SENTENZA N. 133
ANNO 1972
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO
Dott. Luigi OGGIONI
Dott. Angelo DE MARCO
Avv. Ercole ROCCHETTI
Prof. Enzo CAPALOZZA
Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI
Prof. Vezio CRISAFULLI
Dott. Nicola REALE
Prof. Paolo ROSSI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12, terzo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 21 giugno 1971 dalla Corte dei conti - sezione IV pensioni militari - sul ricorso di De Prisco De Luca Concetta contro il Ministero della difesa, iscritta al n. 19 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 dell'8 marzo 1972.
Udito nella camera di consiglio dell'8 giugno 1972 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.
Ritenuto in fatto
Con decreto n. 98 del 3 febbraio 1961, il Ministro per la difesa respingeva la domanda di pensione di riversibilità avanzata dalla signorina De Luca De Prisco Concetta, figlia adottiva nubile di un ex colonnello, sul rilievo che la richiedente, disponendo di un reddito superiore alle lire 240.000 annue, non poteva essere considerata nullatenente ai sensi dell'articolo 12, comma terzo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46.
Avverso detto provvedimento l'interessata proponeva ricorso alla Corte dei conti sollevando eccezione d’illegittimità costituzionale della citata norma in riferimento all'art. 3 della Costituzione, poiché dalla stessa deriverebbe una ingiustificata disparità di trattamento pensionistico in danno dei beneficiari di pensioni ordinarie rispetto ai titolari di pensioni di guerra.
L'eccezione, alla quale aderiva il pubblico ministero, é stata accolta dalla Corte dei conti che, con ordinanza 21 giugno 1971, ha rimesso gli atti a questa Corte.
Si osserva nell'ordinanza che in materia di pensione di guerra la legge 10 agosto 1950, n. 648, aveva in origine fissato anch'essa il limite di lire 240.000 annue di reddito al di là del quale i richiedenti del trattamento pensionistico indiretto non potevano essere ammessi a fruire di detto beneficio; tale limite, però, veniva successivamente elevato a lire 720.000 annue con la legge 9 novembre 1961, n. 1240; infine, con la legge 18 maggio 1967, n. 318, si stabilì che "si considera siano venuti meno i necessari mezzi di sussistenza quando il richiedente risulti non assoggettabile, per l'ammontare del suo reddito complessivo, all'imposta complementare", circostanza, quest'ultima, desumibile dalla certificazione rilasciata dagli uffici distrettuali delle imposte dirette.
In tema, invece, di pensione di riversibilità ordinaria nessuna modificazione é stata apportata dal legislatore alla norma impugnata che considera nullatenente l'orfano (o l'orfana nubile) maggiorenne che non possa disporre di un reddito superiore alle lire 240.000 annue.
La disparità tra i due trattamenti pensionistici appare, pertanto, evidente e non sembra giustificata da particolari condizioni, essendosi, in presenza di situazioni analoghe o similari.
Nel giudizio dinanzi a questa Corte nessuno si é costituito.
Considerato in diritto
1. - La questione di legittimità costituzionale promossa dall'ordinanza di rimessione ha ad oggetto l'art. 12, comma terzo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, limitatamente alla parte in cui, agli effetti del riconoscimento del diritto a pensione ordinaria di riversibilità, non considera "nullatenenti gli orfani maggiorenni che usufruiscano di un reddito superiore alle lire 240.000 annue". Secondo l'ordinanza tale disposizione contrasterebbe con le corrispondenti norme emanate in materia pensionistica di guerra ai sensi delle quali il richiedente la pensione indiretta si considera privo dei "necessari mezzi di sussistenza quando risulti non assoggettabile per l'ammontare del suo reddito complessivo alla imposta complementare" (art. 9 legge 18 maggio 1967, n. 318): dal che deriverebbe l'incostituzionalità della norma impugnata per violazione del principio di uguaglianza enunciato dall'art. 3 della Costituzione.
2. - La questione é fondata.
L'esame delle disposizioni contenute nell'art. 12, commi secondo, terzo, sesto e settimo della legge n. 46 del 1958, sulle pensioni ordinarie, e degli artt. 64 e 67 della legge 18 marzo 1968, n. 313, sulle pensioni di guerra pone in evidenza che il riconoscimento del diritto a pensione é per alcuni soggetti subordinato alla presenza di un medesimo presupposto, della stessa obbiettiva condizione: un reale stato di bisogno in cui vengono a trovarsi detti soggetti in conseguenza della morte del dipendente statale o del militare o civile che, in vita, provvedeva al loro sostentamento. Il requisito della "nullatenenza" previsto dalla norma denunciata per le pensioni di riversibilità ordinaria é in tutto simile al requisito della mancanza dei "necessari mezzi di sussistenza" richiesto per l'attribuzione della pensione indiretta di guerra.
Assoluta identità di causa e ragion d'essere, quindi, tra i due trattamenti pensionistici, entrambi preordinati al soddisfacimento dell'identico fine assistenziale d'un soggetto rimasto privo d'un sufficiente sostegno materiale.
Ora é evidente che la valutazione in termini economici di siffatta condizione deve essere uguale per ambedue i casi.
Lo stesso legislatore, del resto - come esattamente posto in luce dall'ordinanza - valutò in origine nella identica misura, rapportandolo a un reddito non superiore a lire 240.000, lo stato di bisogno dei richiedenti il trattamento pensionistico indiretto sia ordinario (art. 12 legge 46 del 1958) che di guerra (artt. 71 e 73 legge 10 agosto 1950, n. 648). Non si riesce perciò a comprendere per quali motivi, in prosieguo di tempo, sia stato progressivamente elevato, con successivi provvedimenti, soltanto il reddito presuntivo dello stato di bisogno dei richiedenti la pensione indiretta di guerra (portato prima a lire 720.000 e ragguagliato ora al reddito non assoggettabile all'imposta complementare) e sia stata, invece, lasciata inalterata l'originaria valutazione economica del requisito della nullatenenza per il riconoscimento della pensione di riversibilità ordinaria.
La profonda differenziazione venutasi in tal modo a creare tra due trattamenti fondati su obbiettive identiche condizioni non trova nessuna razionale giustificazione e la norma impugnata va quindi dichiarata costituzionalmente illegittima, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, limitatamente alla parte in cui ancora il requisito della nullatenenza ad un reddito non superiore a lire 240.000.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, comma terzo, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, contenente "Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato" limitatamente alla parte in cui considera nullatenenti gli orfani maggiorenni che usufruiscono di un reddito non superiore alle Lire 240.000 annue anziché quelli che risultino non assoggettabili per l'ammontare del loro reddito complessivo all'imposta complementare ai sensi delle leggi in vigore.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1972.
Giuseppe CHIARELLI – Giovanni Battista BENEDETTI
Depositata in cancelleria il 12 luglio 1972.