Sentenza n. 206 del 1974
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SENTENZA N. 206

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 3, 140, 142, 143, dell'intero capo VIII, e delle tabelle allegati n. 4, voce 38, e n. 8 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 1 febbraio 1972 dal tribunale di Genova nel procedimento civile vertente tra Marchetti Agostino e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro ed altro, iscritta al n. 169 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 158 del 21 giugno 1972;

2) ordinanza emessa il 18 dicembre 1972 dal tribunale di Terni nel procedimento civile vertente tra Piersanti Carlo e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, iscritta al n. 26 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 55 del 28 febbraio 1973;

3) ordinanza emessa il 19 ottobre 1972 dal tribunale di Padova nel procedimento civile vertente tra Munegato Angelo e l'INAIL, iscritta al n. 144 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 163 del 27 giugno 1973;

4) ordinanza emessa il 22 novembre 1972 dal tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra Tago Carlo e l'INAIL, iscritta al n. 202 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 13 giugno 1973;

5) ordinanza emessa il 22 giugno 1973 dal tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Bez Francesco e l'INAIL, iscritta al n. 316 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 249 del 26 settembre 1973.

Visti gli atti di costituzione di Marchetti Agostino, Piersanti Carlo, Munegato Angelo, Bez Francesco e dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, nonché l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 15 maggio 1974 il Giudice relatore Guido Astuti;

uditi l'avv. Salvatore Marino, per Marchetti Agostino, gli avvocati Paolo Barile e Franco Agostini per Piersanti Carlo, Munegato Angelo e Bez Francesco, l'avv. Vincenzo Cataldi, per l'INAIL, ed il sostituto Avvocato generale dello Stato Giorgio Zagari, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento civile vertente tra Marchetti Agostino, l'INAIL e la società Metalli- Officine meccaniche navali, il tribunale di Genova ha sollevato, di ufficio, questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 del testo unico sull'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali (d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124) e della tabella allegato 4, voce 38, del medesimo testo unico, in riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, e 38, primo e secondo comma, della Costituzione.

Nell'ordinanza di rinvio si ricorda preliminarmente che secondo la giurisprudenza dei giudici di merito le norme impugnate vanno interpretate nel senso che é esclusa l'indennizzabilità di una sordità da rumori contratta da operaio operante nell'ambiente morbigeno, ma in lavorazione diversa da una di quelle indicate tassativamente dalla tabella, come quella dei fabbri forgiatori. Siffatta disciplina sarebbe in contrasto con l'art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori operanti nello stesso ambiente ed esposti alla stessa causa patogena, con l'art. 35 perché ingiustificatamente limitativa della tutela del lavoro, in una fattispecie in cui la sua prestazione in ambiente patogeno richiederebbe particolare protezione, ed infine con l'art. 38 per la esclusione dell'assistenza sociale in un caso di malattia.

Identica questione di legittimità costituzionale é stata sollevata dal tribunale di Terni nella causa civile vertente tra Piersanti Carlo e l'INAIL, e dal tribunale di Torino nella causa civile vertente tra Tago Carlo e l'INAIL.

Altra questione di legittimità costituzionale é stata sollevata nella causa civile vertente tra Munegato Angelo e l'INAIL dal tribunale di Padova, secondo il quale il contrasto dell'articolo 3 del d.P.R. 1124 del 1965 e della tabella allegato 4 con gli artt. 3, 35 e 38 della Costituzione, si manifesterebbe anche in relazione alle ipotesi in cui la sordità non solo non sia stata contratta a causa e nell'esercizio di una delle lavorazioni indicate nella tabella, ma altresì in un ambiente in cui non vi fossero altre persone addette ad attività comprese nella menzionata tabella, così da non potersi nemmeno ricorrere al concetto del c.d. rischio ambientale.

Infine, nella causa civile vertente tra Bez Francesco e l'INAIL, il tribunale di Bolzano, parzialmente accogliendo l'eccezione proposta dall'attore, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 140, 142 e 143, nonché dell'intero capo VIII e della tabella allegato 8 del d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui limitano le prestazioni alle pneumoconiosi specificamente causate da polveri di biossidio di silicio, in riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione.

