SENTENZA N. 63
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21, secondo comma, del d.P.R. 21 aprile 1965, n. 373 (Conglobamento dell'assegno temporaneo negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in rapplicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268), promosso con ordinanza emessa il 20 marzo 1971 dal pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Giambarresi Francesco e la ditta Gorla Alberto, iscritta al n. 253 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 15 settembre 1971.
Visti gli atti di costituzione di Giambarresi Francesco e della ditta Gorla Alberto;
udito nell'udienza pubblica del 9 gennaio 1974 il Giudice relatore Enzo Capalozza;
uditi gli avvocati Massimo Medina e Giacomo Antonelli, per la ditta Gorla Alberto.
Ritenuto in fatto
1. - Francesco Giambarresi chiamava in giudizio, dinanzi al pretore di Genova, la ditta Alberto Gorla - impresa appaltatrice di servizi ed opere per conto dell'Azienda delle ferrovie dello Stato - alle cui dipendenze aveva lavorato percependo l'assegno temporaneo di cui alla legge 6 febbraio 1963, n. 45, e ne chiedeva la condanna al pagamento in suo favore di lire 57.877, per non essere stato conteggiato l'assegno nella gratifica natalizia, nelle ferie, nelle festività e nell'indennità di anzianità.
Il pretore osserva che la citata legge n. 45 del 1963, attribuendo l'assegno suddetto anche al personale dell'Azienda delle ferrovie dello Stato, aveva escluso che fosse computato in qualsiasi altro emolumento. Successivamente, il d.P.R. 21 aprile 1965, n. 373, lo aveva conglobato nella retribuzione del personale statale, statuendo che la nuova misura di esso avesse, fra l'altro, effetto su tutte le indennità commisurate a tale retribuzione.
Invece, per i dipendenti delle imprese appaltatrici di servizi ed opere per conto della ridetta azienda - sebbene il legislatore (artt. 3 e 8 legge 23 ottobre 1960, n. 1369; art. 2 d.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192) avesse in precedenza riconosciuto alle due categorie di dipendenti il diritto al medesimo trattamento economico e normativo - l'art. 21 del d.P.R. n. 373 aveva confermato l'esclusione dell'assegno dalla determinazione dei vari "istituti contrattuali".
Ciò premesso, il pretore, con ordinanza del 20 marzo 1971, sollevava, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della norma ora indicata, nella parte in cui richiama l'ultimo comma dell'art. 3 della legge n. 45 del 1963.
Dinanzi a questa Corte si sono ritualmente costituite le parti del giudizio a quo.
La difesa del Giambarresi, nel chiedere che, in riferimento all'art. 3 Cost. (oltreché - aggiunge - all'art. 36 che é, però, estraneo all'ordinanza), la disposizione sia dichiarata illegittima, richiama anche la giurisprudenza di questa Corte sul principio di eguaglianza ed afferma che, rispetto ai dipendenti delle imprese appaltatrici dei servizi ed opere dell'Azienda delle ferrovie dello Stato, non solo i dipendenti statali, ma pure quelli dei corrispondenti settori privati avrebbero un trattamento economico e normativo più favorevole, in quanto ogni elemento della loro retribuzione sarebbe posto a base del calcolo delle altre indennità.
La difesa della ditta Gorla chiede che la questione sia dichiarata non fondata. Al riguardo prospetta le differenze fra la categoria dei dipendenti dell'Azienda delle ferrovie statali e quella dei dipendenti delle imprese appaltatrici; precisa che a favore di questi ultimi il legislatore avrebbe voluto un trattamento economico non inferiore solo nel minimo a quello dei dipendenti delle amministrazioni allorché vi sia piena corrispondenza di mansioni, e fa presente, infine, che l'assegno temporaneo é stato soppresso dall'art. 19 del d.P.R. del 1965 per il personale statale e, per quello delle imprese appaltatrici conservato con le caratteristiche sue proprie.
