SENTENZA N. 26
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Avv. Giovanni Battista BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 458 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'8 luglio 1971 dal tribunale di Vicenza nel procedimento penale a carico di Dal Molin Giuseppe, iscritta al n. 302 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 259 del 13 ottobre 1971.
Udito nella camera di consiglio del 22 novembre 1973 il Giudice relatore Vezio Crisafulli.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento penale davanti al tribunale di Vicenza a carico di Canella Giuseppe, veniva contestato al teste Dal Molin Giuseppe il reato di falsa testimonianza (art. 372 c.p.) ed il tribunale, ritenendo di non poter procedere con il giudizio immediato ai sensi dell'art. 435, secondo comma, cod. proc. pen. e di non dover necessariamente attendere l'esito del giudizio sulla falsità, disponeva, trasmessi gli atti relativi a quest’ultimo procedimento al pubblico ministero, la prosecuzione del dibattimento in corso. Il Dal Molin, condannato in prima istanza dal pretore, proponeva appello innanzi al tribunale di Vicenza, che, accogliendo l'eccezione da lui al riguardo formulata, ha sollevato con ordinanza emessa l'8 luglio 1971 questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, comma primo, e 24, comma secondo, della Costituzione, dell'art. 458 cod. proc. pen., nella parte in cui prevede il giudizio non immediato per la falsa testimonianza commessa in dibattimento.
Rileva, infatti, il giudice a quo che mentre l'imputato, nell'ipotesi in cui il dibattimento principale sia sospeso per dar luogo ad un giudizio immediato sulla falsa testimonianza ha la possibilità dell'immediata assistenza tecnica di un difensore e la facoltà di ritrattare giovandosi così dell'esimente di cui allo stesso art. 458, ultimo comma, cod. proc. pen., ed all'art. 376 cod. pen., nelle ipotesi invece in cui - non potendosi applicare il secondo comma dell'art. 435 del cod. proc. pen. - gli atti relativi al giudizio sulla falsità siano trasmessi al pubblico ministero ed il dibattimento sul giudizio principale sia o meno rinviato, a seconda che si reputi o no necessario attendere l'esito dell'altro procedimento, il falso testimone potrebbe effettuare la sua eventuale ritrattazione entro limiti temporali assai ristretti, circoscritti cioè dal rinvio o dalla chiusura del primo dibattimento e per di più senza nemmeno godere in tale brevissimo spazio di tempo dell'assistenza di un difensore. Tale situazione contrasterebbe, perciò, sia con il principio di inviolabilità del diritto di difesa in ogni stato e grado del procedimento, sia con il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 458 cod. proc. pen., nella parte in cui prevede il giudizio non immediato per la falsa testimonianza resa nel dibattimento, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., non é fondata.
É da rilevare, anzitutto, che l'art. 458 rappresenta la proiezione sul piano processuale della disposizione dell'articolo 376 cod. pen., che statuisce la non punibilità del reato di falsa testimonianza, qualora il colpevole ritratti il falso e manifesti il vero nel procedimento penale in cui ebbe a prestare il suo ufficio, "prima che l'istruzione sia chiusa con sentenza di non doversi procedere" (se la falsa testimonianza si era avuta in istruttoria) "ovvero prima che il dibattimento sia chiuso o sia rinviato a cagione della falsità" (nell'ipotesi di falsa testimonianza nella fase dibattimentale). Analogamente lo stesso art. 376 cod. pen., nel suo ultimo comma, con riguardo alla falsa testimonianza in una causa civile, ammette l'esimente da pena se la ritrattazione avvenga prima che sia pronunciata sentenza definitiva "anche se non irrevocabile".
La regola, dunque, é che la non punibilità della falsa testimonianza é subordinata alla condizione che la ritrattazione avvenga in tempo utile ai fini dell'accertamento dei fatti nel procedimento (che può chiamarsi principale) in cui quella era intervenuta: regola, della cui ragionevolezza non é dato dubitare e pienamente conforme alle finalità della esimente, rivolta qual é a dare soddisfazione all'interesse alla giusta definizione del giudizio principale (come pure a quello di chi sia in esso imputato), prima e più che all'interesse del falso testimone ad evitare la sanzione comminata per il reato ormai posto in essere.
Che la materiale possibilità di ritrattare, con l'efficacia esimente di cui all'art. 376 cod. pen., risulti in tal modo circoscritta entro limiti temporali che variano a seconda che il giudizio per falsa testimonianza abbia luogo immediatamente, dinanzi allo stesso giudice di quello principale, previa sospensione o subito dopo la chiusura del relativo dibattimento; ovvero che quest'ultimo prosegua indipendentemente, a norma del secondo comma dell'art. 458; od infine che sia rinviato "a cagione della falsità" (per la ritenuta assoluta necessità di attendere il giudizio su di essa, a norma del comma successivo), non soltanto non dipende da libera scelta del giudice, ma, soprattutto, é logica conseguenza del grado di rilevanza della falsità sull'esito del giudizio principale.
La diversità delle situazioni di fatto derivanti, nei confronti del falso testimone, dalla disciplina dettata dall'art. 458 cod. proc. pen. non contraddice, perciò, all'art. 3, primo comma, della Costituzione.
2. - Nemmeno sussiste la denunciata violazione dell'articolo 24, secondo comma, Cost., per il brevissimo margine di tempo entro cui, nell'ipotesi di rinvio del dibattimento a nuovo ruolo, la ritrattazione può avvenire, nonché per non essere prevista, sempre con riferimento a detta ipotesi, l'assistenza di un difensore.
Se considerata, infatti, nel quadro del procedimento principale, la ritrattazione non rientra nel diritto di difesa: é manifestazione di un ravvedimento operoso, e come tale atto personale e volontario del falso testimone, che si caratterizza, rispetto ad altre forme di riparazione positiva, in ragione della peculiare natura del fatto stesso cui il soggetto vuole, appunto, riparare, per essere rivolta al processo nel quale il falso ebbe ad intervenire e per la conseguente necessità di doversi quindi esplicare, a sua volta, in tale processo (nonché, come sopra rilevato, in tempo ed in modo utili allo svolgimento ed alla conclusione di questo).
Dove il diritto di difesa può invece venire in considerazione, é nel distinto processo, instaurato immediatamente o che verrà promosso nelle forme ordinarie, a carico del falso testimone: ma, in questo diverso contesto, in nessuna delle ipotesi specificate nell'art. 458 esso risulta comunque menomato, neppure sotto il profilo della difesa tecnica.
Ed in particolare, per quanto concerne l'ipotesi (sulla quale pone l'accento il giudice a quo) di rinvio del dibattimento del processo principale e trasmissione al pubblico ministero degli atti affinché proceda separatamente contro il falso testimone, é da osservare che, anche a ritenere che questi assuma la veste di imputato fin dal momento dell'incriminazione (e compilazione del relativo processo verbale), sta di fatto che nessun atto istruttorio o preistruttorio viene frattanto posto in essere nei suoi confronti, che richieda la presenza necessaria di un difensore.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 458 del codice di procedura penale, nella parte in cui prevede il giudizio non immediato per il reato di falsa testimonianza commesso in dibattimento, sollevata in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione dal tribunale di Vicenza con l'ordinanza in epigrafe indicata.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Giovanni Battista BENEDETTI - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1974.