SENTENZA N. 92
ANNO 1973
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO Presidente
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
Prof. Guido ASTUTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 22 febbraio 1971 dal pretore di Bari su istanza di Elia Giuseppe, iscritta al n. 165 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 151 del 16 giugno 1971.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 3 maggio 1973 il Giudice relatore Leonetto Amadei;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
Con ricorso 20 giugno 1970, diretto al Presidente del tribunale di Bari, Giuseppe Elia proponeva istanza di ricusazione nei confronti del pretore dott. Michele Paone, giudice della causa di sfratto per morosità intentata da esso Elia contro tal Vincenzo Francone.
Nelle more del procedimento, l'Elia Giuseppe, nelle deduzioni presentate, dichiarava di essersi sbagliato nella valutazione degli elementi posti a fondamento dell'istanza di ricusazione e di rinunciare, pertanto, ad essa.
Con ordinanza 28 agosto 1970, ampiamente motivata, il Presidente del tribunale di Bari, dopo aver rilevato che la rinuncia all'istanza di ricusazione non poteva produrre gli effetti previsti dall'art. 306 del codice di procedura civile (rinuncia agli atti del giudizio), rigettava l'istanza stessa e condannava, ex art. 54 c.p.c., terzo comma, il proponente alle spese del procedimento e ad una pena pecuniaria di lire 2.000.
La cancelleria della pretura di Bari (ufficio campione civile) richiedeva all'Elia, con atto del 18 novembre 1970, notificato il 27 gennaio 1971, il pagamento della pena pecuniaria irrogatagli dal Presidente del tribunale.
In data 11 febbraio 1971, l'Elia inoltrava un esposto al dirigente la pretura di Bari chiedendo la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale perché fosse dichiarata la incostituzionalità dell'art. 54, terzo comma, del codice di procedura civile, per essere tale norma in contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
Il pretore dichiarava non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale e, sulla base del semplice esposto, ordinava la trasmissione degli atti alla Corte con ordinanza del 22 febbraio 1971.
Nella schematica motivazione si afferma che la disposizione di cui all'art. 54, terzo comma, del codice di procedura civile, é in contrasto con i richiamati precetti costituzionali, in quanto:
a) la sanzione della pena pecuniaria, che accompagna il rigetto dell'istanza, costituirebbe una limitazione del libero esercizio del diritto di difesa del cittadino, per quel tanto di timore che può determinare nella parte interessata ad agire perché le sia garantita la imparzialità del giudice;
b) per il procedimento di rigetto non é prevista motivazione e possibilità di impugnazione, quantunque incida anche su diritti patrimoniali del ricorrente.
La parte non si é costituita nel giudizio davanti alla Corte.
É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha depositato in cancelleria il 5 luglio 1971 le sue deduzioni.
L'Avvocatura dello Stato contesta, in via preliminare, la legittimazione del giudice a sollevare la questione di incostituzionalità per la mancanza di un giudizio di merito (impugnazione del titolo esecutivo), in quanto l'unica materia nella quale esso é stato chiamato a decidere é stata quella di richiesta di rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
Nel merito rileva che:
a) il pretore non ha precisato per quali motivi ha ritenuto vi sia stata, nel caso, violazione del principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge (art. 3 Cost.);
b) non sussisterebbe la violazione dell'art. 111 della Costituzione, nella parte in cui dispone che tutti i provvedi menti giurisdizionali debbono essere motivati, sia perché la denuncia di incostituzionalità avrebbe dovuto colpire l'art. 53, comma secondo, del codice di procedura civile, come quello che prevede la forma dell'ordinanza non impugnabile per la decisione sulla ricusazione, e non già il successivo art. 54, comma terzo, sia perché il provvedimento di ricusazione non si sottrarrebbe al principio generale stabilito dall'art. 134 c.p.c., in forza del quale anche le ordinanze debbono essere succintamente motivate;
c) non sussisterebbe, neppure, lesione dell'art. 111 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che per tutti i provvedimenti giurisdizionali é ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge, in quanto, per la costante giurisprudenza della Corte di cassazione, il provvedimento di ricusazione non ha natura giurisdizionale, ma ha solo carattere meramente strumentale rispetto alla lite nella quale si inserisce, senza pregiudizio per i diritti e per gli interessi della parte in causa.
Considerato in diritto
1. - Con l'ordinanza di rinvio il pretore di Bari, a seguito di istanza a lui diretta nella fase di intimazione all'istante, da parte della cancelleria civile, di pagamento di pena pecuniaria conseguente a condanna per rigetto di proposta ricusazione del giudice in una causa di sfratto, ha posto la questione di legittimità dell'art. 54, terzo comma, del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione.
2. - La questione deve essere preliminarmente esaminata sotto l'aspetto della sua proponibilità, ossia sulla base dell'accertamento della sussistenza o meno delle condizioni che possono legittimarne la proposizione.
3. - Condizione essenziale perché una questione di legittimità costituzionale possa essere sollevata, é che essa lo sia nel corso di un giudizio in relazione alle limitazioni stabilite dall'art. 1 della legge costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948 e ribadite dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Nella sentenza 30 giugno 1964, n. 65, questa Corte ha precisato non essere sufficiente che una domanda sia presentata, né che con essa si chieda comunque la istituzione di un giudizio, ma occorre, quantomeno, che effettivamente ricorrano i presupposti in base ai quali un siffatto giudizio possa dirsi concretamente ed effettivamente instaurato con un suo proprio autonomo svolgimento, in modo da poter essere indirizzato, per suo conto, ad una propria conclusione al di fuori della questione di legittimità, il cui insorgere é soltanto eventuale.
In sostanza, il processo di merito si presenta come presupposto rispetto al processo instaurato davanti alla Corte costituzionale.
4 - Nel caso all'esame della Corte difetta, in senso assoluto, la precostituzione di un qualsiasi giudizio; la questione che é stata sollevata si incardina unicamente in una istanza diretta al pretore al fine di sollecitarne la rimessione degli atti alla Corte costituzionale, senza che dall'istanza stessa si profili la richiesta di una qualsiasi pronuncia giurisdizionale.
Infatti, come risulta in narrativa, l'interessato, dopo aver ricevuto dalla cancelleria civile della pretura l'intimazione a pagare l'importo della pena pecuniaria applicatagli dal Presidente del tribunale, si é limitato a inoltrare al pretore, con lettera raccomandata, un'istanza chiaramente delimitata nel suo contenuto; diretta, cioè , ad ottenere che fosse sollevata, dallo stesso pretore, questione di legittimità della norma in base alla quale gli era stata inflitta la pena pecuniaria.
L'istanza, pertanto, non prospetta una domanda diretta a impostare una controversia di merito, sulla quale il pretore deve decidere e nella decisione della quale si é inserita in via incidentale la questione di legittimità. Ciò é tanto vero che, nell'ordinanza che accoglie la richiesta, non vi é, e non poteva esservi, alcun riferimento all'esistenza di un autonomo giudizio; ma ci si limita a prendere atto della semplice volontà dell'istante di proporre la questione di legittimità costituzionale di una disposizione di legge che aveva trovato applicazione in un altro giudizio, davanti ad un altro giudice, al quale, e a lui solo, la questione poteva essere proposta.
La questione, pertanto, deve essere dichiarata inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 54, terzo comma, del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, sollevata dal pretore di Bari con ordinanza 22 febbraio 1971.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1973.
Francesco PAOLO BONIFACIO – Giuseppe VERZÌ – Giovanni BATTISTA BENEDETTI – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI
Arduino SALUSTRI - Cancelliere
Depositata in cancelleria il 27 giugno 1973.