SENTENZA N. 55
ANNO 1973
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 45 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (ora art. 110 del t.u. delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 1970 dal pretore di Messina nel procedimento civile vertente tra Timpani Giuseppe e l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, iscritta al n. 13 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 10 marzo 1971.
Visto l'atto di costituzione dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;
udito nell'udienza pubblica del 4 aprile 1973 il Giudice relatore Ercole Rocchetti;
udito l'avv. Tommaso Fontana, per l'INAIL.
Ritenuto in fatto
1. - L'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, per recuperare nei confronti del sig. Giuseppe Timpani la somma di L. 128.950 dovutagli a titolo di pagamento di spese processuali liquidate con sentenza passata in giudicato, sospendeva l'erogazione della rendita di L. 11.470 mensili, di cui il Timpani era titolare a causa di invalidità permanente derivante da infortunio sul lavoro, fino alla estinzione completa del credito.
Con atto di citazione notificato in data 28 gennaio 1970, il Timpani conveniva in giudizio, dinanzi al pretore di Messina, l'INAIL deducendo la illegittimità costituzionale dell'articolo 45 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (ora art. 110 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), nella parte in cui autorizza la compensazione della rendita spettante al lavoratore con le spese giudiziali dovute all'INAIL.
Il pretore di Messina, con ordinanza emessa il 21 novembre 1970, riteneva rilevante e non manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale, con riferimento all'art. 38 della Costituzione. Secondo il giudice a quo, il principio della intangibilità delle pensioni, rendite vitalizie e prestazioni similari, garantito dalla citata norma costituzionale, risulta violato dalla disposizione impugnata che consente all'Istituto assicuratore di trattenere unilateralmente sulle indennità e sulle rendite erogate agli assicurati, "senza alcuna limitazione quantitativa e senza alcuna specificazione creditoria", l'ammontare delle somme ad esso dovute per i crediti accertati con provvedimenti della autorità giudiziaria a carico dei titolari di prestazioni previdenziali.
L'ordinanza é stata ritualmente notificata, comunicata e pubblicata.
2. - Nel giudizio dinanzi alla Corte si é costituito l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, il quale, con deduzioni del 30 marzo 1971, ha chiesto che la Corte dichiari infondata la questione di legittimità costituzionale proposta dal pretore di Messina.
Secondo l'Istituto assicuratore, l'affermazione contenuta nella ordinanza di rinvio, secondo cui la norma impugnata non contiene alcuna specificazione creditoria, é inesatta, in quanto l'art. 45 contempla esplicitamente solo la ragione creditoria inerente alle spese di giudizio, liquidate con sentenza passata in giudicato, e relative a controversie dipendenti dalla esecuzione del decreto n. 1765 del 1935. Inoltre, poiché la norma impugnata non autorizza la compensazione delle indennità con il credito dell'INAIL, ma prevede solo la possibilità eccezionale della cessione, del pignoramento o del sequestro delle indennità per il pagamento delle spese giudiziali, dovrebbe essere escluso nella materia in esame ogni provvedimento unilaterale o discrezionale dell'Istituto.
In ordine alla mancanza, nel testo dell'art. 45, di una espressa previsione della limitazione quantitativa alla cedibilità delle indennità e alla esperibilità di azioni esecutive su di esse, la difesa dell'INAIL osserva che una tale previsione non é stata ritenuta necessaria dal legislatore in quanto essa é già contenuta come principio generale, estensivamente applicabile, nell'art. 545, quarto comma, del codice di procedura civile.
Sulla base di tale disposizione, che limita la possibilità di pignoramento dei crediti di lavoro, e in genere di tutte le indennità comunque derivanti dal rapporto di lavoro, ad un quinto dell'ammontare dei crediti stessi, e della norma contenuta nell'art. 2110 cod. civ., l'Istituto assicurativo ritiene che sia possibile interpretare la norma impugnata in modo rigorosamente conforme ai precetti costituzionali.
3. - All'udienza del 4 aprile 1973, la difesa dell'INAIL ha insistito nelle sue conclusioni.
Considerato in diritto
Il pretore di Messina propone questione di costituzionalità dell'art. 45 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, sugli infortuni sul lavoro, ritenendolo in contrasto con l'art. 38 della Costituzione "nella parte in cui dispone la compensazione della rendita dovuta al lavoratore infortunato con le spese giudiziali (dallo stesso) dovute all'INAIL".
Al riguardo occorre preliminarmente rilevare che l'indicazione del denunziato art. 45 va corretta in quella dell'art. 110 del t.u. 30 giugno 1965, n. 1124, senza però che alcun dubbio possa sorgere circa l'ammissibilità della questione, perché l'articolo del nuovo testo unico ripete, senza alcuna variazione sostanziale, il testo dell'articolo della precedente normativa in materia.
Deve altresì considerarsi che, sia l'anteriore quanto la vigente normativa, non fanno alcuna menzione della "compensazione", ma si limitano a disporre che il credito per indennità infortuni "non può essere ceduto per alcun titolo, né può essere pignorato o sequestrato, tranne che per spese di giudizio alle quali l'assicurato o gli aventi diritto siano stati condannati" in favore dell'INAIL.
Poiché però l'art. 1246 del codice civile non ammette che possa operarsi compensazione nei confronti di un "credito dichiarato impignorabile", deve ritenersi che il credito per indennità infortuni non possa essere suscettivo di compensazione nei limiti, e solo in quelli, in cui l'anzidetto credito, alla stregua dei citati artt. 45 e, ora, 110 della legge speciale, é dichiarato non soggetto a pignoramento.
