SENTENZA N. 249
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 244 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 28 marzo 1972 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra orlando Carmelo e Bastreri Enrico ed altro, iscritta al n. 305 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 279 del 25 ottobre 1972.
Visti gli atti di costituzione di orlando Carmelo e Bastreri Enrico;
udito nell'udienza pubblica del 26 giugno 1974 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;
uditi l'avv. Teresa Maria Costa, per orlando Carmelo, e l'avv. Enrico Bastreri.
Ritenuto in fatto
Nel corso del procedimento civile per disconoscimento di paternità vertente tra Carmelo orlando e l'avv. Enrico Bastreri, (curatore dei minori Roberto, Fabrizio e Daniele orlando per decreto del tribunale di Genova) nonché Venera Pupillo, coniuge di detto orlando, il tribunale di Genova, con ordinanza 28 marzo 1972, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dell'art. 244 del codice civile, nella parte in cui assoggetta al termine trimestrale di decadenza, decorrente dalla nascita o dalla successiva conoscenza di essa, l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità per impotenza a generare.
Nel giudizio conseguito avanti questa Corte si sono costituiti l'avv. Bastreri nella qualità e l'orlando. Non é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri. Sia la difesa dei minori, sia quella dell'Orlando hanno prodotto anche memorie illustrative, concludendo, rispettivamente, per la dichiarazione di infondatezza della questione, così come prospettata dal giudice a quo, ovvero per la dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma impugnata.
Considerato in diritto
1. - Secondo l'ordinanza di rimessione, l'art. 244 del codice civile che, nella ipotesi di impotenza a generare, fa decorrere dalla nascita oppure dalla conoscenza di essa, il termine di decadenza per l'esercizio della azione di disconoscimento di paternità, violerebbe l'art. 24 della Costituzione perché il marito potrebbe venire a conoscenza del suo stato di impotenza a generare dopo trascorso il detto termine. Sarebbe inoltre incongruente tale decorrenza dal giorno in cui si verifica una nascita, che escluderebbe erroneamente nel marito ignaro il sospetto dell'impotenza e quindi il fondamento di una azione giudiziaria di disconoscimento. E, si tratterebbe, per di più, di un termine molto breve, durante il quale il marito non avrebbe "la possibilità o l'occasione" di sottoporsi a eccezionali analisi per accertare la sua - minorazione.
2. - In questa sede é stata riproposta la tesi interpretativa della norma impugnata, (che escluderebbe la denunziata violazione del principio costituzionale) secondo la quale il termine su indicato dovrebbe intendersi decorra dalla conoscenza della illegittimità della nascita, e cioè dalla conoscenza dello stato di impotenza a generare, perché soltanto da quel momento il marito sa di non poter essere il padre del nato dalla moglie. Al riguardo tuttavia la Corte rileva che, poiché il giudice a quo ha correttamente respinto tale interpretazione, la questione di legittimità costituzionale si pone nei termini in cui viene prospettata dalla ordinanza.
3. - La questione non é fondata Anche se il legislatore ha previsto tra i casi di disconoscimento della paternità l'impotenza a generare, é tuttavia sempre viva e sentita la esigenza della certezza giuridica dei rapporti familiari, in funzione della quale assume particolare rilievo il favor legitimitatis. Ed a tale esigenza rispondono la brevità del termine entro il quale può essere promossa l'azione di disconoscimento di paternità, e la decorrenza del medesimo da un fatto certo ed obiettivo quale é la nascita (o la conoscenza di essa). Al contrario, la decorrenza da un evento (accertamento dell'impotenza a generare) difficilmente controllabile significherebbe in sostanza vanificare il termine, e dare la possibilità di esperire in qualsiasi momento l'azione di disconoscimento di paternità.
Il limite fissato per l'esercizio del diritto non viola di certo l'art. 24 della Costituzione perché non é precluso al legislatore di differenziare la tutela giurisdizionale con riguardo alle particolarità del rapporto da regolare; e, nel caso in esame appare razionale che, nel contrasto fra l'interesse del singolo e quello generale della tutela dei rapporti familiari, il legislatore abbia inteso salvaguardare questi ultimi, attesa la loro ovvia preminenza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 244 del codice civile, nella parte in cui assoggetta al termine trimestrale di decadenza, decorrente dalla nascita o dalla successiva conoscenza di essa, l'esercizio dell'azione di disconoscimento di paternità per impotenza a generare, questione sollevata dalla ordinanza del tribunale di Genova del 28 marzo 1972.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 23 luglio 1974.