SENTENZA N. 121
ANNO 1973
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 98, primo comma, e 80, nono comma, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (testo unico delle norme sulla circolazione stradale), promosso con ordinanza emessa il 13 ottobre 1971 dal pretore di Senigallia nel procedimento penale a carico di Sebastianelli Enzo, iscritta al n. 448 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16 del 19 gennaio 1972.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1973 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Nel procedimento penale a carico di Enzo Sebastianelli imputato del reato previsto e punito dall'art. 80, comma nono, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (testo unico delle norme sulla circolazione stradale), in relazione al successivo articolo 98, comma terzo, per aver guidato un'autovettura senza aver conseguito la prescritta patente di guida in Italia, il pretore di Senigallia con ordinanza del 13 ottobre 1971, sollevava, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dei detti artt. 98, comma primo, e 80, comma nono.
A suo avviso, il citato art. 98, comma primo, andava interpretato, secondo la prevalente giurisprudenza, nel senso che la norma in esso contenuta non era applicabile ai cittadini italiani che, pur muniti di patente di abilitazione alla guida rilasciata da uno Stato estero, fossero residenti in Italia; e pertanto, nei confronti dei cittadini italiani che si trovassero in dette condizioni e guidassero un veicolo in Italia, era applicabile la sanzione di cui all'art. 80, comma nono, secondo cui "chiunque guida autoveicoli... senza essere munito della patente é punito con l'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da lire 10.000 a lire 40.000".
Ciò premesso, il pretore di Senigallia riteneva che venivano ad essere trattate allo stesso modo categorie di persone che si trovavano in situazioni diverse (quali quelle di chi guida senza aver mai conseguito la patente e di chi invece guida dopo aver conseguito la patente sia pure all'estero) e che perciò tale normativa fosse in contrasto con il principio di uguaglianza.
2. - Effettuate regolarmente le notificazioni e comunicazioni di legge, l'ordinanza veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 16 del 19 gennaio 1972.
Davanti a questa Corte non si costituiva il Sebastianelli.
A mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato spiegava intervento il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale concludeva perché la sollevata questione fosse dichiarata infondata.
3. - Nelle deduzioni l'Avvocatura, dato atto che l'interpretazione dell'art. 98, comma primo, del codice stradale accolta dal pretore di Senigallia era conforme alla consolidata giurisprudenza, negava che sussistesse l'asserita violazione del principio di uguaglianza, reputando meritevole dello stesso trattamento la situazione del cittadino italiano che guidi senza patente e dello stesso cittadino che, munito di patente rilasciata da uno Stato estero, guidi un autoveicolo in Italia non quale conducente in circolazione internazionale sibbene quale cittadino italiano residente in Italia.
Spiegava l'Avvocatura che l'anzidetta interpretazione dell'art. 98 era aderente a quanto previsto nella Convenzione di Ginevra del 19 settembre 1949, resa esecutiva in Italia con la legge del 19 marzo 1952, n. 1049, e in altre norme del codice stradale. A tal riguardo metteva in evidenza, sulla base dei dati offerti dal preambolo e dagli artt. 1 e 4 della detta convenzione, che i conducenti di cui parla l'art. 98 sono i "conducenti in circolazione internazionale", e cioè persone, italiane o straniere, che abbiano passato la frontiera per trascorrere in Italia brevi periodi di permanenza e che quindi risiedono in uno Stato estero.
Alla stessa conclusione - proseguiva l'Avvocatura - si perverrebbe ove si tenesse presente il principio generale accolto dal codice della strada secondo cui per guidare in Italia occorre la patente rilasciata dal prefetto competente per territorio (art. 80). E si considerasse, a riprova della sopra riportata interpretazione, che il terzo comma dell'art. 98 prevede la possibilità di ottenere la patente di guida italiana senza sostenere l'esame di idoneità per i "conducenti" di cui al primo comma.
Stante ciò, ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, non sarebbe violato il principio di uguaglianza.
Il trattamento previsto dall'art. 98, comma primo, infatti, non é applicabile ai cittadini italiani che, pur essendo all'estero, hanno mantenuto la residenza in Italia perché per essi é sempre operante la disposizione di cui all'art. 80, comma primo (obbligo di guida con patente); ed anzi ove lo fosse, e solo in quel caso, verrebbe ad essere violato l'art. 3 della Costituzione.
Rilevava, infine, l'Avvocatura il disagio dimostrato dal pretore nel dovere applicare la medesima pena edittale nelle due ipotesi dallo stesso individuate, ma osservava che tale preoccupazione non poteva essere condivisa sul piano giuridico e della legittimità costituzionale. Infatti, rientra nel potere del legislatore di operare, a riguardo di due situazioni diverse, una valutazione discrezionale sottratta ad ogni sindacato e di ritenerle di pari gravità; e nella specie di considerare che per il cittadino italiano che risiede in Italia, non sussistano quei motivi di carattere prevalentemente pratico che lo avevano indotto per i soli stranieri e per i cittadini italiani non residenti in Italia, a riconoscere la validità del titolo di abilitazione alla guida rilasciato da una autorità straniera.
