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SENTENZA N. 131
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 104 e 128 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 (Stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri), promossi con due ordinanze emesse il 17 novembre 1972 dal Consiglio di Stato - sezione V - sui ricorsi di Sedda Maria contro gli Spedali riuniti di Livorno, iscritte ai nn. 204 e 205 del registro ordinanze 1973 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 191 del 25 luglio 1973 e n. 198 del 14 agosto 1973.
Visto l'atto di costituzione di Sedda Maria;
udito nell'udienza pubblica del 6 marzo 1974 il Giudice relatore Vezio Crisafulli;
udito l'avv. Roberto Lucifredi, per Sedda Maria.
Ritenuto in fatto
1. - Con due ordinanze di contenuto pressoché identico emesse il 17 novembre 1972, nel corso di altrettanti procedimenti promossi su ricorso della sig.na Sedda Maria contro gli Spedali riuniti di Livorno, il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale - sezione V - ha sollevato questione di legittimità, in riferimento agli artt. 76, 3, 4 e 97 della Costituzione, degli artt. 104 e 128 della legge delegata emanata, in materia di stato giuridico dei dipendenti degli enti ospedalieri, con d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, "nella parte in cui tali norme escludono che in via transitoria i posti della carriera direttiva nel personale amministrativo degli ospedali possano essere assegnati mediante concorsi (e in particolare mediante concorsi interni) al personale di detta carriera fornito dei requisiti previsti dalla normativa vigente al momento dell'entrata in vigore del suddetto d.P.R. e ancorché sprovvisto del requisito del diploma di laurea prescritto dal medesimo decreto presidenziale.
Vi sarebbe, infatti, secondo l'ordinanza, violazione della legge di delegazione 12 febbraio 1968, n. 132, e specificamente del principio direttivo ivi fissato all'art. 42, cpv., secondo il quale "in ogni caso dovranno essere riconosciute le posizioni giuridiche ed economiche acquisite dal personale già in servizio", posto che tale principio sarebbe stato inteso dallo stesso legislatore delegato nel senso più ampio, come comprensivo cioè anche delle possibilità di progressione in carriera già maturate, per quanto riguarda la disciplina transitoria relativa alle varie carriere diverse da quella direttiva. Per analoghe considerazioni l'omesso riconoscimento a questi fini di posizioni acquisite nel corso di precedenti anni di servizio dovrebbe, inoltre, ritenersi lesivo del diritto costituzionale al lavoro secondo le proprie possibilità e la propria scelta, nell'ambito dell'organizzazione prevista dalla legge. Ma soprattutto il trattamento sfavorevole che ne risulta per il personale della carriera direttiva rispetto a quello delle carriere inferiori ed allo stesso personale sanitario degli ospedali sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza, in quanto non sorretto da idonea giustificazione. Un ultimo profilo concerne poi la inosservanza dei principi di imparzialità e di buon andamento della attività amministrativa, nella misura in cui la deviazione da tali principi possa direttamente imputarsi alle norme censurate anziché a comportamenti concretamente posti in essere dall'Amministrazione nell'esercizio dei suoi usuali poteri di auto-organizzazione.
2. - La ricorrente, costituitasi con deduzioni depositate il 4 giugno, svolge con ulteriori argomenti i profili di illegittimità già prospettati nell'ordinanza di rinvio e conclude chiedendo una pronuncia di incostituzionalità delle norme denunciate.
Alla pubblica udienza, la difesa della parte privata ha insistito nelle già prese conclusioni.
Considerato in diritto
1. - I giudizi promossi con le due ordinanze del Consiglio di Stato hanno ad oggetto un'unica questione e vanno perciò decisi congiuntamente.
2. - Le ordinanze denunciano il combinato disposto degli artt. 104 e 128 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, emanato in base a delega contenuta nella legge di riforma ospedaliera 12 febbraio 1968, n. 132, nella parte in cui escludono che, in linea transitoria, i posti della carriera direttiva del personale amministrativo degli ospedali possano venire assegnati mediante concorsi (in particolare, concorsi interni) agli impiegati in possesso dei requisiti previsti dalla normativa anteriore, ancorché sfornito del titolo di studio (diploma di laurea) ora prescritto dal detto decreto presidenziale. Poiché dal titolo di studio si prescinde per il personale della carriera esecutiva, mentre per quello amministrativo di tutte le carriere, salvo che della carriera direttiva, sono istituiti appositi concorsi interni riservati, risulterebbero violati l'art. 76, in relazione all'art. 3, nonché (marginalmente e nello sfondo) gli artt. 4 e 97 della Costituzione.
