Sentenza n. 187 del 1972

 CONSULTA ONLINE 

 SENTENZA N. 187

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

  composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 175 del codice di procedura penale, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 9 novembre 1970 dal pretore di Bologna nel procedimento penale a carico di Manera Giuseppina, iscritta al n. 367 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22 del 27 gennaio 1971;

2) ordinanza emessa il 1 febbraio 1972 dal tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di Trecci Corrado, iscritta al n. 98 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 122 del 10 maggio 1972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica dell'8 novembre 1972 il Giudice relatore Nicola Reale;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa il 9 novembre 1970 nel procedimento penale a carico di Manera Giuseppina, imputata del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, il pretore di Bologna ha premesso che la notificazione del decreto di citazione al marito Mambretti Mario, quale offeso dal reato, non era stata eseguita, perché sconosciuto all'indirizzo indicato dal rapporto di polizia giudiziaria, e perché risultava ignoto il recapito nell'apposito certificato rilasciato dall'Autorità comunale.

Pur precisando che nella specie, a norma dell'art. 175 c.p.p., la mancata notificazione alla parte offesa non avrebbe impedito l'ulteriore corso del giudizio, ha prospettato il dubbio che questa disposizione sia inidonea a garantire in modo concreto l'esercizio del diritto di difesa dell'offeso da reato, e ne ostacoli la facoltà di far valere nel processo penale la pretesa di risarcimento.

Nel caso in cui la persona offesa dal reato sia "viva e presente nello Stato" (testualmente si osserva nell'ordinanza) e non si conoscano il luogo di abitazione né quello dove la stessa esercita abitualmente l'attività professionale, la certificazione del sindaco che é ignoto il recapito, secondo la norma impugnata, é sufficiente ad escludere l'obbligo di ulteriori ricerche e la possibilità che detto soggetto sia tempestivamente informato della pendenza del processo penale ai fini della costituzione di parte civile.

Alla stregua del principio di uguaglianza, dovrebbe invece disporsi l'obbligo di ricerche del danneggiato secondo le stesse modalità previste per l'imputato, nei luoghi di nascita e di ultima dimora.

Solo dopo l'eventuale esito negativo di tali ricerche - conclude l'ordinanza - si potrebbe ritenere tutelato in modo completo il diritto di difesa del danneggiato, la cui partecipazione al processo, nella specie, avrebbe rilievo quanto meno sotto l'aspetto della testimonianza che lo stesso potrebbe rendere ai fini dell'accertamento penale.

Davanti a questa Corte nessuno si é costituito in giudizio.

In analoga fattispecie, con ordinanza 1 febbraio 1972, il tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento all'art. 24 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 175 c.p.p., ultima parte, in quanto consente che nei confronti della persona offesa dal reato, risultante assente dal territorio dello Stato dal certificato anagrafico appositamente richiesto dall'ufficiale giudiziario, sia omessa la notificazione del decreto di citazione per il giudizio dibattimentale. Dal che deriverebbe sacrificio del diritto della stessa persona di costituirsi parte civile per la tutela delle proprie ragioni.

Il tribunale dà atto che la stessa questione nel corso del medesimo procedimento penale era stata già sollevata, con precedente ordinanza 31 marzo 1969, in relazione al fatto che a tale Canu Maria, offesa dal reato contestato (tentata rapina e lesioni aggravate), non erasi potuto notificare il decreto di citazione, a causa del trasferimento di costei a Zurigo in Svizzera, come era risultato dal certificato rilasciato all'ufficiale giudiziario dal Comune di Torino.

Ma la causa era nuovamente rimessa allo stesso tribunale, con ordinanza n. 85 del 1971 di questa Corte, perché venisse riesaminata la rilevanza della questione in oggetto sia con riferimento alle innovazioni legislative introdotte in materia con l'art. 8 della legge 5 dicembre 1969, n. 932 (concernente l'avviso di pendenza del processo penale a tutti coloro che ne possono avere interesse come parti private), sia in considerazione di convenzioni internazionali di assistenza giudiziaria vigenti fra lo Stato italiano e la Svizzera.

Il tribunale, peraltro non menzionando questo secondo profilo, si é limitato a motivare il nuovo rinvio degli atti processuali a questa Corte, considerando ininfluente sulla soluzione della fattispecie la normativa introdotta con la ricordata legge del 1969, la quale non conterrebbe modificazioni del regime delle notifiche da eseguirsi all'estero e lascerebbe irrisolti i dubbi circa la garanzia della difesa a favore delle persone offese da reato non residenti nel territorio dello Stato.