Nell'ordinanza di rinvio, dopo aver affermato che l'antracosi e la siderosi presentano piena equivalenza clinica con la silicosi, sicché appaiono potersi considerare come un'unica malattia, diversamente denominata secondo il solo criterio dell'elemento chimico che la origina, si afferma che la limitazione delle prestazioni assistenziali alla sola silicosi, contenuta nella disciplina impugnata, contrasta con l'art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori affetti dalla medesima malattia e, in ogni caso, da malattie che incidono in egual misura, a parità di invalidità, sulla entità del bisogno ed hanno origine comune dalla nocività dell'ambiente di lavoro; con l'art. 4 per la limitazione al principio della libera scelta del lavoro, che resterebbe in concreto pregiudicato dal diverso trattamento nelle assicurazioni sociali, e con il generale diritto del lavoratore a ricevere le prestazioni previste dal capoverso dell'art. 38 della Costituzione.

É intervenuto nel giudizio instauratosi a seguito dell'ordinanza trasmessa dal tribunale di Genova il Presidente del Consiglio dei ministri, affermando, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, l'infondatezza della dedotta questione di legittimità costituzionale.

In tutti i giudizi di legittimità costituzionale si é costituito l'INAIL, affermando la infondatezza delle questioni proposte, sotto il duplice profilo che le malattie professionali protette sono obiettivamente diverse da quelle non protette, e che, in relazione a queste ultime, il lavoratore trova egualmente adeguata assistenza nell'assicurazione malattie presso l'INAM.

Hanno chiesto, viceversa, l'accoglimento delle dedotte questioni di legittimità costituzionale, svolgendo negli atti di costituzione argomenti analoghi a quelli posti a fondamento delle ordinanze di rimessione, Marchetti Agostino, Piersanti Carlo, Munegato Angelo e Bez Francesco.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le cinque ordinanze elencate in epigrafe propongono alcune questioni di legittimità costituzionale concernenti, sotto diversi profili, il vigente sistema di tutela dei lavoratori contro le malattie contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni tassativamente specificate ed elencate dal legislatore nelle tabelle allegate al d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), e per le quali sussista l'obbligo dell'assicurazione ai sensi dell'art. 1. I giudizi possono pertanto essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - Con le prime tre ordinanze, dei tribunali di Genova, Terni e Torino, viene denunziata la illegittimità costituzionale dell'art. 3 del citato testo unico, e della tabella allegato 4, voce n. 38, in riferimento agli artt. 3, 35, primo comma, e 38, primo e secondo comma, della Costituzione. Secondo l'interpretazione già comunemente accolta dalla giurisprudenza e seguita dall'INAIL, la disposizione dell'art. 3, che stabilisce l'obbligatorietà dell'assicurazione per le sole malattie professionali "contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella tabella", e l'elenco tassativo delle lavorazioni indicate al n. 38 della tabella n. 4 come causa di "sordità da rumori", escluderebbero la estensione della tutela assicurativa alle sordità da rumori dei lavoratori operanti bensì in ambiente morbigeno, ma addetti a lavorazioni diverse da quelle previste nella citata tabella, in quanto il legislatore avrebbe inteso coprire soltanto il rischio professionale dei lavoratori personalmente applicati a determinate lavorazioni, e non il cosiddetto rischio ambientale degli altri operai addetti ad attività collaterali, ancorché tenuti a prestare la propria opera nel medesimo ambiente di lavoro. La disposizione dell'art. 3 e la relativa tabella dovrebbero quindi ritenersi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, "perché introducono una ingiustificata disparità di trattamento tra operai operanti nello stesso ambiente ed esposti alla stessa causa patogena"; con l'art. 35, primo comma, della Costituzione, "perché limitano ingiustificatamente la tutela del lavoro, in fattispecie in cui la sua prestazione in ambiente patogeno richiederebbe particolare protezione"; con l'art. 38, primo e secondo comma, "perché escludono l'assistenza sociale in caso di malattia".

