SENTENZA N. 9
ANNO 1974
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Dott. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 140 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito in legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui ha conservato in vigore le norme regolamentari penali degli artt. 45 e 142 del r.d. 28 agosto 1924, n. 1422 (Regolamento sull'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia), promosse con ordinanza emessa il 31 marzo 1971 dal pretore di Recanati nel procedimento penale a carico di Possanzini Mario, iscritta al n. 213 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 170 del 7 luglio 1971.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica dell'8 novembre 1973 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel procedimento penale a carico di Mario Possanzini imputato del reato previsto dall'art. 45, comma secondo, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1422 (approvazione del regolamento per l'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3184, concernente provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia), per avere omesso di tenere a disposizione degli ispettori le tessere assicurative dei lavoratori da lui dipendenti, il pretore di Recanati, con ordinanza del 3 marzo 1971, ha sollevato in riferimento all'art. 25, comma secondo, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 140 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito in legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui ha conservato in vigore (senza limiti di tempo, e quindi anche per il periodo successivo all'entrata in
vigore della Costituzione) e tuttora conserva in vigore, le norme regolamentari penali degli artt. 45 (precetto 3) e 142 (sanzione penale dell'ammenda) del citato r.d. n. 1422 del 1924.
Ha premesso che con l'art. 43 del r.d. n. 3184 del 1923, avente natura di legge delegata, venne stabilito che con il regolamento sarebbero state fissate le penalità e le sanzioni per l'inosservanza delle disposizioni del decreto e dell'emittendo regolamento; che con codesto regolamento, agli artt. 45, comma secondo, e 142, comma secondo, rispettivamente fu imposto il precetto che sarebbe stato violato dal Possanzini e fu stabilita la relativa sanzione (ammenda), e che tali disposizioni regolamentari sarebbero in vigore per effetto del citato art. 140 del r.d.l. 1827 del 1935.
Il pretore ha, quindi, anzitutto ritenuto ammissibile la sollevata questione, argomentando dal fatto che oggetto della denuncia é una norma di legge formale (quella dell'art. 140 citato); ha poi osservato che ben difficilmente si sarebbe potuto ritenere conforme alla Costituzione quella norma che aveva conservato e conservava tuttora in vigore, ben oltre il 1 gennaio 1948, norme regolamentari contenenti precetti e sanzioni di indiscutibile natura penale; ed infine, ha rilevato che il ripetuto art. 140 non aveva mutato la natura di quelle disposizioni regolamentari, promuovendole alla dignità di legge formale e recependone in sé il loro contenuto, perché le aveva indicate genericamente, ed in esse solo erano contenuti il precetto e la sanzione.
2. - Davanti a questa Corte dopo che si era proceduto ritualmente alla comunicazione, notificazione e pubblicazione dell'ordinanza, non si é costituto l'imputato. Ha invece spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, che, a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, ha chiesto che fosse dichiarata la non fondatezza della sollevata questione. L'Avvocatura generale, in via preliminare, ha considerato necessario di dover stabilire il valore della disposizione contenuta nell'art. 140 ed ha concluso, ritenendo che ivi impropriamente si parlava di mantenimento in vigore delle preesistenti norme regolamentari e che queste, nelle parti non contrastanti con il nuovo ordinamento della previdenza sociale, avevano continuato ad avere vigore di per sé ed in base ai principi generali dell'ordinamento. E ne ha dedotto l'irrilevanza della questione ai fini della decisione del giudizio nel corso del quale era stata proposta.
Ma a prescindere da ciò, la questione, secondo l'Avvocatura, non sarebbe fondata sotto due aspetti.
Qualora si ritenga che con l'art. 140 si sia fatto luogo ad un rinvio recettizio delle disposizioni regolamentari in esso richiamate (il che non dovrebbe essere escluso per il fatto che quell'articolo rinvia in modo generico ai regolamenti che mantiene in vigore), l'art. 25, comma secondo, non sarebbe violato.
In secondo luogo, alla stessa conclusione si dovrebbe pervenire sulla base della giurisprudenza di questa Corte, che non sarebbe stata però rettamente intesa dal pretore, per cui non possono essere dichiarati incostituzionali atti che, come il regolamento del 1924, siano stati posti in essere in un momento anteriore a quello in cui la legge che ne autorizzava l'emanazione, sia divenuta incompatibile con i precetti della Costituzione.