3. - La questione, nei termini, testé riassunti, in cui viene proposta, non é fondata.
É da rilevare preliminarmente che la materia dei titoli di studio necessari per l'accesso alle varie carriere del personale amministrativo dei nuovi enti ospedalieri risulta regolata per intero, anche quanto al loro assetto definitivo, dal decreto presidenziale del 1969, che, con riferimento al solo personale della carriera esecutiva, si limita peraltro a rinviare ai singoli regolamenti degli enti medesimi (artt. 109 e 124). E dunque, poiché la legge di delega non si occupa espressamente dell'argomento né contiene in proposito disposizioni aventi più limitato riguardo a speciali regimi da adottare in sede di prima attuazione del nuovo ordinamento, la particolare disciplina dettata, in linea transitoria, dal decreto presidenziale, derogando al requisito del titolo di studio per il personale della carriera esecutiva, non può dirsi contrastare con la legge medesima e quindi con l'art. 76 della Costituzione.
Né l'obbligo di estendere quella deroga alle altre categorie del personale amministrativo potrebbe trarsi dall'ultimo comma dell'art. 42 della legge, prescrivente il riconoscimento "in ogni caso" delle "posizioni giuridiche ed economiche" del personale già in servizio, non rientrando tra queste, secondo costante giurisprudenza, le mere aspettative dei pubblici dipendenti, quali possono essere, come nel caso, le più o meno fondate speranze che gli stessi, in base ai precedenti ordinamenti, fossero autorizzati a nutrire quanto ai futuri sviluppi delle rispettive carriere. Che tale sia il proprio significato tecnico della formula usata nell'art. 42 e di quella, strettamente analoga, dell'art. 59 (con riguardo alla particolare ipotesi del trasferimento agli enti ospedalieri del personale precedentemente addetto ad ospedali di enti pubblici perseguenti anche finalità diverse dall'assistenza ospedaliera), é confermato, d'altronde, dalla circostanza che, quando, nella più recente legislazione, si é voluto assicurare agli impiegati anche il mantenimento delle semplici possibilità di carriera ad essi derivanti dalle norme anteriori, lo si é detto espressamente, adoperando locuzioni dalle quali risulta senza possibilità di dubbio trattarsi di un di più rispetto alle posizioni qualificanti ormai il loro stato giuridico ed economico. Così, ad esempio, l'art. 16 della legge 18 marzo 1968, n. 249, contenente la delega al Governo per il riordinamento dell'amministrazione dello Stato, nel testo modificato dall'art. 12 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, nella lett. i, stabilisce che le norme transitorie garantiscano ai funzionari già in servizio, oltre alla "conservazione dei trattamenti economici e delle posizioni giuridiche conseguite", anche "le attuali possibilità di carriera previste dalle norme in vigore e dalle attuali dotazioni organiche".
La deroga al titolo di studio, in favore del solo personale della carriera esecutiva, non contrasta, d'altro lato, con il principio di eguaglianza, stante la radicale diversità di mansioni tra detto personale (costituito, a norma dell'art. 39 della legge, "dai portantini, dal personale di cucina, pulizia, custodia e degli altri servizi similari" e collocato al livello iniziale dell'organizzazione amministrativa degli enti ospedalieri) e quello delle altre carriere, e segnatamente, per quanto ora interessa, di quella direttiva; ed in considerazione altresì del fatto che, nei riguardi del primo, l'art. 128, primo comma, del decreto presidenziale non ha di mira promozioni o progressioni di carriera, ma l'immissione nei ruoli degli enti medesimi che é cosa diversa. Né argomenti in contrario senso sono desumibili dalla disposizione dell'art. 126 del decreto in oggetto, che ammette i sanitari di ruolo o dichiarati idonei a partecipare direttamente ai concorsi di assunzione presso ospedali di categoria pari od inferiore prescindendo dal requisito della speciale idoneità (secondo le ipotesi: nazionale o regionale), prescritto, di norma, dall'art. 43 della legge per l'accesso a detti concorsi: sia perché l'analogia tra titolo di studio e conseguita idoneità (che é titolo, per dir così, ulteriore ed aggiuntivo) é alquanto remota, sia perché la disposizione ora menzionata é rivolta ad attuare un esplicito principio direttivo, contenuto nel medesimo art. 43 e che non trova riscontro, come si é osservato, in alcun'altra disposizione della legge n. 132.