3. - Ritiene questa Corte che la disposizione dell'art. 3 del vigente testo unico debba essere diversamente intesa ed interpretata, così come é stato riconosciuto anche dalla Corte di cassazione con recenti decisioni. L'art. 3 non può considerarsi una norma speciale, derogante - quanto all'individuazione dei soggetti esposti al rischio delle malattie professionali - al principio generale del cosiddetto rischio ambientale, desumibile dall'art. 1, quarto, quinto e sesto comma, per cui la tutela assicurativa in materia infortunistica é estesa a tutti i lavoratori esposti al rischio di determinate lavorazioni - comprese tra le "attività protette" à sensi dell'art. 1 -, pur senza essere specificamente e direttamente applicati ad esse. Anche per le malattie professionali il riferimento all'esercizio di speciali lavorazioni deve essere inteso in senso lato, dovendosi ritenere addette all'esercizio stesso, in conformità al disposto dell'art. 1, anche le persone comunque occupate in attività complementari o sussidiarie, nel quadro globale delle prestazioni lavorative organizzate dall'impresa nel medesimo ambiente. Può essere altresì rilevato il carattere specioso dell'obiezione che per il rischio ambientale la tutela assicurativa risulterebbe accordata senza obbligo contributivo, ricordando che per l'art. 12 del citato testo unico il datore di lavoro é tenuto a denunciare le lavorazioni elencate nella tabella allegato 4 ed a fornire tutti gli elementi necessari per la valutazione del rischio e la determinazione del premio, e quindi ad indicare tutti i lavoratori, del resto iscritti nel libro matricola, i quali, per la concreta attività esplicata nell'ambiente in cui si svolgono quelle lavorazioni, sono soggetti al rischio per cui é prevista la tutela assicurativa, e quindi é imposto l'obbligo contributivo.

La suesposta interpretazione dell'art. 3 del vigente testo unico risponde tanto alla formulazione letterale della norma quanto alla ratio cui essa si ispira, nella sua logica connessione con le enunciative di principio sulle "attività protette", contenute nell'art. 1. Di conseguenza, riconosciuta in via generale la tutela assicurativa anche ai lavoratori direttamente esposti al rischio delle lavorazioni elencate in tabella, pur senza essere ad esse specificamente addetti, la questione appare ormai superata e deve dichiararsi infondata.

4. - La quarta ordinanza, del tribunale di Padova, solleva, in riferimento agli artt. 3, 35 e 38 della Costituzione, la questione di costituzionalità dello stesso art. 3 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, in relazione al n. 38 della tabella allegato 4, "nella parte in cui limita la garanzia assicurativa della sordità da rumori ai soli casi in cui detta infermità sia contratta a causa e nell'esercizio di una delle lavorazioni elencate in tabella".

La quinta ordinanza, del tribunale di Bolzano, solleva, in riferimento agli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione, la questione di costituzionalità degli artt. 140, 142 e 143, nonché dell'intero capo VIII e della tabella allegato 8 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella parte in cui limitano la garanzia assicurativa alle sole lavorazioni di materiali "contenenti silice libera o che comunque espongano alla inalazione di polvere di silice libera".

Entrambe le ordinanze contestano, nella sostanza, la legittimità costituzionale del sistema vigente, caratterizzato dalla assicurazione contro le malattie professionali prevista in esclusiva correlazione con determinate lavorazioni ritenute morbigene, tassativamente elencate nelle tabelle, per le quali sussista la tutela obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, a norma dell'art. 1 del testo unico. Nel primo caso, si denuncia la mancanza di tutela assicurativa per la sordità da rumori eventualmente contratta dagli operai addetti alle cave, nelle quali si svolge un'attività rumorosa, con uso di martelli pneumatici, perforatrici e frese; nel secondo caso, si denuncia la mancanza di tutela per la pneumoconiosi causata, anziché dall'inalazione di polveri di silicio, dall'inalazione di polveri di carbonio o di ferro, asserendo che l'antracosi e la siderosi presentano piena equivalenza clinica con la silicosi, tanto da potersi considerare "come un'unica malattia, diversamente denominata secondo il solo criterio dell'elemento chimico che la origina".

Le ordinanze rilevano che il sistema tabellare determina ingiustificate disparità di trattamento tra situazioni sostanzialmente analoghe o identiche, alcune delle quali risultano escluse dalla copertura assicurativa contro le malattie professionali, ancorché appaiano meritevoli di eguale tutela giuridica; e denunciano il contrasto, oltre che con il principio sancito dall'art. 3 della Costituzione, anche con le disposizioni degli artt. 35 e 38, che garantiscono la tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, e riconoscono ai lavoratori il diritto a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio e di malattia, nonché con l'art. 4, per la limitazione al principio della libera scelta del lavoro, che sarebbe in concreto pregiudicato dal diverso trattamento nelle assicurazioni sociali.

5. - A giudizio di questa Corte, punto centrale per una corretta soluzione della grave questione di diritto é l'accertamento della rispondenza del sistema tabellare, adottato dal legislatore italiano per l'assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali, a fornire effettiva ed idonea attuazione del diritto garantito ai lavoratori dal secondo comma dell'articolo 38 della Costituzione.