Davanti a questa Corte é intervenuta l'Avvocatura generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

L'art. 175 c.p.p., si deduce, non vuol disciplinare modalità equipollenti della notificazione, ma soltanto indicare le ipotesi nelle quali possa procedersi alla celebrazione del giudizio penale, nonostante la mancata notifica del decreto di citazione alla parte offesa.

Detta norma deve essere interpretata in particolare connessione con l'art. 408, secondo comma, dello stesso codice, il quale impone a pena di nullità la citazione di detto soggetto nella qualità di testimone. Ed ove non ne fosse possibile l'audizione diretta perché residente all'estero, al fine di raccoglierne la deposizione ben potrebbe venire utilizzato il procedimento per rogatoria preordinato, per l'appunto ad ovviare ai limiti derivanti dalla nozione della territorialità della legge processuale penale.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due cause concernono questioni tra loro connesse, onde ne é opportuna la riunione per la decisione con unica sentenza.

2. - L'ordinanza del pretore di Bologna riguarda un giudizio penale a carico di una donna imputata della violazione degli obblighi di assistenza familiare, nel corso del quale la notifica del decreto di citazione al marito, quale offeso da reato, non era stata eseguita, ancorché si fosse precisamente osservato il disposto dell'art. 175 c.p.p. richiamante, nei limiti di cui all'art. 4 delle norme di attuazione (d.P.R. 8 agosto 1955, n. 666), l'art. 169 del codice di procedura penale.

L'offeso era risultato irreperibile all'indirizzo indicato nel rapporto di polizia giudiziaria ed era rimasto ignoto il luogo nel territorio dello Stato nel quale potesse essere reperito, come attestato nell'apposito certificato anagrafico rilasciato all'ufficiale giudiziario. Nel dare atto di tali circostanze il pretore ha sollevato la questione di legittimità dell'art. 175 c.p.p., nella parte in cui consente che, nell'ipotesi sopra indicata, la notificazione del decreto di citazione all'offeso da reato, non costituito parte civile, possa essere omessa.

Con l'ordinanza del tribunale di Torino (riproducente questione già proposta nel corso dello stesso giudizio e per la quale con ordinanza n. 85 del 1971 questa Corte aveva restituito gli atti al giudice a quo per un nuovo esame della rilevanza), in altro caso in cui la notificazione del decreto di citazione non fu del pari eseguita perché la persona offesa dai reati (tentata rapina e lesioni aggravate) risultava non più residente nello Stato ma emigrata a Zurigo (Svizzera), l'art. 175 c.p.p. é stato impugnato nella parte in cui non impone speciali modalità allo scopo di dare notizia della pendenza del giudizio penale alla persona offesa, perché possa da questa esercitarsi il diritto di costituzione di parte civile.

In entrambe le ordinanze si prospetta la lesione della garanzia di cui all'art. 24 Cost. e, in quella del pretore di Bologna, anche dell'art. 3 Cost., sul riflesso della impossibilità di fatto che nelle dette ipotesi venga concretamente assicurato il diritto di perseguire nel corso dello stesso processo penale le pretese civili derivanti dai reati. L'ordinanza del tribunale di Torino non specifica chiaramente come al riguardo dovrebbe provvedersi, mentre quella del pretore di Bologna ritiene sufficienti nuove indagini nel luogo di nascita e in quello dell'ultima dimora dell'interessato come prescritto dall'art. 170 c.p.p. per l'imputato.

3. - Le questioni non sono fondate.

Premesso che, come opportunamente ricorda l'Avvocatura, le vane ricerche conclusesi col certificato negativo dell'autorità comunale non equivalgono a notificazione, la prospettazione delle ordinanze appare inficiata da un comune vizio logico-giuridico, perché sostanzialmente si basa sul concetto che la persona offesa dal reato versi in definitiva in situazione processuale analoga a quella dell'imputato, sì da implicare per essa un pari trattamento nello svolgimento del processo penale.

E non si é considerata, invece, la diversa posizione giuridica che nel vigente sistema qualifica l'imputato nei confronti della persona offesa dal reato.

