti stessi appaiono idonei a produrre effetti di giudicato, potendo gli interessati sempre ricorrere al giudice per chiedere l'emissione di un nuovo provvedimento difforme da quello precedentemente emanato.
Sul secondo profilo di incostituzionalità (quello cioè attinente alla rilevata lesione del principio di eguaglianza), si sottolinea che le disposizioni in esame non pregiudicano, in alcun modo, il diritto degli interessati a conseguire, in ogni momento e contro chiunque, la tutela, anche in via giurisdizionale, delle rispettive ragioni. Si aggiunge che il raffronto della situazione giuridica qui presa in considerazione, con altre obiettivamente diverse (anche se simili in via di largo accostamento di carattere generale), come quelle citate ad esempio nell'ordinanza di rinvio, non può ammettersi, dato che il principio di eguaglianza risulta utilmente invocabile solo quando eguali siano le condizioni soggettive ed oggettive alle quali le norme giuridiche si riferiscono.
Considerato in diritto
1. - Il tribunale di Verbania solleva questione di legittimità costituzionale degli artt. 1105, comma quarto, 1129, comma primo, del codice civile e degli artt. 737 e seguenti del codice di procedura civile in riferimento all'art. 24 della Costituzione nelle parti in cui dette disposizioni, relative al procedimento in camera di consiglio per la nomina di amministratore condominiale, non prevedono che il condomino ricorrente debba notificare il ricorso agli altri condomini ovvero che questi ultimi debbano essere obbligatoriamente sentiti dal giudice che procede.
Sempre secondo il giudice a quo, i medesimi articoli violerebbero anche il principio dell'eguaglianza sancito nell'art. 3 della Costituzione in quanto in altri casi di provvedimenti dell'autorità giudiziaria da prendere in camera di consiglio é espressamente previsto l'obbligo di sentire previamente gli interessati.
2. - La questione é infondata. Le norme denunziate 3. tutelano il diritto, spettante a ciascun condomino in quanto tale in attuazione della sua facoltà di godimento, che la cosa comune venga amministrata, nonché il diritto, espressamente riconosciuto singolarmente a tutti i condomini dal quarto comma dell'art. 1105 del codice civile, di concorrere all'amministrazione. Per soddisfare a questa esigenza, che é elemento essenziale dell'istituto del condominio, la legge riconosce a ciascun condomino, quando non viene attuata l'amministrazione della cosa comune, quando non vengono presi i provvedimenti necessari, quando non si forma una maggioranza o quando la deliberazione adottata non viene eseguita, il potere preventivamente irrinunciabile di ricorrere all'autorità giudiziaria, la quale provvede in camera di consiglio e può anche nominare un amministratore.
Il primo comma dell'art. 1129 applica il medesimo principio al condominio di edifici, nei quali vi siano più di quattro condomini quando non sia stato provveduto alla nomina, che lo stesso articolo tassativamente prescrive, reputandola necessaria, di un amministratore, caso questo che rientra nell'ipotesi prevista dal quarto comma dell'art. 1105.
Se l'assemblea non provvede a tale nomina, questa é fatta dall'autorità giudiziaria su ricorso di uno o più condomini.
I provvedimenti dell'autorità giudiziaria previsti nei due citati articoli non sono diretti a difendere interessi di singoli condomini in contrasto con altri, ma hanno per oggetto la tutela di un interesse comune a tutti i condomini. Possono emanarsi nel solo caso che questa tutela non venga attuata dagli stessi ed hanno lo scopo di ovviare ai danni che incomberebbero su tutti i partecipanti alla comunione a causa di tale inerzia. Ciò é tanto vero che, come insegna la dottrina, il di ritto al ricorso all'autorità giudiziaria spetta anche al condomino il quale non sia stato dissenziente in sede di delibera.
Col suo provvedimento in camera di consiglio il tribunale, su iniziativa di uno o più condomini, sopperisce alla deliberazione collegiale non presa e che é reputata dalla legge necessaria per l'amministrazione della cosa comune, o la attua qualora esista e non sia stata eseguita.
I provvedimenti presi in ottemperanza ai ripetuti articoli f non sono definitivi né idonei a produrre effetti di giudicato, potendo sempre essere revocati o modificati dalla medesima autorità giudiziaria su istanza degli interessati.
La maggioranza dei condomini può successivamente provvedere ai sensi del comma secondo dell'art. 1129 cod. civ. alla nomina di amministratore diverso da quello nominato dall'autorità giudiziaria senza ricorrere a questa, revocando così praticamente lo stesso provvedimento giudiziario.
Non si ravvisa quindi come gli articoli denunziati possano violare o limitare il diritto alla difesa proclamato dall'art. 24 della Carta costituzionale. Infatti, é costante nella giurisprudenza della Corte il principio che le garanzie di cui al citato art. 24 vanno riferite esclusivamente ai procedimenti giurisdizionali che abbiano contenuto decisorio, carattere questo che, per i motivi sopra esposti, non hanno i provvedimenti di nomina dell'amministratore di un condominio, previsti dagli articoli impugnati.
3. - Infondata é anche la censura di costituzionalità dei medesimi articoli in riferimento all'art. 3 della Costituzione. Non solo le disposizioni denunciate non pregiudicano, come già detto, la tutela, anche giurisdizionale, dei diritti e degli interessi dei condomini, ma non pongono alcuno di essi in condizione di disparità tra loro e in confronto degli altri cittadini.
Né é pertinente, come esattamente rileva l'Avvocatura dello Stato, il raffronto fatto nell'ordinanza a quo della situazione giuridica presa in considerazione con altre apparentemente simili, ma obbiettivamente diverse, dato che il principio di eguaglianza é invocabile solo rispetto a identiche condizioni oggettive e soggettive alle quali si applicano diverse norme giuridiche.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1105, comma quarto; 1129, comma primo, del codice civile; 737 e seguenti del codice di procedura civile, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione dall'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 27 novembre 1974.