SENTENZA N. 147
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale del paragrafo XVII dell'appendice n. 1 al Regolamento generale dell'Arma dei carabinieri, approvato con r.d. 24 dicembre 1911, promosso con ordinanza emessa il 10 aprile 1973 dal pretore di Mirandola nel procedimento penale a carico di Mastini Claudio, iscritta al n. 326 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 249 del 26 settembre 1973.
Udito nella camera di consiglio del 4 aprile 1974 i1 Giudice relatore Luigi Oggioni.
Ritenuto in fatto
Il pretore di Mirandola nel procedimento penale a carico di Mastini Claudio, imputato detenuto, chiamato a rispondere di contravvenzione a foglio di via obbligatorio, ha ritenuto di sollevare con ordinanza dibattimentale 10 aprile 1973 questione di legittimità costituzionale di alcune norme, concernenti l'applicazione dei "ferri di sicurezza" ai detenuti in traduzione, contenute nel paragrafo XVII dell'appendice n. 1 al Regolamento generale dell'Arma dei carabinieri, approvato con r.d. 24 dicembre 1911, norme che, a dire del menzionato pretore, contrasterebbero con gli artt. 3, 13 e 27 della Costituzione.
Secondo il giudice a quo, il regolamento impugnato avrebbe anzitutto forza di legge, essendo la materia ivi trattata attinente all'organizzazione ed al funzionamento della pubblica Amministrazione, materia che sarebbe sempre stata di competenza legislativa, salvo quanto disposto dall'art. 1, n. 3, della legge 31 gennaio 1926, n. 100, ed in conformità dell'art. 97 Cost., a norma del quale "i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge".
Nel merito il giudice a quo afferma che il citato paragrafo XVII del Regolamento generale, prevedendo inderogabilmente l'applicazione dei "ferri" a tutti i detenuti in traduzione, offenderebbe la dignità dell'uomo e comporterebbe l'inflizione di tale offesa anche ai detenuti poi riconosciuti innocenti, ponendosi così in contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione. La detta indiscriminata disposizione, poi, imponendo l'applicazione dei "ferri" anche ai detenuti prosciolti, per ricondurli in carcere ai fini dello espletamento delle formalità di rilascio, comporterebbe la violazione della libertà personale e si porrebbe quindi in contrasto con gli artt. 3 e 13 della Costituzione.
Inoltre, l'esenzione delle donne dall'applicazione dei "ferri" concreterebbe una ingiusta discriminazione a danno dei detenuti di sesso maschile, e contrasterebbe quindi con il principio di eguaglianza.
Sul punto della rilevanza, il pretore, tutto ciò premesso, osserva che le operazioni di applicazione dei "ferri" agli imputati debbono necessariamente svolgersi davanti al giudice in dibattimento, ed afferma testualmente che le operazioni stesse, per la loro illustrata natura "discriminatoria", "medioevale e non propriamente degna di un popolo civile, turberebbero profondamente la sensibilità di questo giudice così da impedirgli di rendere sereno giudizio".
Non é intervenuta alcuna costituzione di parti.
Considerato in diritto
Il giudice a quo lamenta l'illegittimità di alcune norme del Regolamento generale dell'Arma dei carabinieri approvato con r.d. 24 dicembre 1911, che disciplinano l'uso dei ferri di sicurezza nelle traduzioni degli imputati detenuti.
La questione é stata sollevata nel corso di un procedimento a carico di Mastini Claudio, detenuto, imputato di contravvenzione a foglio di via obbligatorio, ed é pregiudiziale il controllo della rilevanza della questione suddetta, ben potendosi esercitare il sindacato della Corte costituzionale al riguardo, qualora, come nella specie, debba prima facie escludersi la sussistenza della rilevanza stessa.
Il giudice a quo invero, nel motivare sul punto, ha fatto riferimento all'effetto psicologico che le operazioni di applicazione dei ferri di sicurezza produrrebbero su esso giudicante, al punto da impedirgli di pronunziarsi serenamente sul merito del procedimento penale in corso.
Ora, é appena il caso di notare che il nesso di pregiudizialità richiesto ai fini di rendere rilevante la questione, secondo la costante giurisprudenza della Corte, deve consistere in un rapporto di strumentalità necessaria fra la risoluzione della questione di legittimità costituzionale e la decisione del giudizio principale, nel senso che questo ultimo non possa essere definito indipendentemente dalla decisione della detta questione. Ma é di tutta evidenza che, nella specie, un nesso consimile é insussistente, non potendosi ovviamente qualificare per tale una soggettiva situazione psicologica come quella allegata dal giudicante che, oltre tutto, deriva da norme assolutamente estranee all'oggetto del processo principale.
Ond'é che la questione deve essere dichiarata inammissibile per manifesta irrilevanza.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile per manifesta irrilevanza la questione di legittimità costituzionale del paragrafo XVII dell'appendice n. 1 al Regolamento generale dell'Arma dei carabinieri, approvato con r.d. 24 dicembre 1911, sollevata dal pretore di Mirandola con ordinanza 10 aprile 1973, in riferimento agli artt. 3, 13 e 27 della Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 maggio 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 22 maggio 1974.