Sentenza n. 82 del 1972

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SENTENZA N. 82

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 26, secondo comma, del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 (testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), promosso con ordinanza emessa il 5 marzo 1970 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra Bargiacchi Grazia e il Ministero della difesa, iscritta al n. 153 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 136 del 3 giugno 1970.

Visto l'atto di costituzione di Bargiacchi Grazia;

udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1972 il Giudice relatore Costantino Mortati;

udito l'avv. Paolo Barile, per la Bargiacchi.

 

Ritenuto in fatto

 

Con atto di citazione notificato il 25 giugno 1969 la signora Grazia Bargiacchi conveniva dinanzi al tribunale di Firenze il Ministero della difesa per ottenere il risarcimento del danno derivato dalla morte del marito Ferdinando, avvenuta in conseguenza dell'arruolamento di quest'ultimo, pur essendo esso del tutto inidoneo al servizio di leva per gravi alterazioni patologiche facilmente accertabili.

L'Amministrazione convenuta resisteva alla domanda eccependo, in primo luogo, l'improponibilità della stessa per difetto assoluto di giurisdizione, conseguente alla mancanza di diritti soggettivi del privato in materia d’arruolamento, fuori delle ipotesi previste dall'art. 25 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237. Deduceva ancora il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, osservando che, anche a voler ammettere l'esistenza di diritti soggettivi, giudice di questi sarebbe stato il Consiglio di Stato in sede di giurisdizione esclusiva ai sensi dell'art. 26, secondo comma, del testo unico 26 giugno 1924, n. 1054. Comunque, disconosceva in merito la fondatezza della domanda avanzata. Il tribunale di Firenze, con ordinanza del 5 marzo 1970, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, secondo comma, del t.u. 26 giugno 1924, n. 1054, nella parte concernente le "questioni sulla leva militare" per contrasto con l'art. 113 della Costituzione.

Il tribunale, ritenuta la pregiudizialità della eccezione relativa al difetto assoluto di giurisdizione, la dichiarava infondata nella considerazione che il cittadino vanta un diritto soggettivo perfetto di sentir dichiarare la propria inidoneità al servizio militare, anche fuori dai casi previsti dall'art. 25 del d.P.R. 14 febbraio 1964, n. 237, e precisamente in quelle ipotesi, comprese nel d.P.R. 28 maggio 1964, n. 496, in cui all'Amministrazione non é dato alcun apprezzamento discrezionale in ordine alla "gravità", "estensione" od "importanza" della malattia. Egualmente infondata riteneva poi l’eccezione in ordine alla giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato, poiché, nel caso in cui fosse stata riconosciuta l'illegittimità costituzionale dell'art. 26, secondo comma, del t.u. n. 1054 del 1924, le controversie in materia di questioni militari si sarebbero ripartite secondo i principi generali, e cioé affidando quelle relative ad interessi legittimi al Consiglio di Stato, e le altre, relative a diritti soggettivi, all'autorità giudiziaria ordinaria.

Quanto poi al contrasto della disposizione denunciata con l'art. 113, il tribunale richiamava la sentenza n. 40 del 27 giugno 1958 della Corte costituzionale, con la quale era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo il secondo comma dell'art. 26 più volte citato, nella parte in cui limitava alla incompetenza o all'eccesso di potere in un caso parallelo a quello in esame, quale il ricorso al Consiglio di Stato contro decisioni concernenti controversie doganali.

L'ordinanza, regolarmente comunicata e notificata, veniva pubblicata nella Gazzetta Ufficiale. Nei termini prescritti si costituiva dinanzi alla Corte costituzionale la signora Bargiacchi, rappresentata e difesa dagli avvocati Camillo Stagni, Francesco Ferrara e Paolo Barile, per ribadire, con ampia memoria successivamente depositata, gli argomenti contenuti nell'ordinanza di rimessione.

In particolare fa rilevare preliminarmente come la limitazione della competenza dell'a.g.o. sulle controversie in materia d’arruolamento, risultante dall'art. 25 del d.P.R. n. 237 del 1964, é un residuo storico di una situazione ormai superata perché legata all'opinione del carattere giurisdizionale dell'attività dei consigli di leva, ai quali veniva devoluta anche la cognizione dei diritti soggettivi in tema di reclutamento. Oggi, invece, dato che i consigli di leva sono pacificamente considerati organi amministrativi, deve ritenersi che la tutela giurisdizionale dei diritti del cittadino contro il provvedimento d’arruolamento sia radicata presso il giudice ordinario, secondo il dettato dell'art. 2 legge abolitiva del contenzioso amministrativo, e che la disposizione dell'art. 25 del d.P.R. n. 237 del 1964 resti necessaria solo a limitati effetti processuali. Osserva che invece il riconoscimento di una posizione di diritto soggettivo del cittadino rispetto all'arruolamento ed in relazione alla sua idoneità a prestare servizio militare trova sostegno costituzionale nell'art. 52, terzo comma, della Costituzione che costituisce una precisa direttiva volta alla protezione dei diritti inviolabili del cittadino, rafforzata poi dal riferimento alla tutela della salute contenuto nell'art. 32 della Costituzione.

