Sentenza n. 146 del 1972

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 SENTENZA N. 146

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583 (miglioramenti del trattamento posto a carico del Fondo speciale di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia e modifiche alle leggi 4 dicembre 1956, n. 1450, e 11 dicembre 1962, n. 1730), nonché dell'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369 (nuova decorrenza per l'applicazione delle norme contenute nell'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, sui trattamenti posti a carico del Fondo speciale di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia, e loro estensione ad altre forme di pensione), promosso con ordinanza emessa il 6 ottobre 1970 dal tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra Cicu Vittorio e l'Istituto nazionale della previdenza sociale, iscritta al n. 389 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49 del 24 febbraio 1971.

Visti gli atti di costituzione di Cicu Vittorio e dell'Istituto nazionale della previdenza sociale e l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 maggio 1972 il Giudice relatore Giuseppe Verzì;

uditi gli avvocati Valenti Simi e Carlo Fornario, per il Cicu, l'avv. Giovanni Belloni, per l'INPS, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto 4 febbraio 1969, l'avv. Vittorio Cicu conveniva in giudizio avanti il tribunale di Bologna l'Istituto nazionale della previdenza sociale, rappresentando e chiedendo quanto segue.

La pensione - superiore alle lire 7.200.000 annue - della quale é titolare a carico del Fondo speciale di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia é stata assoggettata dall'Istituto alla ritenuta del 16%, in applicazione all'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, e dell'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369, per effettuarne il versamento al "Fondo sociale" istituito con la legge 21 luglio 1965, n. 903; ed esito negativo ha avuto il ricorso amministrativo proposto avverso tale provvedimento. Ma gli articoli delle leggi summenzionate sono in contrasto con i principi enunciati negli artt. 1, 2, 3, 4, 23, 35, 36, 38 e 53 della Costituzione. É d'uopo, pertanto, sollecitare in proposito una pronuncia della Corte costituzionale e in base alla decisione - auspicata favorevole - del giudice delle leggi, dichiarare indebita la menzionata ritenuta ed obbligato l'INPS a reintegrare la pensione dovuta, mediante restituzione delle somme non erogate.

Il tribunale, dato atto che le parti in causa concordemente riconoscono che l'INPS esattamente ha applicato le anzidette norme ordinarie, operando sulla pensione goduta dall'attore la decurtazione del 16% per versarla al "Fondo sociale"; e ritenuta la non manifesta infondatezza della questione sollevata dal Cicu - con riferimento, però, limitato agli artt. 3, 36, 38 e 53 della Carta - e la rilevanza della risoluzione di essa per la definizione del procedimento principale - rilevanza sussistente nonostante la legge 30 aprile 1969, n. 153, stabilisca che lo Stato, dopo il 1 gennaio 1976, assume a suo completo carico l'onere della pensione sociale, giacché resta da considerare in ogni caso l'anteriore periodo di pieno vigore della norma impugnata, con effetti non rimovibili altrimenti che attraverso il sindacato del giudice delle leggi -, con ordinanza del 6 ottobre 1970 ha inviato gli atti a questa Corte per la correlativa decisione.

Nel presente giudizio si é costituito l'avv. Cicu e l'Istituto nazionale della previdenza sociale ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Cicu, sviluppando le argomentazioni addotte nell'ordinanza di rimessione, insiste per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle norme impugnate. L'Avvocatura dello Stato e l'INPS sostengono, invece, l’infondatezza della questione proposta.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza del tribunale di Bologna solleva la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, e dell'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369, per violazione degli artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione osservando che: 1) il contributo di solidarietà a favore del Fondo sociale richiesto ai titolari di pensioni superiori a lire settemilioni e duecentomila annue non trova giustificazione, non sussistendo alcun collegamento fra l’imposizione patrimoniale e le finalità del Fondo sociale, al quale il personale dei telefoni rimane del tutto estraneo; 2) siffatto prelievo pecuniario" viola il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 in relazione all'art. 53 Cost., in quanto non risulta imposto a tutti i soggetti trovantisi in identica situazione, atteso che rimangono esclusi i titolari di similari trattamenti di quiescenza su fondi non attribuiti in gestione all'INPS; 3) l'imposizione di tale sacrificio economico contrasta con la particolare protezione di cui gode la retribuzione del lavoratore, tanto se corrisposta nel corso del rapporto di lavoro quanto se differita sotto forma di liquidazione o di pensione; e non rispetta il principio dell’intangibilità della pensione, siccome adeguata alle esigenze di vita del lavoratore ed alla qualità e quantità del lavoro prestato.

2. - La questione non é fondata.

Non soltanto i titolari di alte pensioni a carico del Fondo di previdenza del personale telefonico sono soggetti al versamento di un contributo a favore del Fondo sociale.

