Sentenza n. 100 del 1974
 CONSULTA ONLINE 


 

SENTENZA N. 100

ANNO 1974

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Giuseppe VERZÌ

Avv. Giovanni Battista BENEDETTI

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE   

Prof. Paolo ROSSI     

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12 del r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324 (che modifica il r.d.l. 9 novembre 1919, n. 2239, nella parte riguardante la Cassa nazionale del notariato, e ne coordina le disposizioni con l'articolo unico della legge 7 aprile 1921, n. 349), convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473, promosso con ordinanza emessa l'11 novembre 1971 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Zito Elia Vincenzo, iscritta al n. 3 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50 del 23 febbraio 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 20 febbraio 1974 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel procedimento penale a carico del notaio Elia Vincenzo Zito il giudice istruttore presso il tribunale di Milano, con decreto del 23 dicembre 1970, ordinava il sequestro, nella misura di un quinto, delle indennità spettanti al detto notaio all'atto della cessazione delle funzioni notarili e giacenti presso la Cassa nazionale del notariato in Roma.

Avendo la Cassa nazionale del notariato proposto opposizione, in forza dell'art. 618 del codice di procedura penale, perché fosse accertata l'impignorabilità e insequestrabilità della indennità di cessazione, il tribunale di Milano, ritenuto che tale indennità "é un assegno nel senso delineato dall'art. 12 del r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324, convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473" e tuttora in vigore, ed é per ciò non cedibile né soggetta a sequestro o pignoramento, sollevava la questione di legittimità costituzionale del citato art. 12 del r.d.l. n. 1324 del 1923, in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione.

Rilevava il giudice a quo che relativamente ad altre categorie di lavoratori e cioè ai dipendenti delle amministrazioni dello Stato, agli avvocati e procuratori, ai geometri ed ai lavoratori subordinati, gli emolumenti per cessazione di lavoro sono soggetti a ben diversa disciplina, rispettivamente prevista nel d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, e relativo regolamento di esecuzione, nella legge 8 gennaio 1952, n. 6, nella legge 24 ottobre 1955, n. 990, e nell'art. 545 del codice di procedura civile.

E da ciò deduceva che, pur trovandosi i notai e le altre categorie di lavoratori sostanzialmente in condizioni di fatto identiche, la norma denunciata stabilisce "un trattamento di privilegio generale a favore dei notai", in violazione del principio secondo cui tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge senza distinzione di condizioni personali o sociali.

2. - Davanti a questa Corte non si costituiva alcuna delle parti. Spiegava invece intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato.

La questione, ad avviso del Presidente del Consiglio, si presta ad essere esaminata sotto due profili. Sotto un primo profilo, mettendosi a raffronto la disciplina dettata per i notai e quella vigente per i dipendenti pubblici, gli avvocati e procuratori ed i geometri, la decisione della questione di legittimità costituzionale non avrebbe alcuna rilevanza ai fini della soluzione della controversia: ed infatti, qualora per i notai fosse in vigore una disposizione analoga a quella contenuta nell'art. 2 del d.P.R. n. 180 del 1950 (richiamato dall'art. 33 dello Statuto degli impiegati civili dello Stato), nell'art. 47 della legge n. 6 del 1952 e nell'art. 37 della legge n. 990 del 1955, l'opposizione della Cassa del notariato dovrebbe essere ugualmente accolta.

Sotto un secondo profilo, quello della messa a raffronto della normativa relativa ai notai e del disposto dell'art. 545 del codice di procedura civile, la questione sarebbe non fondata sembrando "contrario a qualsiasi criterio logico porre sullo stesso piano, ai fini della valutazione del rispetto del principio di uguaglianza, dei liberi professionisti, quali sono i notai, e i dipendenti privati".

 

Considerato in diritto

 

1. - Il tribunale di Milano, con ordinanza dell'11 novembre 1971, prospetta il dubbio che sia costituzionalmente illegittima, in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione, la norma dell'art. 12 del r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324 (che modifica il r.d.l. 9 novembre 1919, n. 2239, nella parte riguardante la Cassa nazionale del notariato, e ne coordina le disposizioni con l'articolo unico della legge 7 aprile 1921, n. 349), in quanto stabilisce un trattamento di privilegio generale a favore dei notai nei confronti di altre categorie di lavoratori che si trovano (sostanzialmente) in condizioni di fatto identiche a quelle dei notai (d.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, e relativo regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. 28 luglio 1950, n. 895; legge 8 gennaio 1952, n. 6; legge 24 ottobre 1955, n. 990, e art. 545 del codice di procedura civile).