Ne consegue pertanto che i su richiamati articoli della normativa speciale, benché in via indiretta, e cioè per il tramite della disposizione del codice civile, regolano, nella materia degli infortuni sul lavoro, anche quanto concerne la compensazione dei crediti, così come il giudice a quo ha dimostrato di ritenere allorché ha identificato l'oggetto della proposta questione di legittimità.
Per tale motivo va respinta l'eccezione di inammissibilità per mancanza di rilevanza formulata dall'INAIL, sotto il profilo che, non essendo la compensazione prevista tra le ipotesi di cui al denunziato art. 45, il giudice a quo nessuna applicazione di quella norma potrebbe operare nel caso, ma dovrebbe anzi dichiarare nel merito infondata la pretesa dello stesso INAIL ad operare la compensazione, perché questo modo di estinzione delle obbligazioni, in quanto non previsto dalla normativa speciale, non sarebbe mai ammissibile in materia di crediti nascenti dalle leggi sugli infortuni sul lavoro.
Nel merito la questione é fondata, anche se, per precisarla, occorre premettere qualche osservazione a chiarimento.
Risulta dall'art. 45, ora 110 del t.u., che il pignoramento (e quindi la compensazione) dei crediti per indennità dovute a causa di infortuni sul lavoro é in genere vietato, ma é ammesso solo per le spese di giustizia cui l'infortunato sia stato condannato in favore dell'INAIL; condanna alle spese che, a seguito della sentenza della Corte n. 23 del corrente anno, può ora essere pronunciata solo in caso di lite manifestamente infondata e temeraria.
Ma, all'infuori di questa limitazione, attinente alla natura del credito per cui il pignoramento é consentito, la norma di cui agli articoli citati non ne prevede alcun altra volta a restringerne quantitativamente l'estensione.
In proposito non ha fondamento la contraria opinione sostenuta dalla difesa dell'INAIL, e secondo la quale il pignoramento dovrebbe ritenersi limitato alla misura di un quinto, in base agli artt. 545, quarto comma, del codice di procedura civile e 2110 del codice civile. Sta in fatto che l'indennità dovuta per subito infortunio sul lavoro non rientra in nessuna delle categorie di crediti, in rapporto ai quali il pignoramento é ammesso entro le limitate misure percentuali indicate nell'anzidetto art. 545.
É anzi a dirsi che nemmeno con una interpretazione analogica (posto che essa sia, nel caso, ammissibile e non debba invece ritenersi operante, come ostativo, il principio di cui all'art. 14 delle preleggi) potrebbe comprendersi il credito per indennità infortuni fra quelli che la difesa dell'INAIL genericamente qualifica come "di lavoro", ma che in realtà riguardano soltanto (art. 545, terzo comma) "le somme dovute dai privati a titolo di stipendio, di salario e di altre indennità relative al rapporto di lavoro o d'impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento".
Né in alcun modo rileva, in materia, l'art. 2110 cod. civ., dal quale la stessa difesa vorrebbe far derivare una equivalenza fra crediti di lavoro e crediti per indennità infortuni, giacché quell'articolo si limita soltanto a stabilire che, in materia d'infortunio (come di malattia o di gravidanza o di puerperio), se la legge non stabilisce forme equivalenti di previdenza, deve provvedere con i propri mezzi il datore di lavoro, secondo le leggi speciali, gli usi o l'equità.
Può quindi concludersi che, nell'ordinamento, non risulta che alla pignorabilità dei crediti per indennità infortuni, pur limitata, per materia, alle sole spese giudiziali, sia apposto alcun limite quantitativo, e che pertanto il pignoramento, come la compensazione, così come l'INAIL ha mostrato in fatto di pretendere, può essere operato anche sull'intero ammontare di una o più rate di rendita.
Dal che consegue che le norme più volte citate e che ciò consentono violano l'art. 38, comma secondo, della Costituzione, il quale, stabilendo che "i lavoratori hanno diritto che siano preveduti mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria", mostra chiaramente di concepire le relative prestazioni come destinate a provvedere ai loro bisogni elementari, con ciò attribuendo ad esse un carattere affine a quelle genericamente qualificate come alimentari che, per antica tradizione, sono sottratte alle comuni forme di apprensione da parte di creditori e vi sono assoggettate solo per cause privilegiate e in misura parziale, specificatamente determinata.
Mancando nella normativa dell'art. 45, ora 110 t.u. sugli infortuni sul lavoro, ogni limite quantitativo, essa va dichiarata costituzionalmente illegittima, in conformità dei principi espressi nella sentenza della Corte n. 22 del 1969 in materia di crediti per pensioni dovute dall'Istituto della previdenza sociale.
Il che non impedisce certo al legislatore di riproporre quelle stesse norme, introducendovi le moderazioni, nella cui mancata previsione si identifica la ragione della dichiarazione della loro incostituzionalità.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 110 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, contenente il testo unico delle disposizioni contro gli infortuni sul lavoro, limitatamente alla disposizione espressa con le parole: "tranne che per spese di giudizio alle quali l'assicurato o gli aventi diritto con sentenza passata in giudicato, siano stati condannati in seguito a controversia dipendente dall'esecuzione del presente decreto".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 maggio 1973.
Francesco PAOLO BONIFACIO – Giuseppe VERZÌ – Giovanni BATTISTA BENEDETTI – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE - Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA – Edoardo VOLTERRA.
Arduino SALUSTRI – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 9 maggio 1973.