Con memoria depositata il 27 dicembre 1973, la difesa della ditta insiste nelle sue conclusioni e prospetta anche l'inammissibilità e l'irrilevanza della questione, deducendo che la norma denunziata non poteva modificare la situazione giuridica dei dipendenti delle imprese private, senza oltrepassare i limiti della legge di delegazione, attinente esclusivamente al trattamento economico del personale di pubblica Amministrazione, e che neppure questa Corte potrebbe, sostituendosi al legislatore, considerare conglobato nella retribuzione l'assegno temporaneo dei dipendenti delle aziende private.
Considerato in diritto
1. - É stato denunziato a questa Corte l'art. 21, secondo comma, del d.P.R. 21 aprile 1965, n. 373, nella parte in cui richiama l'ultimo comma dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1963, n. 45, disposizione che esclude l'assegno temporaneo, introdotto dalla stessa legge, dalla determinazione dei vari istituti contrattuali dei dipendenti delle imprese appaltatrici di servizi ed opere per conto dell'Azienda delle ferrovie dello Stato.
Si assume che, con tale richiamo, sia stato violato il principio di eguaglianza per disparità di trattamento rispetto ai dipendenti dell'azienda statale, per i quali lo stesso d.P.R. ha conglobato l'assegno nelle retribuzioni, statuendo che su queste si determinino tutte le indennità ad esso commisurate.
2. - Occorre, anzitutto, inquadrare la disposizione censurata nell'ambito dei principi seguiti dal legislatore in tema di divieto di interposizione nel lavoro.
La legge 23 ottobre 1960, n. 1369, nel porre il divieto, ha, tra l'altro, statuito, a garanzia dei lavoratori occupati in violazione di esso, che i medesimi siano considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che abbia utilizzato le loro prestazioni (art. 1, ultimo comma). Per le opere e i servizi da eseguirsi nell'interno delle aziende con organizzazione e gestione propria dell'appaltatore, ha, poi, previsto, a tutela dei lavoratori da questo dipendenti, che l'appaltante sia tenuto in solido con l'appaltatore a corrispondere loro un trattamento minimo non inferiore a quello spettante ai propri dipendenti (art. 3).
Per altro, nell'ipotesi di impiego di mano d'opera negli appalti concessi dalle amministrazioni autonome dello Stato (ferrovie, monopoli, poste e telecomunicazioni), in luogo di tali garanzie, é stato consentito (art. 8) di emanare particolari disposizioni purché si conformino a quelle della citata legge n. 1369 del 1960.
A tal fine sono state emanate le norme regolamentari di cui al d.P.R. 22 novembre 1961, n. 1192, il quale ha prescritto (art. 2, primo comma) alle suddette amministrazioni autonome di inserire nei contratti di appalto clausole che assicurino, al personale delle imprese, il trattamento previsto dal contratto collettivo vigente per la categoria, durante l'esecuzione dell'appalto.
Lo stesso d.P.R. ha, tuttavia, disposto che il trattamento economico non potrà, comunque, essere inferiore a quello spettante ai lavoratori dell'azienda autonoma, ove esista piena corrispondenza di mansioni (art. 2, secondo comma) e ha precisato che il raffronto economico é da riferire in tal caso allo stipendio o paga base del personale di ciascuna azienda autonoma ed alla paga tabellare del contratto collettivo della categoria, fermo restando, nelle altre voci retributive, il trattamento previsto da tale contratto (art. 2, terzo comma).
3. - L'intento del legislatore di uniformarsi, anche per gli appalti concessi dalle amministrazioni autonome dello Stato, agli stessi criteri dettati per le opere e servizi appaltati da privati imprenditori di cui all'art. 3 della legge n. 1369 del 1960, risulta, oltre che da questa stessa legge (art. 8 citato), dalle norme sull'assegno temporaneo del personale dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato.
