Sentenza n. 212 del 1974
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SENTENZA N. 212

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 497, primo e terzo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 marzo 1973 dal tribunale di Venezia nel procedimento penale a carico di Pipino Vincenzo, iscritta al n. 285 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973.

Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1974 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento penale, in grado di appello, a carico di Vincenzo Pipino, il tribunale di Venezia, con ordinanza 23 marzo 1973, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 497, primo e terzo comma, del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 Cost., essendo risultato che l'imputato si trovava detenuto nella Repubblica federale tedesca quando fu giudicato nel precedente grado, e che il primo giudice, pur essendo a conoscenza di ciò, lo aveva dichiarato contumace, conformandosi alla giurisprudenza, secondo cui la detenzione all'estero non costituisce una ipotesi di mancata comparizione per legittimo impedimento.

Ad avviso del tribunale, sussisterebbero disparità di trattamento rispetto al detenuto in Italia e menomazione del diritto di difesa per essere precluse al detenuto all'estero la nomina di un difensore, la richiesta di un confronto con i testimoni a carico e la partecipazione personale alle ispezioni e agli esperimenti giudiziali. L'art. 27 Cost. sarebbe, a sua volta, violato, in quanto, pur non essendo ictu oculi illegittimo l'impedimento dovuto alla carcerazione all'estero, non é prevista la sospensione del processo penale che si celebra in Italia.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parte, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza in epigrafe, il tribunale di Venezia (in grado di appello) ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 497, primo e terzo comma, del codice di procedura penale - in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione - in quanto, secondo la giurisprudenza, la detenzione all'estero dell'imputato non é legittimo impedimento a comparire all'udienza e, per di più, la prova dell'impedimento é rimessa alla libera ed insindacabile valutazione del giudice.

2. - La questione é fondata limitatamente all'art. 497, primo comma, del codice di procedura penale.

Il legislatore nell'art. 497 cod. proc. pen. non considera lo stato di detenzione dell'imputato come causa di per se impeditiva della comparizione in giudizio, perché questa resta egualmente possibile attraverso il mezzo della traduzione.

Rispetto all'imputato detenuto all'estero, ove non sia ammissibile l'estradizione o questa non sia stata tempestivamente richiesta o accordata, la detenzione si risolve, invece, in realtà, in un impedimento a comparire: impedimento che, tuttavia, secondo l'interpretazione giurisprudenziale, é considerato non legittimo e non importa l'obbligo del giudice di disporre la sospensione o il rinvio del dibattimento.

Tale giurisprudenza si fonda soprattutto sul rilievo che lo stato di detenzione all'estero dipende da un comportamento contra jus, e quindi non legittimo, del soggetto.

Questa essendo l'interpretazione corrente dell'art. 497, primo comma, la disposizione appare in contrasto con l'art. 3 Cost., giacché la detenzione all'estero può concretare un fatto di materiale impossibilità a comparire e non va, pertanto, assunta a ragionevole presupposto di una diversità di trattamento.

La disposizione risultante dall'interpretazione su riferita deve perciò dichiararsi illegittima, restando assorbiti i profili concernenti la violazione degli artt. 24 e 27 della Costituzione.

3. - Quanto al terzo comma dell'art. 497, che é soltanto menzionato nel dispositivo dell'ordinanza, la questione é da ritenere inammissibile, perché nell'ordinanza medesima non vi é alcuna motivazione sulla rilevanza, né sono stati precisati i termini in cui il giudice intende prospettare la questione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara:

a) l'illegittimità costituzionale dell'art. 497, primo comma, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede come legittimo impedimento della comparizione all'udienza la detenzione all'estero;

b) l'inammissibilità, per irrilevanza, della questione di legittimità costituzionale dell'art. 497, terzo comma, dello stesso codice, per quanto riguarda le parole "Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva, né motivo di impugnazione", sollevata dal tribunale di Venezia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 9 luglio 1974.