Sentenza n. 76 del 1972

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 SENTENZA N. 76

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 7 marzo 1972, concernente la "disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana, notificato il 15 marzo 1972, depositato in cancelleria il 24 successivo ed iscritto al n. 51 del registro ricorsi 1972.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;

udito nell'udienza pubblica del 26 aprile 1972 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il ricorrente, e l'avv. Vittorio Ottaviano, per la Regione siciliana.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ricorso notificato il 15 marzo 1972 il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha impugnato la legge approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 7 marzo 1972 concernente la "disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio".

Nei riguardi della legge in questione il ricorrente solleva tre motivi d'incostituzionalità.

Denuncia in primo luogo l'art. 1 per avere incluso nell'elenco delle festività, agli effetti della chiusura degli esercizi commerciali, la giornata del 15 maggio, festa regionale per la ricorrenza della promulgazione dello Statuto siciliano ed osserva in proposito che l'istituzione di festività, incidendo su rapporti pubblici e privati, deve avere carattere di uniformità su tutto il territorio nazionale. La materia relativa alle festività e solennità nazionali e civili spetta quindi necessariamente al legislatore nazionale e nessuna potestà al riguardo conferisce infatti lo Statuto alla Regione.

Altra censura d'incostituzionalità viene mossa all'art. 5, comma secondo, della legge per avere completamente esonerato, senza alcuna motivazione, la categoria dei venditori ambulanti girovaghi dall’osservanza degli orari di attività durante i giorni feriali.

In violazione del principio di eguaglianza, sancito dall'articolo 3 della Costituzione, verrebbe così ad essere assicurata una condizione di privilegio, non giustificata da obiettive esigenze, a favore della categoria dei commercianti ambulanti, la cui posizione competitiva nei confronti delle categorie dei commercianti a posto fisso é oggi in progressivo aumento sia per lo sviluppo avuto dai mezzi motorizzati, sia perché gli ambulanti non hanno costi onerosi di esercizio.

L'ultima censura é formulata, infine, nei riguardi dell'art. 7, comma secondo, della legge che impone ai grandi magazzini di vendita al dettaglio l'obbligo di osservare separatamente i due orari di vendita e chiusura infrasettimanale stabiliti per il settore alimentare e per il settore non alimentare prevalente. Si osserva al riguardo che il primo comma dello stesso articolo, conformemente alla normativa nazionale, impone per le attività commerciali miste l'obbligo di osservare un solo orario e precisamente quello prescritto per l'attività prevalente. É quindi evidente che il trattamento riservato dal legislatore regionale ai grandi magazzini che operano nell'Isola é ingiustamente differenziato sia rispetto agli altri grandi magazzini che svolgono la loro attività nel restante territorio nazionale, sia rispetto alle altre attività miste operanti in Sicilia.

Nel presente giudizio si é costituito il Presidente della Regione siciliana, rappresentato e difeso dall'avv. Vittorio Ottaviano, con deposito di memoria in cancelleria in data 13 aprile 1972.

In ordine alla dedotta illegittimità dell'art. 1 della legge impugnata che include fra i giorni festivi la giornata del 15 maggio, festa dell'autonomia regionale, la difesa sostiene che la norma denunciata non ha stabilito quali giorni siano da considerare festivi "a tutti gli effetti", nel qual caso solo si potrebbe parlare di influenza sui rapporti pubblici e privati, ma ha solo inteso indicare i giorni "dichiarati festivi agli effetti della presente legge" ai fini, ossia, della chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio.

Comunque la determinazione delle festività non può dar luogo a una "materia" particolare. La materia del commercio spetta al legislatore regionale, il quale, nel disciplinarne le modalità di esercizio, ben può stabilire che in alcuni giorni che ricordano avvenimenti particolari il commercio non debba essere esercitato.

Precisa infine il patrocinio della Regione che la festività "a tutti gli effetti" del 15 maggio é stata stabilita con un decreto del Presidente della Regione che risale al 29 aprile 1948, di tal che l'odierna impugnativa dovrebbe ritenersi tardiva.

Passando al secondo motivo di incostituzionalità rivolto all'art. 5 della legge, la difesa afferma che l'esclusione dei venditori ambulanti girovaghi dall'osservanza degli orari di attività durante i giorni feriali non dà luogo alla lamentata violazione del principio di eguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione. Le caratteristiche di questi venditori sono invero del tutto diverse da quelle degli altri commercianti sia per il tipo di lavoro che svolgono, che non li obbliga a risiedere stabilmente in una bottega, sia perché trattasi di commercio economicamente modesto esercitato da unità familiari di minima dimensione.