L'imputato é parte principale del processo penale, nel quale ha diritto di esercitare la difesa, tanto personalmente quanto con il necessario intervento del difensore, di fiducia o nominato per lui dal giudice. All'esigenza della difesa sono istituzionalmente correlati i rimedi diretti sia a portare ad effettiva conoscenza dell'imputato l'atto contenente la contestazione dell'accusa, previe ulteriori ricerche nel territorio dello Stato (ed eventuale trasmissione all'estero dell'avviso di procedimento mediante missiva postale raccomandata con invito a indicare od eleggere domicilio nella Repubblica, articolo 177 bis), sia a stabilirne quanto meno, dopo la declaratoria di irreperibilità, la conoscenza legale, a seguito del deposito in cancelleria e segreteria degli atti da notificare, con contestuale avviso dell'avvenuto deposito al difensore, già nominato dall'imputato o da nominarsi dall'autorità giudiziaria procedente: difensore a cui é attribuita la rappresentanza processuale dell'imputato, salvo che per gli atti che questi deve compiere personalmente o per mezzo di procuratore speciale (art. 170 c.p.p.).

L'offeso dal reato, invece, non é parte nel rapporto processuale penale, ancorché egli possa assumere tale qualifica inserendosi nel processo con la costituzione di parte civile.

La legge processuale penale, invero, dà rilievo a questa eventualità, prevedendo che anche nei confronti dell'offeso abbia attuazione l'avviso di un procedimento, al quale egli possa avere interesse a partecipare (art. 8 legge 5 dicembre 1969, n. 932) e perché in esso eserciti (se crede) le pretese di restituzione o di risarcimento, collaborando peraltro ai sensi di legge, alla ricerca della verità ed alla formazione delle prove. Ma deve considerarsi che nel nostro ordinamento la partecipazione dell'offeso al giudizio penale, nei modi previsti anche a seguito della costituzione di parte civile, non può mettersi sullo stesso piano di quella dell'imputato, così da esigere parità di trattamento. E ciò attesa la diversa efficacia che il giudicato penale ha direttamente nei riguardi dell'imputato e, solo di riflesso, nei limiti della normativa vigente, nei riguardi dell'offeso dal reato. All'offeso in particolare non può negarsi che incomba l'onere della domanda per la tutela dei propri interessi civili; domanda alla cui proposizione non é estraneo anche un onere di diligenza nel seguire le vicende del processo penale.

Nel processo penale, d'altro canto, la presenza dell'offeso da reato é richiesta anche a fini istruttori, quale testimone, spesso unico e solitamente essenziale, onde, a norma dell'art. 408 c.p.p., si deve, a pena di nullità (art. 412), notificare anche a lui il decreto di citazione al dibattimento, salvo che, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, la notifica risulti impossibile per accertata irreperibilità di fatto dell'offeso medesimo. Ma al fine di questo accertamento e in relazione alle accennate esigenze ricorrenti nelle due fattispecie che hanno dato occasione alle ordinanze in esame, é opportuno rilevare che non é esclusa la facoltà per il giudice di ordinare che siano rinnovate le ricerche del soggetto nel territorio dello Stato, mentre, nel caso di soggetto che si sappia essere emigrato all'estero, ne vanno acquisite nel processo le deposizioni a mezzo di rogatorie ad autorità di altro Stato, quando sia possibile.

Per il caso appunto che la parte offesa risieda all'estero, valgono i temperamenti al principio di territorialità che sono apportati dalle convenzioni internazionali di assistenza giudiziaria, stipulate e rese esecutive nello Stato, per effetto delle quali (in attuazione dell'art. 656 c.p.p.) sono rese possibili le assunzioni di testimonianze, le notificazioni e comunicazioni di atti processuali agli interessati, con l’opportuna collaborazione (anche in ordine a eventuali ricerche) degli organi giudiziari degli altri Stati contraenti.

E sempre in riferimento alla fattispecie considerata nell'ordinanza del tribunale di Torino va ricordato che una convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale del 20 aprile 1959, cui ha aderito la Svizzera il 20 dicembre 1966, é stata resa esecutiva in Italia con legge 23 febbraio 1961, n. 215.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 175 del codice di procedura penale, proposte dalle ordinanze indicate in epigrafe con riferimento agli articoli 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 dicembre 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Nicola REALE

Depositata in cancelleria il 21 dicembre 1972.