SENTENZA N. 245
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 101, secondo comma, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, 2, primo comma, del decreto legislativo luogotenenziale 3 maggio 1945, n. 232, 1 della legge 5 marzo 1951, n. 190, e 63, secondo comma, del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, concernenti la disciplina delle assegnazioni di magistrati per supplenze straordinarie, promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 10 giugno 1972 dal pretore di Pergine Valsugana nel procedimento penale a carico di Moser Tullio, iscritta al n. 276 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 6 settembre 1972;
2) ordinanza emessa il 22 giugno 1972 dal pretore di Pergine Valsugana nel procedimento civile vertente tra Anzolin Luciano e Moser Renzo, iscritta al n. 297 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 254 del 27 settembre 1972.
Udito nella camera di consiglio del 12 giugno 1974 il Giudice relatore Giulio Gionfrida.
Ritenuto in fatto
1. - Nel corso di un procedimento penale a carico di Tullio Moser e, successivamente, in altro giudizio civile tra Luciano Anzolin e Renzo Moser, il pretore di Pergine Valsugana, con ordinanze di analogo contenuto, emesse, rispettivamente, il 10 e 22 giugno 1972 - premesso che esso giudice, magistrato di tribunale con funzioni di pretore del mandamento di Borgo Valsugana, era investito della cognizione dei procedimenti indicati per effetto di decreto del Presidente della Corte di appello di Trento, che ne aveva disposto l'assegnazione per supplenza alla pretura di Pergine "per tre e due giorni consecutivi per ogni turno di due settimane, per la durata di quattro mesi"; che tale decreto era stato a sua volta preceduto da altri otto analoghi provvedimenti che, per la durata di sei mesi ciascuno e senza soluzione di continuità, avevano prorogato o rinnovato un iniziale decreto di supplenza; che, pertanto, per effetto dei provvedimenti anzidetti, egli era stato, in pratica, "assegnato o trasferito senza il suo consenso alla pretura di Pergine" per la maggior parte del tempo lavorativo; che tutto ciò era stato reso possibile dalla eccezionale ampiezza del potere attribuito, in materia di supplenze, ai Presidenti delle Corti di appello - ha sollevato di ufficio questione di legittimità degli artt. 101, comma secondo, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12; 2, comma primo, del d.l.1gt. 3 maggio 1945, n. 232; 1 della legge 5 marzo 1951, n. 190, e 63, comma secondo, del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, contenenti, appunto, la disciplina delle assegnazioni di magistrati per supplenze straordinarie: prospettandone il contrasto con gli artt. 105 e 107, comma secondo, della Costituzione, sulla competenza del Consiglio superiore della magistratura in materia di trasferimenti od assegnazioni dei magistrati e sulla inamovibilità degli stessi.
2. - Ha precisato il pretore di non ignorare che la questione così formulata é già stata risolta in senso negativo con sentenza n. 173 del 26 novembre 1970 della Corte costituzionale: ne ha sollecitato, però, il riesame in ragione della parziale diversità della sua odierna prospettazione, venendo, ora, in contestazione non già la legittimità della supplenza in sé - del potere, cioè, dei capi delle Corti di far fronte a situazioni eccezionali mediante l'istituto della supplenza - sibbene "le caratteristiche di siffatto potere che in base alla predetta normativa appare illimitato ed insindacabile", così, appunto, da consentire situazioni abnormi come quella nella specie descritta.
3. - Nel giudizio innanzi alla Corte, nessuna delle parti si é costituita né é intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale della disciplina della assegnazione di magistrati per supplenze straordinarie (artt. 101, comma secondo, r.d. 1941, n. 12, 2, comma primo, d.l.1. 1945 n. 232, 1 legge 1951 n. 190 e 63, comma secondo, d.P.R. 1958 n. 916) in riferimento ai precetti di cui agli artt. 105 e 107, comma secondo, della Costituzione - quale sollevata con le ordinanze in epigrafe indicate - é manifestamente infondata.
Trattasi, infatti, di questione già risolta con la decisione n. 173 del 26 novembre 1970 di questa Corte: che - nell'escludere l'incostituzionalità delle norme impugnate - ha chiarito come i provvedimenti di supplenza differiscano dai provvedimenti di assegnazione o trasferimento, demandati alla competenza del Consiglio superiore ex art. 105 della Costituzione, in ciò: che i primi, diversamente dai secondi, "non incidono sullo stato giuridico dei magistrati", onde "non essendo diretti a mutare stabilmente la funzione o la sede del magistrato non possono essere condizionati neppure alla prestazione del consenso da parte dell'interessato a garanzia dell'inamovibilità", di cui all'art. 107 della Costituzione.
2. - Non sussiste, d'altra parte, neppure la novità di profili, prospettata dal giudice a quo, relativamente alla "illimitatezza ed insindacabilità del potere dei capi delle Corti nell'adozione dei provvedimenti di supplenza".
Entrambi tali profili risultano, infatti, anche essi già esaminati - ed implicitamente confutati - nella ricordata sentenza n. 173 del 1970.
In particolare, quanto alla "illimitatezza del potere" dei capi delle Corti, valgono le considerazioni ivi svolte in ordine ai "caratteri peculiari della urgenza, temporaneità e provvisorietà", da cui devono essere in concreto assistiti i provvedimenti di supplenza.
Tali caratteri dell'atto - che devono risultare dalla relativa motivazione - evidentemente, costituiscono il limite naturale e coessenziale del potere, che nell'atto stesso si estrinseca.
Quanto, poi, alla dedotta "insindacabilità", questa resta superata alla luce della considerazione – pur essa già contenuta nella sentenza n. 173 richiamata - che "l'esercizio del potere in merito alle supplenze non rimane nel sistema esente da controlli, essendo, comunque, imposta dall'art. 42 del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, la comunicazione del provvedimento al Consiglio superiore della magistratura".
Ed é appena il caso di precisare - trattandosi di concetto implicito nel contesto del sistema anzidetto - che la comunicazione indicata é, evidentemente, preordinata all'esercizio del potere di annullamento, da parte del Consiglio, del provvedimento comunicato, ove questo risulti illegittimo per mancata rispondenza ai requisiti innanzi menzionati dell'"urgenza, provvisorietà e temporaneità".
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 101, comma secondo, del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 (ordinamento giudiziario), 2, comma primo, del decreto legislativo luogotenenziale 3 maggio 1945, n. 232, 1 della legge 5 marzo 1951, n. 190 e 63, comma secondo, del d.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, in riferimento agli artt. 105 e 107, comma secondo, della Costituzione, sollevata con le ordinanze in epigrafe indicate.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1974.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 23 luglio 1974.