Al riguardo, occorre preliminarmente osservare che la differenza, quanto all'oggetto dell'assicurazione, tra il regime positivo risultante dall'art. 2 del vigente testo unico per gli infortuni "avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro", e quello stabilito dall'art. 3 per le malattie professionali, "le quali siano contratte nell'esercizio e a causa delle lavorazioni specificate nella tabella allegato n. 4", nonché dall'art. 140 e dalla tabella allegato n. 8 per la silicosi e l'asbestosi, trova un obbiettivo fondamento nella diversità tra l'infortunio, evento di natura violenta, il cui accertamento si collega con immediata evidenza alla semplice occasione di lavoro, e la malattia, che per poter essere qualificata "professionale", ossia come effetto di un rischio di lavoro professionale, richiede l'accertamento di una eziologia tipica, in rapporto alla natura del nesso di causalità, manifestandosi l'insorgenza del morbo spesso a distanza di tempo dal fatto causale.

Questa ragione obbiettiva giustifica la diversità dei requisiti rispettivamente fissati dall'art. 2 e dall'art. 3 per l'individuazione dell'infortunio sul lavoro e della malattia professionale. Per le malattie professionali il sistema della tabella o lista, con specificazione, a carattere tassativo, delle malattie protette mediante elenchi annessi al provvedimento normativo, sistema adottato anche da molte altre legislazioni, giova ad eliminare le ovvie difficoltà - indubbiamente gravi e, a giudizio di alcuni autori, addirittura insuperabili - che presenterebbe per il legislatore il formulare una definizione esauriente della malattia professionale, idonea a consentire, nelle singole fattispecie concrete, il sicuro accertamento dell'origine professionale dei più diversi stati morbosi, con esclusione di eventuali cause estranee alle pregresse attività di lavoro.

Occorre, d'altra parte, considerare che l'adozione del sistema tabellare, con l'elencazione tassativa delle malattie professionali tipiche e delle correlative lavorazioni morbigene, comporta per i lavoratori il fondamentale vantaggio della presunzione legale circa l'eziologia professionale delle malattie contratte nell'esercizio delle lavorazioni morbigene; presunzione per cui, ai fini della tutela assicurativa, é sufficiente l'accertamento dell'esistenza della malattia e del conseguente stato di inabilità, temporanea o permanente, senza che occorra fornire l'ardua prova della sua diretta dipendenza dall'attività professionale.

Si deve pertanto riconoscere che il sistema tabellare costituisce - in linea di massima - una effettiva garanzia per i lavoratori interessati alla copertura del rischio delle malattie professionali, dal momento che l'adozione di un diverso sistema, con il quale fosse genericamente ammessa la tutela assicurativa per le malattie professionali senza specificazione delle malattie stesse e delle lavorazioni considerate patogene, comporterebbe necessariamente un rigoroso onere di prova, a carico degli interessati ed in contraddittorio con l'INAIL, circa la sussistenza del nesso di causalità tra l'attività di lavoro svolta e la manifestazione morbosa di cui si assumesse l'origine e qualificazione come malattia professionale. Un tale sistema offrirebbe alla generalità dei lavoratori, e soprattutto alle categorie impegnate nelle lavorazioni di maggiore pericolosità sotto il profilo morbigeno, e quindi più degli altri meritevoli di tutela, garanzie di gran lunga inferiori rispetto alle attuali, connesse all'automatismo del riconoscimento della causa di lavoro; mentre difficilmente riuscirebbe ad eliminare ogni disparità di trattamento nell'attuazione concreta, sia per le difficoltà di accertamento clinico dell'eziologia ed origine professionale di molte malattie, sia per le difformità di valutazione, sotto il profilo medico come sotto quello giuridico, che potrebbero verificarsi nei singoli casi concreti.

6. - Ritiene la Corte che le suesposte considerazioni consentano di concludere riconoscendo la legittimità costituzionale del vigente sistema tabellare, come strumento idoneo ad attuare il disposto dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione, con le maggiori garanzie per i lavoratori di speditezza di accertamento e quindi anche di certezza giuridica.