All'udienza dell'8 novembre 1973 l'avvocato dello Stato si é riportato all'atto d'intervento.
Considerato in diritto
1. - Il pretore di Recanati, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ritiene che violi l'art. 25, comma secondo, della Costituzione, l'art. 140 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale), convertito in legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui ha conservato in vigore (senza limiti di tempo, e quindi anche per il periodo successivo all'entrata in vigore della Costituzione) e tuttora conserva in vigore le norme regolamentari penali degli artt. 45, comma quinto (precetto), e 142, comma secondo (sanzione penale dell'ammenda), del r.d. 28 agosto 1924, n. 1422 (approvazione del regolamento per l'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3184, concernente provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia).
2. - Il giudice a quo, facendosi carico di precisare, a suo dire, per mera completezza, che l'art. 140, oggetto della denuncia, nel momento in cui conservava in vigore senza limiti di tempo, se qualcuno non vi avesse posto rimedio, le disposizioni regolamentari penali, applicabili nella specie, non aveva mutato la natura di queste, promuovendole alla dignità di legge formale o recependone in sé il contenuto precettivo, si dichiara dell'avviso che gli artt. 45, comma quinto e 142, comma secondo, del citato r.d. n. 1422 del 1924, aventi portata rispettivamente precettiva e sanzionatoria, fossero destinati a venir meno con l'entrata in vigore del r.d.l. 1827 ma che il detto art. 140 li aveva conservati e li conservava in vigore ben oltre il 1 gennaio 1948 e pertanto, che codeste norme
regolamentari venivano concretamente applicate appunto sulla base della denunciata norma di legge ordinaria.
Pur non essendo del tutto chiara la distinzione che viene prospettata tra la conservazione in vigore per legge di norme regolamentari preesistenti, il cambiamento della natura di quelle norme (da regolamentari a norme di legge formale) ed il recepimento (ad opera della legge) in sé del contenuto delle norme regolamentari, basta prendere atto della tesi interpretativa avanzata dal pretore di Recanati per doversi escludere che la questione come sopra proposta risulti priva di rilevanza (siccome invece assunto dall'Avvocatura generale dello Stato) .
Senonché la tesi interpretativa non é accettabile; e ciò conduce, in sede di esame del merito, alla non fondatezza della questione.
A tal riguardo, va tenuto presente che a seguito dell'entrata in vigore del r.d.l. n. 1827 del 1935, il r.d. n. 1422 del 1924 non é stato oggetto di abrogazione. L'art. 141 di quel r.d.l., infatti, non lo include tra i decreti dichiaratamente abrogati, e d'altra parte per le norme in esso contenute non ricorre alcuna contrarietà o incompatibilità con la disciplina dettata con il ripetuto r.d.l. n. 1827 del 1935.
L'art. 140 ha un contenuto del tutto coerente con siffatta interpretazione. Da un canto, dà atto che le norme regolamentari in vigore, rimangono tali in quanto non sono contrarie o incompatibili con l'emanato decreto, e dall'altro, mentre autorizza il Governo ad emanare le norme regolamentari esecutive del decreto stesso, per quelle non abrogate non prevede in alcun modo sotto nessuna forma, l'attribuzione di nuova forza giuridica, ma si limita a stabilire che esse sarebbero rimaste in vigore fino all'emanazione delle nuove norme.
Di conseguenza, avendo il pretore di Recanati denunciato, per violazione dell'art. 25, comma secondo, della Costituzione (solo) l'art. 140 (e non anche le norme regolamentari contenenti il precetto e la sanzione, in ordine a cui pende il processo a quo), la questione va dichiarata non fondata. La norma, infatti, intesa nel senso precisato, non viola in alcun modo la riserva di legge in materia penale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 140 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale) convertito in legge 6 aprile 1936, n. 1155, nella parte in cui ha conservato e tuttora conserva in vigore gli artt. 45, comma quinto e 142, comma secondo, del r.d. 28 agosto 1924, n. 1422 (approvazione del regolamento per l'esecuzione del r.d. 30 dicembre 1923, n. 3184, concernente provvedimenti per l'assicurazione obbligatoria contro l'invalidità e la vecchiaia), questione sollevata, in riferimento all'art. 25, comma secondo, della Costituzione, dal pretore di Recanati con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 1974.
Francesco Paolo BONIFACIO - Giuseppe VERZÌ- Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI.
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 23 gennaio 1974.