Lo svolgimento dell'attività dei girovaghi in tutti i giorni feriali, oltre che giustificato dai richiamati motivi, va anche incontro alle esigenze dei consumatori che vedono così attenuato il disagio loro provocato dalla chiusura dei negozi.

Infondato é, infine, ad avviso della Regione l'ultimo motivo di incostituzionalità mosso all'art. 7 della legge in ordine all'orario di chiusura fissato per i grandi magazzini con gamma merceologica promiscua, tenuti separatamente all'osservanza degli orari di vendita e chiusura infrasettimanale stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare prevalente.

Non sussisterebbe la ravvisata disparità di trattamento in confronto dei negozi che esercitano "attività miste" tenuti per contro all'osservanza del solo orario previsto per l'attività prevalente, poiché fra grande magazzino e negozi ad attività mista esiste una sostanziale differenza che ben giustifica la diversa regolamentazione. Basti considerare che il grande magazzino dispone di personale distinto per i singoli reparti laddove lo stesso personale negli altri negozi accudisce normalmente alla vendita delle varie merci.

La norma appare, peraltro, opportuna e giustificata. Col vietare, infatti, che i settori alimentari dei grandi magazzini funzionino quando gli altri esercizi dei medesimi generi riposano, si evita che i primi facciano un’indebita concorrenza al secondo.

Conclude pertanto la difesa chiedendo il rigetto del ricorso.

L'Avvocatura dello Stato, in una memoria per il Commissario dello Stato, depositata in cancelleria il 18 aprile 1972, aggiunge, a completamento di quanto già dedotto sul ricorso, che l'inclusione del 15 maggio nel novero delle festività produce delle conseguenze, oltre che sul campo dei rapporti privati, anche in materia processuale sul computo dei termini.

In particolare, sotto questo ultimo profilo, osserva che la disposta chiusura totale dei negozi nella data suddetta non renderebbe possibile le notificazioni, previste dagli artt. 19 e 145 del codice di procedura civile, presso le sedi in cui società, associazioni e titolari svolgono la loro attività commerciale.

Né sarebbe invocabile, a favore del notificante, la proroga di cui all'art. 155, ultimo comma, dello stesso codice poiché la festività del 15 maggio non é inclusa tra quelle previste dalla legge nazionale 27 maggio 1949, n. 260, alla quale soltanto può essere raccordata la norma del codice di rito.

In ordine poi agli altri due motivi di incostituzionalità l'Avvocatura ribadisce che sia il trattamento di favore fatto dalla legge alla categoria dei venditori ambulanti girovaghi, sia la imposizione del doppio orario di chiusura previsto per i grandi magazzini, appaiono in contrasto col principio di uguaglianza e che gli argomenti addotti dalla difesa della Regione a sostegno della legittimità costituzionale degli artt. 5 e 7 della legge non danno una razionale giustificazione della disposta disparità di trattamento normativo.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il primo motivo di illegittimità costituzionale, avverso la legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 7 marzo 1972, é proposto nei confronti di quella parte dell'art. 1 che include, nell'elenco delle festività, agli effetti della chiusura degli esercizi commerciali, la giornata del 15 maggio, festa della Regione.

La Corte ritiene che gli argomenti addotti nel ricorso e ulteriormente sviluppati dall'Avvocatura dello Stato nella sua memoria a sostegno della censura siano da condividere.

La questione proposta va esaminata e risolta sotto un profilo strettamente giuridico ed esula, quindi, da questa sede ogni valutazione in ordine agli apprezzabili intenti, di indubbio valore morale, che hanno sollecitato il legislatore regionale a ricordare la data del 15 maggio come ricorrenza di un avvenimento di grande rilievo particolarmente avvertito dalla collettività regionale. Quel che interessa accertare, ai fini della soluzione della questione, é soltanto se la Regione potesse o non introdurre ed aggiungere un altro giorno festivo all'elenco delle festività previsto dalla legge nazionale 27 maggio 1949, n. 260, sia pure ai limitati effetti di una normativa avente ad oggetto la "disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio".

La risposta al quesito non può essere che negativa.

