SENTENZA N. 198
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 387 (rectius 399) del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'8 ottobre 1971 dal pretore di Pietrasanta nel procedimento nei confronti di Giuliotti Adolfo per il ricupero delle spese processuali anticipate dallo Stato, iscritta al n. 33 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 dell'8 marzo 1972.
Udito nella camera di consiglio del 16 maggio 1974 il Giudice relatore Giuseppe Verzì.
Ritenuto in fatto
Procedendosi nei confronti di Giuliotti Adolfo, querelante, al ricupero delle spese processuali anticipate dallo Stato - il giudizio conseguito alla querela essendosi concluso con una sentenza di assoluzione "perché il fatto non costituisce reato" - il Giuliotti ha eccepito di non essere tenuto a rimborsare tali spese avendo presentato a suo tempo un esposto e non già una querela ed ha chiesto al pretore di Pietrasanta di eliminare da detta sentenza la relativa condanna inflittagli, applicando la procedura prevista per la correzione degli errori materiali di cui all'art. 149 del codice di procedura penale.
Il pretore, con ordinanza 8 ottobre 1971, ribadito che nella specie é invece a ritenersi che la querela vi sia stata, fa tuttavia presente che ove essa fosse mancata, non sarebbe possibile, per aderire alla richiesta - in tal caso fondata del Giuliotti - fare ricorso alla accennata procedura, dovendosi modificare la sentenza nella sua essenza: anziché al proscioglimento "perché il fatto non costituisce reato", con la conseguente condanna del querelante alle spese (art. 382 codice procedura penale), dovrebbe farsi luogo al proscioglimento (rectius: non doversi procedere) per mancanza di querela, che non comporta alcuna condanna.
Ciò posto ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 387 del codice di procedura penale in riferimento all'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione.
Avanti questa Corte non vi é stata costituzione di parti, né intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
Il pretore di Pietrasanta ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 387 cod. proc. pen., in riferimento all'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non consente al querelante condannato al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato il ricorso per cassazione previsto dall'art. 111, secondo comma, della Costituzione.
La questione, sollevata per puro errore dal giudice a quo, é manifestamente infondata.
In primo luogo il pretore ha denunziato l'art. 387 cod. proc. pen. che riguarda l'impugnazione della sentenza con la quale il giudice istruttore ha dichiarato non doversi procedere; mentre, nella fattispecie la norma applicabile era quella dell'art. 399 cod. proc. pen. che disciplina l'impugnazione delle sentenze istruttorie di proscioglimento pronunziate dal pretore.
In secondo luogo il detto pretore ritiene che non sussista alcuno strumento che consenta la difesa al querelante che ha subito la su indicata condanna, in quanto non é applicabile la procedura per la correzione dell'errore materiale, non é consentita la riapertura dell'istruttoria, e non é ammissibile il ricorso per cassazione previsto dall'art. 111, secondo comma, della Costituzione. Però, nel fare siffatte considerazioni, il giudice a quo, non ha tenuto presente il terzo comma dell'art. 382 cod. proc. pen. così come modificato dalla legge 18 giugno 1955, n. 517. Esso infatti stabilisce che il querelante condannato alle spese con sentenza di proscioglimento "ha diritto di proporre l'impugnazione a norma dell'art. 202" (impugnazione per i soli interessi civili). E, "se la sentenza non é impugnabile, il querelante può proporre soltanto ricorso per cassazione".
Ond'é che, nella fattispecie, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo, é pienamente assicurata la tutela del diritto di difesa del querelante su indicato.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 387 del codice di procedura penale (rectius art. 399), sollevata in riferimento all'art. 24, primo e secondo comma, della Costituzione con l'ordinanza 8 ottobre 1971 del pretore di Pietrasanta.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 4 luglio 1974.