Se sotto questo profilo non può ravvisarsi un contrasto con l'art. 38, (e nemmeno con gli artt. 4 e 35 della Costituzione, le cui disposizioni non sembrano direttamente riferibili alla tutela contro le malattie professionali), é peraltro innegabile che il sistema tabellare può comportare, nell'applicazione pratica, eventuali disparità di trattamento dipendenti dalla mancata previsione legislativa di talune malattie o di determinate lavorazioni, con l'effetto della mancata tutela assicurativa per i lavoratori colpiti da malattie simili o addirittura sostanzialmente identiche a quelle elencate nelle tabelle, e comunque incidenti in egual misura, a pari grado di invalidità, sull'entità del bisogno, per quanto egualmente riconducibili, sotto il profilo diagnostico o clinico, alla nocività dell'ambiente di lavoro.

Peraltro esorbita certamente dai poteri di questa Corte la possibilità di esprimere un giudizio tecnico sulla natura morbigena di certe lavorazioni, ovvero sulla identificabilità di certe malattie, non comprese in elenco, come malattie professionali. É ovvio che la Corte non potrebbe sostituirsi al legislatore in una valutazione tecnica ma pur sempre discrezionale, per dichiarare una presunzione di causalità, ai sensi ed effetti dell'art. 3 del vigente testo unico, per singole malattie, o in rapporto a particolari lavorazioni, non comprese in elenco. Sotto questo profilo, appare evidente che non può pervenirsi ad una declaratoria di illegittimità, anche parziale, delle disposizioni dell'art. 3 e degli artt. 140 e seguenti, e relative tabelle, per contrasto con il principio sancito dall'art. 3 della Costituzione, e pertanto la questione deve dichiararsi infondata.

7. - Tuttavia la Corte ritiene di non potersi limitare alla constatazione che il sistema tabellare é suscettibile di perfezionamento mediante la modificazione o integrazione delle voci di tabella, secondo la procedura prevista dallo stesso art. 3 del testo unico, la quale consente anche ai lavoratori di far sentire le proprie istanze di migliore tutela assicurativa mediante l'intervento delle organizzazioni sindacali nazionali di categoria maggiormente rappresentative. Per vero, la garanzia costituzionale richiede l'intervento del legislatore, e non può essere pienamente soddisfatta solo con sporadici interventi integrativi delle tabelle, i quali, per giunta, difficilmente potrebbero assicurare la copertura del rischio proprio nei confronti dei lavoratori colpiti dalle malattie che venissero successivamente riconosciute come professionali.

Di fronte a tale situazione, che presenta aspetti di incontestabile gravità, questa Corte reputa doveroso segnalare al Governo e al Parlamento la opportunità ed urgenza di una soluzione legislativa mista, comprendente sia le tabelle delle tecnopatie protette con l'attuale regime positivo, sia anche la possibilità, riconosciuta a tutti i lavoratori, di provare l'eziologia professionale di una malattia non compresa nelle tabelle, e di ottenere conseguentemente le prestazioni di legge. Questa soluzione é stata sollecitata con una raccomandazione della Commissione della Comunità economica europea del 23 luglio 1962 (Gazzetta Ufficiale CEE, 31 agosto 1962, n. 80), ed é già stata attuata dalla Repubblica federale tedesca con legge 20 aprile 1963, la quale prevede il diritto del lavoratore alle prestazioni assicurative anche per le malattie non comprese nella lista, di cui egli riesca a dimostrare l'origine professionale.

É superfluo aggiungere che l'adozione del sistema misto richiede necessariamente l'intervento del legislatore: trattasi di innovazione la cui attuazione comporta un completo regolamento normativo, sia per quanto concerne la conseguente riforma del sistema contributivo ed assicurativo, sia anche in ordine alla rigorosa disciplina dell'onere di prova dell'origine professionale di malattie non comprese nelle tabelle, indispensabile per evitare ingiustificate ed abusive pretese di speciali prestazioni assicurative per malattie non imputabili con sicurezza all'attività lavorativa professionale come causa morbigena, e soggette invece alla normale assicurazione malattie (cfr. art. 5 legge 11 gennaio 1943, n. 138).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 e della tabella allegato 4, voce n. 38, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata con le ordinanze dei tribunali di Genova, Terni e Torino indicate in epigrafe, in riferimento agli artt.3, 35, primo comma, e 38, primo e secondo comma, della Costituzione;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 3, in relazione alla tabella allegato 4, voce n. 38, e degli artt. 140, 142, 143, in relazione alla tabella allegato 8, nonché dell'intero capo VIII dello stesso d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, sollevate con le ordinanze dei tribunali di Padova e Bolzano indicate in epigrafe, in riferimento agli articoli 3, 4 e 38 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1974.