Le norme dello Statuto non conferiscono, invero, alcuna competenza al legislatore regionale in ordine alla disciplina delle festività. La qualificazione giuridica dei giorni festivi é produttiva di effetti notevoli nel nostro ordinamento sia in campo pubblicistico (quali il diritto processuale, amministrativo e la legislazione sociale), sia nel campo dei rapporti privatistici del lavoro. Da ciò l'assoluta necessità di una disciplina unitaria ed uniforme su tutto il territorio nazionale della materia inerente alla istituzione delle festività, disciplina la cui regolamentazione spetta esclusivamente allo Stato.

Né vale addurre in contrario che, avendo la Regione competenza legislativa esclusiva in materia di commercio, ben poteva disporre che i negozi rimanessero chiusi, oltre che nelle domeniche e negli altri giorni festivi previsti dalla legge nazionale, anche nel giorno della festa della Regione. L'art. 14, lett. d), dello Statuto fa salva, nella materia indicata, la disciplina dei rapporti privati ed é innegabile che la disposizione impugnata, come esattamente rilevato dall'Avvocatura, abbia incidenza immediata e diretta sui rapporti economico - normativi tra datori di lavoro e prestatori d'opera.

La disposizione stessa produce inoltre conseguenze rilevanti anche nella materia delle notificazioni giudiziarie.

2. - Con la seconda censura di incostituzionalità, rivolta all'art. 5, comma secondo, della legge in esame, si denuncia che l'esonero dei venditori ambulanti girovaghi dalla osservanza degli orari di attività durante i giorni feriali contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione determinando in favore di essi una ingiusta condizione di privilegio, dannosa per la categoria dei commercianti a posto fisso.

La Corte ritiene che nel caso di specie non sussiste una identità di condizioni soggettive ed oggettive tra le due categorie di commercianti considerate che valga a giustificare la parità del loro trattamento normativo. Come esattamente osservato dal patrocinio della Regione, la situazione dei venditori ambulanti girovaghi é del tutto diversa da quella dei commercianti a posto fisso, sia per l'entità e modalità con cui la loro attività commerciale é svolta (trattandosi di commercio di modeste dimensioni cui attendono personalmente e a domicilio del consumatore i titolari delle licenze col solo aiuto dei familiari), sia per le loro condizioni economiche, notoriamente inferiori a quelle degli altri commercianti. É proprio in relazione a questa differenza di situazioni e per venire incontro alle esigenze di una categoria economicamente più debole che il trattamento differenziato trova razionale giustificazione.

3. - Il terzo ed ultimo motivo di incostituzionalità, anche esso riferito al principio di uguaglianza, ha per oggetto la disposizione contenuta nell'art. 7, comma secondo, ai sensi della quale i grandi magazzini di vendita al dettaglio sono tenuti ad osservare separatamente gli orari di vendita e la chiusura infrasettimanale stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare prevalente. Si assume che questa separata disciplina di orari sarebbe ingiusta rispetto al trattamento riservato sia alle attività commerciali miste operanti nella Regione, sia agli altri grandi magazzini che operano sul territorio nazionale, i quali, invece, giusta quanto disposto dalla legge statale 28 luglio 1971, n. 558, sono tenuti all'osservanza del solo orario prescritto per l'attività prevalente.

Ad avviso della Corte, dal fatto che la legge nazionale abbia dettato un'unica disciplina di orario per le due categorie di esercizi, non deriva alcun obbligo per il legislatore regionale di adottare una identica disciplina. É opportuno ricordare che nella materia di cui trattasi é riconosciuta alla Regione una potestà legislativa esclusiva e nell'esercizio di tale competenza spetta al legislatore regionale la valutazione sulla sussistenza della parità o disparità di situazione tra gli esercizi in questione nell'ambito territoriale dell'Isola. La difesa della Regione ha posto in evidenza che il sistema di vendita dei grandi magazzini é strutturato in modo sostanzialmente diverso da quello dei negozi misti avendo i primi, e non i secondi, personale distinto addetto ai vari settori di vendita. Questa obbiettiva diversità può ragionevolmente porsi alla base della disposizione impugnata che ha previsto solo per essi l'obbligo di osservare separatamente gli orari di vendita stabiliti per il settore alimentare e per quello non alimentare prevalente.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 7 marzo 1972, concernente la "disciplina dell'orario dei negozi e degli esercizi di vendita al dettaglio", limitatamente alla parte in cui include nell'elenco delle festività la data del 15 maggio, festa della Regione;

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale proposte nei confronti degli artt. 5, comma secondo, e 7, comma secondo, della stessa legge, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Giovanni Battista BENEDETTI

Depositata in cancelleria il 4 maggio 1972.