Sentenza n. 237 del 1974
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SENTENZA N. 237

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 284, n. 2, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 19 aprile 1972 dalla Corte d'appello di Bologna - sezione per i minorenni - sul ricorso di Pardera Gino, iscritta al n. 255 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 240 del 13 settembre 1972.

Visto l'atto di costituzione di Pardera Gino;

udito nell'udienza pubblica del 12 giugno 1974 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito l'avv. Luigi Neri, per il Pardera.

 

Ritenuto in fatto

 

Gino Pardera, dopo aver ottenuto la dichiarazione della cessazione degli effetti civili del suo matrimonio concordatario con Alda Fiaccola - venuto meno il relativo impedimento - riconosceva come figlia naturale Giulia Franceschi e ne chiedeva la legittimazione per decreto del Capo dello Stato, facendo presente che la madre di costei, Franca Franceschi, si era unita in matrimonio con altra persona (Renato Minghi).

La Corte d'appello di Bologna, alla quale era stata presentata la domanda, nel prendere atto del consenso manifestato dall'unica figlia legittima (coniugata) dell'istante, sollevava con ordinanza 19 aprile 1972, questione di legittimità costituzionale dell'art. 284, n. 2, del codice civile, in riferimento agli artt. 3 e 30 della Costituzione, "nella parte in cui esclude la legittimazione per decreto del Presidente della Repubblica quando il genitore abbia figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio".

Tale disposizione, limitativa della legittimazione per decreto, porta - ad avviso del giudice a quo - a sottoporre "alla medesima disciplina figli naturali che, invece, possono trovarsi e si trovano in situazioni completamente differenti" e, inoltre, "facendo dipendere la possibilità di legittimazione dal solo fatto che il genitore abbia oppure no figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio, pone in essere una disparità di trattamento per alcuni soggetti rispetto ad altri, unicamente per condizioni personali".

La disparità sarebbe ancora più evidente se si tiene conto che, mentre, come nel caso in esame, é impedita la legittimazione per decreto quando non esiste più una famiglia e l'unica figlia legittima ha espresso il suo pieno consenso, analoga limitazione non sussiste né per la legittimazione di un figlio per susseguente matrimonio dei genitori, pur se essi abbiano avuto figli naturali da altre persone, né per la stessa legittimazione per decreto da parte dei genitori con figli naturali, già legittimati nella stessa forma.

Neppure sussisterebbe la necessità di garantire il principio di compatibilità tra la tutela della filiazione naturale ed i diritti della famiglia legittima di cui all'art. 30, terzo comma, della Costituzione. Anche con tale precetto verbale a confliggere la norma denunziata, la cui ratio di evitare che un figlio naturale venga introdotto nella famiglia, a parità con i figli legittimi o legittimati, pur avendo in comune uno solo dei genitori, sarebbe contraddetta dall'ipotesi che, come nella specie, il genitore, pur avendo figli legittimi o legittimati, sia tuttavia libero per annullamento o scioglimento del matrimonio, sicché il legittimando verrebbe a far parte di una compagine familiare in cui esiste il solo genitore, che i figli legittimi hanno in comune con quello naturale.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituito soltanto il Pardera, la cui difesa chiede che la norma sia dichiarata illegittima, facendo propria la motivazione dell'ordinanza di rimessione, e non é intervenuta la Presidenza del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - É stato denunziato a questa Corte, in riferimento agli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione, l'art. 284, n. 2, del codice civile "nella parte in cui esclude la legittimazione per decreto del Presidente della Repubblica quando il genitore che la domandi abbia figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio".

2. - Non vi é dubbio che in via di principio la legge possa circoscrivere la legittimazione dei figli naturali entro quell'ambito che, con valutazione discrezionale, sia ritenuto necessario per la salvaguardia dei diritti dei membri della famiglia legittima (art. 30, terzo comma, Cost.). occorre, tuttavia, che le limitazioni non siano esorbitanti rispetto a tale scopo.

3. - A nulla rileva - e non vi é violazione né dell'art. 3 né dell'art. 30 Cost. - che la preesistenza di figli legittimati per decreto non sia di ostacolo alla legittimazione per decreto di altri figli naturali e sia, all'opposto, preclusiva la preesistenza di figli legittimati per susseguente matrimonio. Non si tratta, invero, di due situazioni eguali alle quali la legge abbia fatto trattamento diverso. Ed infatti con la legittimazione per susseguente matrimonio é venuta in essere una famiglia legittima comprensiva del coniuge e dei figli; e il legislatore ben può disporre per i figli così legittimati una tutela non diversa da quella che sussiste per i figli nati legittimi.

4. - Rileva, invece, che la preesistenza di figli legittimi o legittimati per susseguente matrimonio o discendenti da essi osti di per sé alla concessione della legittimazione per decreto del Capo dello Stato, mentre la presenza del coniuge la renda possibile ove vi sia il suo assenso.

Posto che anche il coniuge fa parte di quella famiglia legittima a garanzia della quale possono essere fissati ragionevoli limiti ai diritti dei figli nati fuori del matrimonio, non si vede perché quando vi siano figli legittimi e maggiorenni (che, in quanto tali, hanno la capacità di esprimere un valido assenso) la concessione della legittimazione per decreto venga del tutto esclusa e non già solo condizionata al loro assenso. Se il legislatore ha ritenuto che la tutela dei diritti del coniuge sia sufficientemente assicurata condizionando al suo assenso la legittimazione, é- certamente irragionevole che la stessa disciplina non debba valere quando preesistano figli legittimi maggiorenni: la norma in esame viola, per questa parte, l'art. 3 Cost., perché impone una limitazione che non appare strettamente necessaria alla tutela dei membri della famiglia legittima.

5. - Il legislatore può, ovviamente, dare nuova strutturazione e nuova disciplina all'istituto della legittimazione, sempreché siano rispettati i principi sanciti nell'art. 30 della Costituzione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 284, n. 2, del codice civile, nella parte in cui esclude che la legittimazione per decreto del Presidente della Repubblica possa essere concessa quando, esistendo i soggetti ivi indicati, gli stessi siano maggiorenni e abbiano dato il loro assenso.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9luglio 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 17 luglio 1974.