Si deve quindi contestare l'esattezza di quanto ritenuto in una recente pronuncia delle sezioni unite della Corte di cassazione secondo cui il giudizio reso dal consiglio di leva sull'idoneità fisica dell'arruolato ha l'effetto di affievolire tale diritto soggettivo, poiché esso non é espressione di discrezionalità amministrativa ma si risolve in un accertamento medico-legale che non lascia margine alcuno di libera scelta alla pubblica Amministrazione. Se si ritenesse che la violazione delle leggi sull'arruolamento possa concretare solo una lesione d’interessi legittimi, vi sarebbe assenza di tutela giurisdizionale in ordine all'accertamento dell'esistenza del dato di fatto, qual'é lo stato d’inidoneità costituente il presupposto per il riconoscimento di una situazione di vantaggio del cittadino. Il Consiglio di Stato, infatti, relativamente all'idoneità fisica del soggetto, limita costantemente la propria cognizione alla logicità del giudizio medico-legale.

Per quel che riguarda la pretesa giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato nella materia dell'arruolamento, fatta derivare dal secondo comma dell'art. 26 del t.u. n. 1054 del 1924, si aggiunge che, per la tassatività delle ipotesi di tale giurisdizione consacrate nell'art. 29 del citato testo unico, una volta riconosciuta l'esistenza di diritti soggettivi nei confronti del provvedimento di arruolamento, deve riprendere vigore la regola generale, che affida sempre la cognizione dei diritti soggettivi alla giurisdizione ordinaria.

Secondo la difesa l'annullamento dell'art. 26 dovrebbe disporsi non solo per la limitazione che esso stabilisce della tutela giurisdizionale solo a particolari mezzi di impugnativa, ma anche perché, sottraendo (secondo la interpretazione che ne dà la giurisprudenza), in materia estranea alla competenza esclusiva, la cognizione di un diritto soggettivo da parte dell'A.g.o., viene a violare l'art. 113 nel suo combinato disposto con l'art. 103, che dà consacrazione costituzionale al criterio di ripartizione della giurisdizione quale é tradizionale in Italia.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza del tribunale di Firenze denuncia il secondo comma dell'art. 26 del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato 26 giugno 1924, n. 1054, poiché nella parte concernente le questioni sulla leva militare limita l'ammissibilità dei ricorsi al Consiglio di Stato in materia solo ai motivi di incompetenza ed eccesso di potere, escludendo quelli di violazione di legge.

Così prospettata, la questione si presenta manifestamente irrilevante ai fini della decisione della causa dibattuta avanti ad esso, promossa allo scopo di ottenere il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno derivato dalla morte a causa del servizio militare di un cittadino il quale al momento dell'arruolamento presentava condizioni di salute tali da renderlo, in modo evidente, del tutto inabile alla prestazione del servizio medesimo.

É chiaro infatti che la limitazione a particolari mezzi di impugnativa stabilita dall'art. 26 riguarda solo i giudizi che si svolgono avanti il Consiglio di Stato, sicché esclusivamente tale organo può considerarsi legittimato a denunciare la violazione dell'art. 113, secondo comma, in quanto lesiva della pienezza del potere ad esso spettante. Ed infatti la sentenza di questa Corte n. 40 del 1958, alla quale l'ordinanza si richiama, che ebbe a dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'articolo ora denunciato, nella parte riguardante una fattispecie analoga all'attuale, quella cioé delle controversie doganali, era stata emessa su questione proposta dall'organo di giustizia amministrativa interessato alla caducazione del limite.

La stessa ordinanza in esame riconosce che nulla può argomentarsi dall'art. 25 del d.P.R. n. 237 del 1964 nel senso di escludere l'intervento dell'Autorità giudiziaria ordinaria nelle questioni di leva in casi diversi da quelli ivi considerati, e che, una volta eliminata la limitazione di cui al secondo comma dell'art. 26, le questioni medesime seguirebbero la sorte di tutte quelle vertenti su interessi legittimi affidate al giudice amministrativo, che non possono farsi rientrare fra le questioni riservate alla sua competenza esclusiva. Sicché non si sa vedere come, tenuti fermi tali presupposti, possa il secondo comma dell'art. 26 ostacolare il normale spiegarsi del potere di decisione sul giudizio nel cui corso l'ordinanza stessa é stata promossa.

Nessun elemento che possa contrastare con le considerazioni precedenti si può trarre dalle deduzioni della difesa privata, sia per quanto riguarda il riferimento ad un'interpretazione restrittiva della tutela dei diritti soggettivi in materia di leva, fatta derivare dalla disposizione denunciata, che viene attribuita alla giurisprudenza della Cassazione, e che invece risulta del tutto inesatta; e sia in ordine alla richiesta di una pronuncia che dichiari la non estensibilità della giurisdizione esclusiva del Consiglio di Stato oltre i casi tassativamente stabiliti dall'art. 29 del t.u. delle leggi sul Consiglio di Stato, dato che essa, anche se si potesse ritenerla idonea a dar luogo a questione di legittimità costituzionale, non risulta proposta dall'ordinanza, che anzi, come si é detto, dà per ammessa la estraneità della materia in oggetto alla detta categoria di competenza giurisdizionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile, per manifesta irrilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 26, secondo comma, del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 (testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato), proposta, con l'ordinanza del tribunale di Firenze del 5 marzo 1970, in riferimento all'art. 113, secondo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1972.

Giuseppe CHIARELLI - Michele FRAGALI

Depositata in cancelleria il 4 maggio 1972.