SENTENZA N. 29
ANNO 1973
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori giudici
Dott. Giuseppe VERZÌ, Presidente
Dott. Giovanni BATTISTA BENEDETTI
Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo MICHELE TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI
Avv. Leonetto AMADEI
Prof. Giulio GIONFRIDA
Prof. Edoardo VOLTERRA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 431 (provvidenze per l'assistenza psichiatrica), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 23 dicembre 1970 dal tribunale di Ferrara su richiesta di internamento dell'alienato Buzzoni Giulio, iscritta al n. 33 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 74 del 24 marzo 1971;
2) ordinanza emessa il 15 maggio 1971 dal tribunale di Ferrara su richiesta di internamento dell'alienata Muzzioli Berta, iscritta al n. 264 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 233 del 15 settembre 1971.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 21febbraio 1973 il Giudice relatore Paolo Rossi;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Il tribunale di Ferrara, nel corso di un procedimento in camera di consiglio provocato dalla richiesta di internamento definitivo in manicomio di tale Buzzoni, avanzata dal pubblico ministero, sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 431, che ha escluso ogni intervento dell'autorità giudiziaria per le richieste di ammissione volontaria in ospedale psichiatrico, in riferimento alla riserva di giurisdizione disposta dall'art. 13 della Costituzione in tema di provvedimenti definitivi restrittivi della libertà personale.
In particolare, osserva l'ordinanza di remissione, il pericolo per la libertà individuale, non più tutelata dal controllo giurisdizionale, sarebbe costituito, da un lato, dalla mancata previsione, nella norma impugnata, della facoltà del ricoverato volontario di fare cessare liberamente l'internamento, e, d'altro canto, dalla possibilità di trasformare in volontario un ricovero originariamente autoritativo, dandosi così efficacia all'atto di disposizione di un soggetto incapace.
É intervenuta in questa sede la Presidenza del Consiglio dei ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni depositato il 10 aprile 1971, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.
Osserva l'Avvocatura dello Stato che, a seguito della introduzione del nuovo istituto del ricovero volontario a fini curativi, operata dalla norma impugnata in accoglimento delle più moderne concezioni terapeutiche, é possibile una netta contrapposizione tra la custodia coattiva degli alienati pericolosi per sì e per gli altri o determinanti pubblico scandalo, ed il ricovero volontario dei soggetti bisognosi di cure tempestive. Mentre per la categoria dei ricoverati pericolosi, venendo meno la loro libertà, é previsto il controllo giurisdizionale, per i secondi, che sono liberi di lasciare il luogo di cura, non trovano applicazione le norme sulle ammissioni e dimissioni di autorità; ché se insorgessero elementi ostativi al rilascio, il ricovero volontario dovrebbe essere trasformato in coatto, con l'osservanza peraltro di tutte le garanzie stabilite dalla vecchia legge sugli ospedali psichiatrici. Nulla impedirebbe poi, per il mutare dei presupposti, la trasformazione del ricovero coatto in volontario.
2. - Il tribunale di Ferrara, riunitosi il 12 maggio 1971 in camera di consiglio, su richiesta di internamento dell'alienata Muzzioli Berta avanzata dal pubblico ministero, veniva a conoscenza che, nelle more, la medesima, già ricoverata provvisoriamente d'autorità, era stata successivamente dimessa in prova per guarigione (art. 64 r.d. 16 agosto 1909, n. 615) e nello stesso giorno ricoverata volontariamente ai sensi dell'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 431. Conseguentemente, il giudice a quo riconosceva che non vi sarebbe stato più luogo a provvedere ai sensi del primo comma del predetto art. 4, che esclude qualsiasi forma di controllo giudiziario sui ricoveri volontari di cui alla legge n. 431 del 1968, ma che, ove tale norma fosse venuta meno a seguito di dichiarazione d'illegittimità costituzionale, avrebbe potuto ricevere applicazione l'art. 53 del r.d. 16 agosto 1909, n. 615, prescrivente l'intervento dell'autorità giudiziaria.
Pertanto il tribunale di Ferrara sollevava questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 431, prospettando il dubbio che la combinazione del consenso di un incapace con il provvedimento autorizzativo del sanitario, non potesse validamente sostituire il controllo sulle restrizioni della libertà personale affidato all'autorità giudiziaria dall'art. 13 della Costituzione.
Considerato in diritto
1. - Le cause vanno riunite, perché concernono la medesima questione, e decise con unica sentenza.