4. - Anche quanto al secondo profilo di illegittimità costituzionale, per il diverso trattamento fatto per l'accesso ai posti della carriera direttiva rispetto a quelli delle altre carriere, profilo che le ordinanze prospettano per inciso e quasi in linea subordinata (probabilmente perché, di per sé sola, la questione sarebbe stata, nella specie, irrilevante), valgono considerazioni analoghe a quelle sopra esposte, sia in ordine alla assenza nella legge di delega di specifici principi e criteri direttivi sull'argomento dei concorsi (aperti ovvero interni o riservati); sia quanto al proprio significato tecnico dell'ultimo comma dell'art. 42 (così come dell'art. 59, a sua volta anch'esso rammentato).
In altri termini, stabilendo, in sede di prima attuazione del nuovo ordinamento, che i posti di ruolo disponibili nelle varie carriere amministrative (ad eccezione di quella direttiva) siano assegnati attraverso concorsi interni, il legislatore delegato non tanto ha inteso dare attuazione a principi della legge di delega, cui fosse vincolato a conformarsi, quanto semplicemente si é avvalso di una facoltà discrezionale, nel quadro dei principi generali sul pubblico impiego richiamati dall'art. 42, n. 2, della legge stessa ed in armonia con criteri abitualmente seguiti nella prassi legislativa ed amministrativa nei casi di trasferimento di personale ad enti di nuova creazione o di riordinamento dell'assetto organizzativo di enti già operanti. Ciò che risulta confermato ulteriormente dallo stesso art. 128, secondo comma, del decreto presidenziale, che, per le "modalità" di espletamento dei concorsi interni, richiama, oltre alle disposizioni in esso contenute, quelle stabilite "nei regolamenti dei singoli enti"; e non - come avrebbe fatto, ove si fosse trattato di riconoscere aspettative di carriera - le modalità già previste dai regolamenti degli ospedali, in vigore anteriormente alla istituzione degli enti ospedalieri.
Così stando le cose, é chiaro che, a maggior ragione ancora, il legislatore delegato non aveva alcun obbligo di estendere la facilitazione della riserva di concorsi interni, disposta per l'accesso ai posti delle carriere inferiori, alla diversa ipotesi dell'accesso a posti della carriera direttiva.
Nemmeno é configurabile violazione dell'art. 3 Cost., sia perché la qualità delle attribuzioni esplicate dai funzionari della carriera direttiva impone che la selezione ne avvenga nei modi più rigorosi, nel preminente interesse dell'amministrazione; sia perché, allorché, come nel caso degli enti ospedalieri, i posti direttivi da coprire sono, per la struttura stessa degli enti, in numero estremamente limitato (quando pure non si riducano ad uno solo) ed altrettanto e corrispondentemente limitato é il numero dei possibili aspiranti (fino a ridursi a quel solo funzionario che già ne esercitasse, a titolo di incarico, le funzioni), un concorso interno finirebbe per non assolvere più alle ben note esigenze di scelta e valutazione comparativa entro un'ampia cerchia di candidati, che stanno alla base dell'istituto del pubblico concorso.
5. - Quanto si é venuto dicendo fin qui persuade al tempo stesso che il combinato disposto degli artt. 104 e 128 del d.P.R. n. 130 del 1969, laddove, in sede di prima attuazione dell'ordinamento degli enti ospedalieri, tiene fermi, per la carriera direttiva del personale amministrativo, il requisito del titolo di studio e la prescrizione del pubblico concorso, non contrasta nemmeno con l'art. 97 Cost. (tendendo, anzi, nella formazione dei ruoli organici secondo le varie necessità del servizio, a dare soddisfazione all'esigenza del buon andamento della amministrazione), né con il principio, risultante per implicito dal secondo comma dell'art. 4 Cost., della libera scelta del lavoro, che deve ritenersi inconferente nella specie e che, del resto, le ordinanze richiamano solo marginalmente e dubitativamente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 104 e 128 del d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130 (sullo stato giuridico dei dipendenti ospedalieri), sollevata in riferimento agli artt. 76, 3, 97 e 4 della Costituzione, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 15 maggio 1974.