Dopo che la legge n. 369 del 1968, tenendo conto dei rilievi fatti in sede di discussione parlamentare del progetto, ha esteso l'applicazione del contributo ai titolari di pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e dei Fondi sostitutivi od integrativi di essa, gestiti dall'INPS, la norma ha assunto carattere di generalità. Infatti, i lavoratori iscritti alla assicurazione generale sono in numero rilevante; ed i fondi sostitutivi od integrativi gestiti dalla Previdenza sociale comprendono il personale addetto ai pubblici servizi di trasporto, i telefonici, il personale delle esattorie delle imposte dirette, quello delle imposte di consumo, quello delle aziende private del gas e dell’elettricità, quello dipendente dall'ENEL, i coltivatori diretti, mezzadri e coloni, gli artigiani, gli esercenti attività commerciali, il clero, il personale di volo, ecc., sicché può affermarsi che gli iscritti al sistema previdenziale facente capo all'INPS costituiscono la quasi totalità dei lavoratori retribuiti alle dipendenze altrui. Orbene, una norma destinata ad essere applicata - senza eccezioni - nei confronti di tutti indistintamente gli appartenenti ad un’estesa categoria razionalmente individuata non disattende certamente il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione.

La suindicata sfera di applicazione di detta norma e la ulteriore circostanza che l'INPS gestisce anche il Fondo sociale e la pensione di sicurezza sociale istituita con legge 30 aprile 1969, n. 153, rendono legittima l’esclusione di situazioni estranee al campo della previdenza generale dal pagamento del contributo. Per i dipendenti statali, al cui trattamento pensionistico provvede direttamente lo Stato, e per gli iscritti a taluni Fondi (liberi professionisti, giornalisti, dirigenti di azienda, addetti a pubblici spettacoli, ecc.), la particolare struttura del rapporto di lavoro e le speciali discipline, che non consentono di affidare la gestione della previdenza all'INPS, concretano certamente situazioni differenti, che giustificano un trattamento diverso.

Appare priva di pregio l'osservazione dell'ordinanza di rimessione che - non potendo il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia usufruire dei benefici del Fondo speciale - manchi il collegamento fra l'imposizione patrimoniale e le finalità da perseguire con i proventi relativi. Infatti, la previdenza sociale - unitariamente concepita ed attuata - abbraccia tutte le manifestazioni della mutualità ed attua un principio di collaborazione per l'apprestamento dei mezzi di prevenzione e di difesa contro l'invalidità, la vecchiaia, ed i rischi del lavoratore. Il contributo del singolo soggetto va a vantaggio di tutti gli iscritti, assicurando in tal modo il concorso dei lavoratori con redditi più alti nella copertura delle prestazioni a favore delle categorie con redditi più bassi. Ed in virtù del vincolo - che accomuna tutti gli iscritti alla assicurazione generale obbligatoria ed ai Fondi sostitutivi od integrativi di essa, gestiti dall'INPS - il personale telefonico in pensione può beneficiare della esenzione dal pagamento della ricchezza mobile, esenzione concessa - ai sensi dell'art. 124 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della Previdenza sociale) - "per le pensioni, gli assegni, i sussidi, le indennità da corrispondersi come prestazioni assicurative in forza del presente decreto".

3. - La "ritenuta progressiva" sulle alte pensioni, disposta dalle norme impugnate, ha sostanzialmente carattere di prestazione imposta. E, pur tenendo conto della particolare protezione di cui godono le retribuzioni dei lavoratori, é certo che le loro pensioni, salvo espresse eccezioni, non si sottraggono al regime tributario. E ciò non contrasta con i principi proclamati dagli artt. 36 e 38 della Costituzione.

L'istituzione delle nuove pensioni sociali ha dato luogo a spese rilevanti, alla copertura delle quali, tanto i notevoli interventi annuali dello Stato, quanto i contributi del Fondo adeguamento pensioni e di varie gestioni speciali si sono dimostrati insufficienti. I suddetti interventi, però, vanno gradatamente aumentando e dal primo gennaio 1976 tutto l'onere della pensione sociale e di quella di sicurezza sociale sarà assunto dallo Stato. Nel frattempo, per la relativa copertura, é stato istituito un contributo progressivo straordinario e temporaneo a carico di coloro che - secondo la valutazione del legislatore - hanno la capacità contributiva.

Pertanto, la Corte ritiene che nessuno dei principi costituzionali invocati dall'ordinanza di rimessione sia violato dalle norme impugnate.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583 (miglioramenti del trattamento posto a carico del Fondo speciale di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia e modifiche alle leggi 4 dicembre 1956, n. 1450, e 11 dicembre 1962, n. 1730), e dell'articolo unico della legge 20 marzo 1968, n. 369 (nuova decorrenza per l'applicazione delle norme contenute nell'art. 22 della legge 13 luglio 1967, n. 583, sui trattamenti posti a carico del Fondo speciale di previdenza per il personale addetto ai pubblici servizi di telefonia, e loro estensione ad altre forme di pensione), questione sollevata in riferimento agli artt. 3, 36, 38 e 53 della Costituzione dall'ordinanza del tribunale di Bologna del 6 ottobre 1970.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ

Depositata in cancelleria il 27 luglio 1972.