2. - Chiamato a pronunciarsi sull'assoggettabilità a sequestro conservativo penale delle somme dovute, a titolo di indennità di cessazione dall'esercizio delle funzioni, dalla Cassa nazionale del notariato ad un notaio sottoposto a procedimento penale, il giudice a quo, a proposito del citato art. 12 del r.d.l. n. 1324 del 1923 (per cui "le quote d'integrazione, nonché le pensioni e gli assegni sui fondi della Cassa nazionale del notariato non sono cedibili né soggetti a sequestro o pignoramento"), ritiene che la norma, nella parte in cui dichiara non soggetti a sequestro gli assegni (e tra questi rientrerebbe l'indennità di cessazione dalle funzioni), ponga ingiustificatamente, in violazione del principio di eguaglianza, i notai in una situazione giuridica più favorevole di quella riconosciuta dalle sopra citate norme di legge rispettivamente ai dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, agli avvocati e procuratori, ai geometri ed ai lavoratori subordinati.

La Corte é a tal riguardo di contrario avviso.

Ritiene che con la denuncia si tenda ad una declaratoria di parziale illegittimità costituzionale del ripetuto art. 12 del r.d.l. 1324 del 1923 e probabilmente all'affermazione della sequestrabilità dei detti "assegni" nella misura di un quinto a garanzia di crediti diversi da quelli per causa di alimenti o per tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni;

che il d.P.R. n. 180 del 1950, con il relativo regolamento d'esecuzione, a cui rinviano l'art. 47 della legge n. 6 del 1952 (per gli avvocati e procuratori) e l'art. 37 della legge n. 990 del 1955 (per i geometri), non prevede per i dipendenti dalle pubbliche amministrazioni, e sul punto in questione, una disciplina differenziata nei confronti di quella dettata per i notai, per ciò che per i crediti, soggettivamente ed oggettivamente considerati, per cui é consentito il sequestro conservativo penale, non sono sequestrabili gli stipendi, i salari e le pensioni dei dipendenti dalle pubbliche amministrazioni;

e che invero codesta possibilità di sequestro nella misura di un quinto sussiste, per il rinvio contenuto nell'ultimo inciso dell'art. 671 del codice di procedura civile e per l'applicabilità di codesta norma anche all'ipotesi di sequestro conservativo penale, a garanzia di qualsiasi credito e sopra le somme dovute per le causali indicate nel terzo comma dell'art. 545 del codice di procedura civile.

Per ciò, la Corte considera priva di base la prospettata violazione del principio di eguaglianza a proposito della normativa dettata per i notai, messa a raffronto con quella valida per i dipendenti dalle pubbliche amministrazioni (ed anche per gli avvocati e procuratori, e per i geometri) e relativa alla sequestrabilità delle somme ad essi dovute a titolo lato sensu retributivo, valutata in relazione alla controversia. E a proposito della differenza che é dato di rilevare tra la norma denunciata e l'art. 545 del codice di procedura civile, reputa non sussistente una arbitraria o ingiustificata disparità di trattamento, sembrando - siccome é osservato dall'Avvocatura generale dello Stato - "contrario a qualsiasi criterio logico porre sullo stesso piano, ai fini della valutazione del principio di eguaglianza, dei liberi professionisti, quali sono i notai, e i dipendenti privati".

La questione come sopra sollevata deve pertanto dirsi non fondata.

A tale conclusione si perviene soprattutto argomentando dalla discrezionalità del legislatore nella specifica materia, della pignorabilità e sequestrabilità dei beni del debitore, e dalla non irrazionalità delle scelte da lui fatte.

Ma si avverte il bisogno che ad essa si accompagni l'auspicio che nella debita sede la disciplina legislativa di quella materia, che, considerata nel suo insieme, si presenta composita e variamente articolata, sia resa intimamente più coerente e venga armonizzata nel rispetto e con il contemperamento, per altro, degli interessi generali e delle esigenze proprie dei singoli campi di applicazione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 12 del r.d.l. 27 maggio 1923, n. 1324 (che modifica il r.d.l. 9 novembre 19l9, n. 2239, nella parte riguardante la Cassa nazionale del notariato, e ne coordina le disposizioni con l'articolo unico della legge 7 aprile 1921, n. 349), convertito nella legge 17 aprile 1925, n. 473, questione sollevata, in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione, dal tribunale di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 aprile 1974.

 

Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 18 aprile 1974.