Sentenza n.118 del 1973
 CONSULTA ONLINE 


SENTENZA N. 118

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 132 del codice penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 25 marzo 1971 dal pretore di Massa Marittima nel procedimento penale a carico di Carresi Gildo ed altri, iscritta al n. 181 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 163 del 30 giugno 1971;

2) ordinanza emessa il 27 maggio 1971 dal pretore di Lucca nel procedimento penale a carico di Garozzo Adriana, iscritta al n. 239 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 184 del 21 luglio 1971.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 16 maggio 1973 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento penale a carico di Carresi Gildo ed altri il pretore di Massa Marittima, con ordinanza 25 marzo 1971, ha rappresentato che riterrebbe doveroso, in applicazione degli artt. 132, primo comma, e 133 del codice penale, irrogare la pena nella misura del minimo edittale (nel caso specifico, quindici giorni di reclusione), nonché, per il disposto dell'art. 62 bis cod. pen., concedere le attenuanti generiche a quelli fra gli imputati, che, attese le risultanze processuali, devono essere dichiarati colpevoli del reato ad essi ascritto. Tuttavia, per la concessione di dette attenuanti, la pena, a norma degli artt. 132 cpv. e 23 cod. pen., dovrebbe rimanere fissata in quindici giorni di reclusione.

Ciò posto, il detto pretore ha sollevato di ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 132 cpv. cod. pen. in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

La stessa questione é stata sollevata, di ufficio, dal pretore di Lucca, con ordinanza 27 maggio 1971, emessa nel corso del procedimento penale a carico di Garozzo Adriana.

In entrambi i giudizi avanti questa Corte, le parti non si sono costituite. In quello conseguito all'ordinanza del pretore di Massa Marittima é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la infondatezza della questione.

Considerato in diritto

1. - La questione di legittimità costituzionale dell'art. 132 cpv. del codice penale viene proposta dalle due ordinanze di rimessione in riferimento all'art. 3 della Costituzione sotto identico profilo, sicché i due giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - Secondo queste ordinanze nel caso in cui il giudice ritenga di applicare il minimo edittale della pena e di concedere nel contempo le circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis cod. pen., queste non avrebbero alcuna pratica incidenza, dal momento che l'articolo impugnato dispone che il potere discrezionale del giudice nella applicazione della pena trova un limite nel minimo fissato dalla legge.

Per il secondo comma dell'art. 132 del codice penale si avrebbe una parificazione assolutamente ingiustificata dell'imputato riconosciuto colpevole e meritevole del minimo della pena, ma non anche di attenuanti, con l'imputato colpevole dello stesso reato e meritevole, oltre che dell'applicazione del minimo della pena, anche di attenuanti. Onde la violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Siffatta violazione sarebbe altresì evidente ove si raffrontassero queste due diverse posizioni: per l'imputato di un reato per il quale il minimo di pena edittale superi il limite della pena detentiva al di sotto del quale detta pena non può essere inflitta in concreto, la diminuzione di pena per attenuanti comuni assumerebbe una incidenza pratica; la quale, invece, verrebbe a mancare quando il minimo della pena detentiva edittale coincidesse con quello oltre il quale non si può scendere.

Non sarebbe, inoltre, ragionevole l'uso del potere discrezionale del legislatore, il quale esclude la concreta operatività delle circostanze attenuanti proprio per le fattispecie criminose ritenute dal giudice di minima entità. Nel sistema punitivo vigente la valutazione del fatto reato ai fini della previsione della sanzione dovrebbe essere distinta dalla successiva valutazione operata dal giudice per la determinazione in concreto della misura dei singoli aumenti o delle singole diminuzioni di pena. Inoltre, la efficacia della pena detentiva non sarebbe necessariamente subordinata ad un minimo di durata, come é dimostrato dall'istituto della conversione delle pene pecuniarie, di cui agli artt. 135 e 136 cod. pen., per i quali la reclusione o l'arresto possono avere anche la durata di un giorno.

3. - La questione non é fondata.

Non ha alcuna rilevanza il raffronto fra l'ipotesi in cui il minimo della pena edittale superi quello della specie di pena, laddove ha incidenza la diminuzione per le circostanze attenuanti, e la ipotesi in cui il detto minimo non superi quello della specie di pena, rendendo inefficace la diminuzione stessa. In tal caso, infatti, le due ipotesi configurano situazioni diverse, per le quali appare giustificata la differenza di trattamento.

Tale differenza si verifica anche allorché coincidono i due minimi sopra indicati, della pena edittale e della specie di pena. Ma il principio di uguaglianza invocato dalle ordinanze di rimessione non appare violato. La differenza, infatti, é giustificata dal coordinamento delle varie norme sulla applicazione della pena, che formano un tutto unico, nel quale il potere discrezionale del giudice é delimitato dal legislatore. Quest'ultimo ha ritenuto necessario precisare gli elementi fondamentali verso cui il giudice deve orientarsi nelle sue valutazioni, ed entro il cui ambito deve contenere l'uso dei poteri a lui conferiti. Pertanto, ha escluso l'istituto della cosiddetta pena indeterminata, e, nel contempo, tenendo conto della funzione e delle finalità della sanzione, e specialmente del principio della rieducazione dei condannati, previsto anche dall'art. 27 Cost., ha considerato che la brevità eccessiva delle pene detentive fa sì che esse risultino inidonee a conseguire quelle finalità.

Non può certamente dirsi che tali principi pecchino di irrazionalità, o che, comunque, sia irrazionale la fissazione di un limite minimo non superabile dal giudice. E, naturalmente, la razionalità dei principi accolti, si risolve in razionalità anche di un eventuale trattamento differenziato che possa verificarsi nella applicazione pratica, in particolari casi.

Né può trarsi argomento in contrario dall'istituto della conversione delle pene pecuniarie in detentive, ubbidendo esso - come bene osserva l'Avvocato dello Stato - ad altra esigenza: nel caso di insolvibilità del condannato, non si può arrestare la realizzazione delle sanzioni pecuniarie a carattere prettamente penale e perciò l'ordinamento giuridico dispone che si proceda oltre, e si attui, sulla libertà personale del condannato quella esecuzione risultata impossibile sui suoi averi, ma ciò, ovviamente nei limiti necessari a conseguire l'effettiva applicazione di una sanzione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 132 del codice penale (potere discrezionale del giudice nella applicazione della pena, limiti), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dalle ordinanze del pretore di Massa Marittima e di Lucca indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 10 luglio 1973.