4. - All'udienza del 13 giugno 1973 l'Avvocato dello Stato Renato Carafa si riportava alle argomentazioni svolte nell'atto di intervento.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza del 13 ottobre 1971 del pretore di Senigallia, é sollevata la questione se sia costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, l'art. 98, comma primo, in relazione all'art. 80, comma nono, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (testo unico delle norme sulla circolazione stradale), nella parte in cui prevede la sanzione penale dell'arresto da tre a sei mesi e dell'ammenda da lire diecimila a lire quarantamila, non solo per chi guida autoveicoli o motoveicoli senza essere munito di patente, ma anche per chi li guida munito di patente conseguita all'estero.
2. - Il pretore di Senigallia, seguendo la prevalente giurisprudenza, interpreta l'art. 98, comma primo, del codice della strada nel senso che esso non sia applicabile ai cittadini italiani che, pur muniti di patente di abilitazione alla guida rilasciata da uno Stato estero, risiedano in Italia e ritiene, quindi, che essi, qualora guidino un veicolo in Italia, siano soggetti alla sanzione di cui al precedente art. 80, comma nono.
Da ciò deduce che categorie di persone che si trovano in situazioni diverse, vengono ad essere trattate allo stesso modo, in violazione del principio di eguaglianza, e solleva quindi la questione sopra riferita.
Sennonché la denunciata violazione dell'art. 3 della Costituzione non sussiste.
Come esattamente precisa nelle sue deduzioni l'Avvocatura generale dello Stato, il primo comma dell'art. 98 si riferisce ai conducenti in circolazione internazionale e cioè a conducenti, italiani e stranieri, che siano residenti in uno Stato estero e abbiano passato la frontiera per trascorrere in Italia brevi periodi di permanenza.
Con tale norma si vuole agevolare la circolazione stradale internazionale, che consiste (secondo la definizione che ne dà l'art. 4 della Convenzione di Ginevra del 19 settembre 1949, resa esecutiva in Italia con la legge 19 marzo 1952, n. 1049) in una circolazione di veicoli che implichi il passaggio di almeno una frontiera.
E segno di ciò é da rinvenirsi nel disposto del terzo comma dello stesso art. 98, in forza del quale i conducenti di cui al primo comma possono ottenere, senza sostenere l'esame di idoneità, la patente di guida per autoveicoli e motoveicoli delle stesse categorie per le quali é valida la loro patente.
Fuori di questi casi, é operante il principio generale accolto dal vigente codice della strada secondo cui per guidare autoveicoli e motoveicoli in Italia occorre avere la patente rilasciata dal prefetto nella cui circoscrizione é compreso il comune di residenza dell'interessato (art. 80, comma primo).
Stante ciò, non ricorre nell'ipotesi denunciata alcuna violazione del principio di eguaglianza, il quale impone che situazioni oggettivamente eguali siano trattate allo stesso modo e che siano, invece, disciplinate diversamente le situazioni differenti.
Per escludere l'ipotizzabilità di una differenza di situazioni tra il cittadino che guidi con patente rilasciata all'estero e il cittadino che guidi senza aver mai conseguito la patente, non può non rilevare che agli effetti del nostro ordinamento, fuori dei casi sopra ricordati, il conseguimento della patente di guida in uno Stato estero é come se non fosse mai avvenuto.
E non può aver peso in contrario che in fatto le due situazioni siano differenti, per ciò che a seguito del conseguimento della patente in uno Stato estero si possa presumere il pratico possesso da parte del conducente di speciali attitudini e qualità, che dovrebbero invece escludersi in chi guidi senza patente, perché é da ammettere che le situazioni di fatto, in generale, non trovino riscontro nel dato formale (del conseguimento - sia pure all'estero - o meno della patente di guida) che per altro é il solo a rilevare dal punto di vista giuridico.
Si é quindi in presenza di due situazioni che giustamente sono da considerare omogenee ed assimilabili, e perciò meritevoli dello stesso trattamento giuridico.
La questione, dal punto di vista indicato, appare non fondata.
3. - Alla stessa conclusione, d'altra parte, si perviene ove si ritenga che il giudice a quo abbia voluto rinvenire la violazione dell'art. 3 della Costituzione specificamente in ciò che per fattispecie criminose diverse il legislatore abbia previsto eguali sanzioni penali.
Il problema così posto non potrebbe, in tal caso, avere soluzione differente da quella che ha ricevuto, quando in relazione ad altre norme, esso é stato posto. Questa Corte, infatti, ha più volte affermato, ed ora non avrebbe ragione di non dover confermare, il principio secondo cui nell'ipotizzazione dei fatti-reati e nella prescrizione delle relative sanzioni, il legislatore gode di un potere discrezionale, ed i relativi atti di esercizio, tranne che si estrinsechino in modo e termini non razionali, non si prestano a costituire oggetto di sindacato in sede di legittimità costituzionale.
La questione di cui si tratta, quindi, comunque la si riguardi, deve essere dichiarata non fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 98, Comma primo, in relazione all'art. 80, comma nono, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (testo unico delle norme sulla circolazione stradale), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dal pretore di Senigallia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1973.
Francesco PAOLO BONIFACIO – Giuseppe VERZÌ – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 10 luglio 1973.