2. - La Corte costituzionale é chiamata a decidere se l'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 431, che ha introdotto nel nostro ordinamento l'istituto del c.d. ricovero volontario in ospedale psichiatrico, contrasti o meno con l'art. 13 della Costituzione, che garantisce l'inviolabilità della libertà personale, e ne permette restrizioni in via definitiva soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria.
La norma impugnata, infatti, secondo cui l'ammissione volontaria del malato é autorizzata dal medico di guardia, senza intervento successivo dell'autorità giudiziaria, sembrerebbe dare illegittima efficacia all'atto di disposizione di un incapace, nulla prevedendo, secondo l'interpretazione supposta dal giudice a quo, circa la facoltà dell'alienato di far cessare volontariamente lo stato di ricovero, e permettendo altresì la trasformazione in volontario di un ricovero originariamente coatto.
Questa Corte ritiene che i dubbi prospettati nell'ordinanza di remissione siano infondati, sol che si dia corretta interpretazione del nuovo istituto, ora introdotto anche in Italia in accoglimento dei voti espressi dagli ambienti scientifici più qualificati.
Va innanzitutto rilevato che non é assurdo concepire che gli affetti da disturbi neuro-psichici possano esprimere il desiderio di ricoverarsi in ospedale. É noto, infatti, che essi, entro certi limiti, sono in grado di determinarsi volontariamente, e che lo stesso ordinamento giuridico riconosce da tempo tale fenomeno, dettando un'apposita disciplina, nel campo penale e civile, che tenga adeguato conto degli stati mentali intermedi (ad es. artt. 89 del codice penale e 415 del codice civile). Pertanto non può meravigliare l'ammissione volontaria di un malato in ospedale psichiatrico, consentita dalla nuova legge quando il ricoverando abbia, sotto il profilo naturalistico, quel minimo di discernimento, controllato dal sanitario, che gli consenta di determinarsi volontariamente e di chiedere d'essere ricoverato. Discende quindi con certezza, dall'interpretazione logica e teleologica della norma impugnata, che, come é libera l'entrata in ospedale, così é altrettanto libera l'uscita. Invero appare evidente che il ricovero previsto dall'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 431, può essere consentito sempre che non ricorrano gli elementi della pericolosità o del pubblico scandalo, la cui sussistenza impone il ricovero coattivo ai sensi della legge 14 febbraio 1904, n. 36, e la cui eventuale sopravvenienza ugualmente esige la trasformazione del ricovero volontario in ricovero coattivo, con l'osservanza delle garanzie giurisdizionali disposte dalla citata normativa del 1904, quale risulta dalla sentenza di questa Corte n. 74 del 1968.
Risulta quindi dimostrato che l'ammissione volontaria in ospedale psichiatrico, essendo consentita nei limiti in cui é accompagnata dalla persistenza di una valida volontà di rimanere in ospedale, non menoma la libertà personale del malato tutelata dall'art. 13 della Costituzione, mentre ad impedire eventuali abusi - che avverrebbero comunque in violazione della norma impugnata - soccorrono sempre le comuni disposizioni del codice penale, dirette ad assicurare il pieno godimento della libertà personale.
Particolarmente delicato é il compito affidato dalla legge in esame all'autorità sanitaria in tema di trasformazione del ricovero originariamente coattivo in volontario: infatti per la cessazione definitiva dello stato di custodia é indispensabile che, venuti meno i presupposti della pericolosità o del pubblico scandalo, l'autorità abbia revocato il provvedimento di ricovero coattivo e che nel contempo il malato possegga quel minimo discernimento che gli abbia consentito di manifestare il desiderio di rimanere ricoverato volontariamente. Ma é ben comprensibile che il legislatore abbia affidato tale valutazione, implicante particolarissime conoscenze tecniche, proprio agli psichiatri dell'ospedale, il cui giudizio, se effettuato correttamente, non dà luogo agli inconvenienti paventati.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 18 marzo 1968, n. 431, recante "Provvidenze per l'assistenza psichiatrica", sollevata, in riferimento all'art. 13 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe indicate.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1973.
Giuseppe VERZÌ – Giovanni BATTISTA BENEDETTI – Francesco PAOLO BONIFACIO – Luigi OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE - Paolo ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio GIONFRIDA – Edoardo VOLTERRA.
Arduino Salustri – Cancelliere
Depositata in cancelleria il 28 marzo 1973.