Tale assegno, introdotto con la legge n. 45 del 1963, non faceva certamente parte della retribuzione base di quel personale. Infatti, non era, fra l'altro, computabile agli effetti del trattamento di quiescenza, della tredicesima mensilità e di qualunque altro emolumento commisurato allo stipendio; né poteva percepirsi più di una volta, in caso di cumulo (se consentito) di impieghi. E, tuttavia, esso é stato esteso, con analoghe limitazioni e con la stessa decorrenza, ai dipendenti delle imprese appaltatrici per conto dell'azienda suddetta, proprio per soddisfare la finalità perseguita nella citata legge sul divieto di interposizione nel lavoro.
A seguito della delega al Governo sul conglobamento del trattamento economico del (solo) personale statale, concessa con legge 5 dicembre 1964, n. 1268, é stato, infine, emanato il d.P.R. n. 373 del 1965, che ha conglobato l'assegno temporaneo nella retribuzione del personale statale. Come logico corollario di tale conglobamento, l'ammontare della nuova retribuzione ha effetto su tutte le indennità commisurate ad essa (art. 2).
4. - Per intendere l'innovazione apportata dalla norma denunziata, anzitutto occorre tenere presente quale fosse, prima della sua introduzione, il meccanismo del rapporto economico tra la retribuzione base dei dipendenti dell'azienda e quella tabellare del contratto collettivo della categoria dei dipendenti dell'impresa appaltatrice. Essendo la retribuzione di questi ultimi da riferire alla retribuzione base dei primi, analogo riferimento doveva farsi tutte le volte che occorreva tenere conto della retribuzione ai fini della determinazione delle varie indennità ad esso commisurate.
Al medesimo risultato avrebbe dovuto pervenirsi per il dipendente privato, a seguito del conglobamento a favore del dipendente dell'azienda autonoma.
Ciò, però, é stato impedito dalla norma denunziata, la quale, ai fini del raffronto del trattamento economico del dipendente privato, richiama l'art. 2 del citato d.P.R. n. 1192 del 1961; e, tuttavia, mantiene fermo il criterio limitativo della non computabilità dell'assegno nei vari istituti contrattuali, propri del dipendente privato, di cui all'art. 3 della legge n. 45 del 1963, nonostante che sia venuta meno (art. 2 d.P.R. del 1965), a seguito del conglobamento, la corrispondente disposizione per il dipendente dell'Azienda di Stato (art. 1 legge 1963).
5. - Non é da esaminare se la censurata disposizione abbia mutato la natura regolamentare delle norme contenute nel ridetto art. 2 del d.P.R. 1961, elevandole alla dignità di legge formale. É certo, però, che tale disposizione, nel menzionare quell'articolo, si é riferita anche al suo terzo comma che impone di tener conto, quale termine dell'equiparazione, dell'intera retribuzione base del dipendente pubblico.
Non sembra, però, corretto confermare tale modalità di raffronto, e, nello stesso tempo, disporre che l'assegno, ora conglobato nello stipendio, venga nuovamente decurtato da esso.
Una statuizione del genere contrasta con lo stesso criterio di raffronto, che, invece, é mantenuto fermo; e confligge, per la sua irragionevolezza e la disparità di trattamento che ne deriva, con il principio di eguaglianza tra le due categorie, al quale lo stesso legislatore si é attenuto nella legge del 1960 sul divieto dell'interposizione del lavoro e, poi, nella successiva legge del 1963 sull'assegno temporaneo.
Deve, perciò, dichiararsi l'illegittimità costituzionale del disposto dell'art. 21 del d.P.R. n. 373 del 1965, nella parte in cui richiama l'ultimo comma dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1963, n. 45.
La dichiarazione di illegittimità va limitata all'ipotesi prospettata dal giudice a quo - che vi sia piena corrispondenza di mansioni fra il dipendente dell'impresa appaltatrice e quello dell'azienda autonoma.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale del secondo comma dell'art. 21 del d.P.R. 21 aprile 1965, n. 373 (sul conglobamento dell'assegno temporaneo negli stipendi, paghe e retribuzioni del personale statale, in applicazione della legge 5 dicembre 1964, n. 1268), nella parte in cui richiama l'ultimo comma dell'art. 3 della legge 6 febbraio 1963, n. 45.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 13 marzo 1974.