Sentenza n. 56 del 1972

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 SENTENZA N. 56

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 39 e 344 del testo unico per la finanza locale, approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, promosso con ordinanza emessa il 10 febbraio 1970 dal tribunale di Crema nel procedimento civile vertente tra Moretti Francesca e l'Ufficio delle imposte di consumo di Crema, iscritta al n. 106 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 89 dell'8 aprile 1970.

Visto l'atto di costituzione dell'Ufficio imposte di consumo di Crema;

udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1972 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti;

udito l'avv. Carlo Jossa, per l'Ufficio imposte di consumo di Crema.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 10 febbraio 1970, emessa nel procedimento civile vertente tra Moretti Francesca e l'Ufficio imposte di consumo di Crema, il tribunale di Crema ha sollevato d’ufficio la questione di legittimità costituzionale degli artt. 39 e 344 del testo unico per la finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, ritenendoli rispettivamente in contrasto con gli artt. 23 e 76 della Costituzione.

Osserva il tribunale in ordine al primo motivo d’incostituzionalità che la norma contenuta nel primo comma dell'articolo 39 viola il precetto dell'art. 23 della Costituzione dal momento che essa si limita a stabilire che "l'imposta di consumo sui materiali per costruzioni edilizie si riscuote secondo il computo metrico e mediante liquidazione da farsi a lavoro ultimato", ma non indica il soggetto obbligato all'imposta, né detta alcun criterio idoneo a delimitare la discrezionalità dell'ente impositore sull'identificazione di tale soggetto.

É vero che la precisa indicazione del soggetto é contenuta nell'art. 34 del r.d. 30 aprile 1936, n. 1138; questo provvedimento però ha natura regolamentare e non poteva colmare la lacuna della legge determinando il soggetto passivo del rapporto tributario.

Qualora poi dovesse ritenersi che il citato r.d. n. 1138 del 1936 abbia carattere di legge delegata e che la norma delegante sia quella contenuta nell'art. 344 del t.u. della finanza locale, sarebbe da sollevarsi la questione di legittimità costituzionale di tale norma per contrasto con l'art. 76 della Costituzione e con i principi costituzionali dell'ordinamento precedente. La disposizione dell'art. 344 ha infatti ad oggetto una materia affatto indefinita limitandosi a stabilire che "il Governo é autorizzato ad emanare... i regolamenti per l'esecuzione del testo unico".

Nel giudizio dinanzi a questa Corte si é costituito soltanto l'Ufficio imposte di consumo di Crema, rappresentato e difeso dagli avvocati Parisio Ravajoli e Carlo Jossa, i quali hanno chiesto che sia dichiarata non fondata la proposta questione di legittimità costituzionale.

Rileva la difesa, in ordine alla pretesa incostituzionalità dell'art. 39 del t.u. della finanza locale, che il tribunale non ha tenuto presente altre disposizioni di legge vigenti e precisamente l'art. 18 del r.d. 24 settembre 1923, n. 2030 - emanato in base alla delega di cui alla legge 3 dicembre 1922, n. 1601 - contenente disposizioni sul riordinamento dei dazi interni di consumo, nonché l'art. 54 del r.d. 25 febbraio 1924, n. 540, con il quale venne approvato il regolamento per la riscossione di tali dazi. Orbene, dal combinato disposto dei citati articoli risulta che il dazio sui materiali da costruzione viene percetto in base alla quantità accertata con computo metrico mediante liquidazione da farsi a lavoro ultimato secondo le norme da stabilirsi nel regolamento (art. 18) e che il dazio stesso "é dovuto dal proprietario dell'edificio o dai suoi successori o aventi causa in solido, ovvero, in caso di condominio, da tutti i proprietari del fabbricato, in ragione della rispettiva proprietà" (art. 54).

Queste disposizioni non sono state né abrogate, né modificate dal t.u. n. 1175 del 1931 il quale, anzi, nel comma secondo dell'art. 344, espressamente dispone che fino alIa pubblicazione di nuovi regolamenti "rimangono in vigore, per le imposte di consumo... le disposizioni del regolamento approvato con r.d. 25 febbraio 1924, n. 540".

L'art. 34 del nuovo regolamento approvato con r.d. n. 1138 del 1936 non ha pertanto colmato alcuna lacuna della precedente legislazione ma solo confermato disposizioni di legge vigenti.

Rileva peraltro la difesa che l'individuazione del soggetto passivo dell'imposta di cui trattasi é implicita nella natura stessa del tributo: debitore di questo é infatti colui che costruisce in proprio, o i suoi successori o aventi causa.

Circa la pretesa incostituzionalità dell'art. 344 in riferimento all'art. 76 della Costituzione la difesa osserva preliminarmente che la soluzione di detta questione non condiziona - per le ragioni già svolte - la definizione del giudizio di merito; tratterebbesi comunque di questione inammissibile essendosi posto a raffronto dell'art. 76 una legge che é anteriore all'entrata in vigore della Costituzione.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza di rimessione pone alla Corte due distinte questioni di legittimità costituzionale. La prima ha ad oggetto la disposizione contenuta nell'art. 39, primo comma, del testo unico per la finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, disposizione che il tribunale ritiene in contrasto con l'art. 23 della Costituzione perché non avrebbe indicato il soggetto passivo dell'imposta di consumo sui materiali per costruzioni edilizie. La precisa indicazione di tale soggetto ad opera dell'art. 34, ultimo comma, del r.d. 30 aprile 1936, n. 1138, contenente il regolamento di esecuzione delle imposte di consumo, non poteva colmare la lacuna della legge stante la natura regolamentare di detto provvedimento.

La seconda questione di legittimità ha per oggetto l'art. 344, primo comma , dello stesso testo unico in riferimento all'art. 76 della Costituzione, ma trattasi di questione dedotta in via del tutto subordinata in quanto il giudice la prospetta solo per l'eventualità che al r.d. n. 1138 del 1936 possa essere attribuita natura di legge delegata e che nel citato art. 344, malgrado in esso si parli espressamente di regolamenti per l'esecuzione del t.u., possa ravvisarsi la relativa norma delegante.

2. - La doglianza principale relativa alla mancata individuazione da parte della legge del soggetto debitore dell'imposta sui materiali per costruzioni edilizie non é fondata.

Le norme generali e fondamentali che disciplinano l'imposta in questione sono contenute nel t.u. 14 settembre 1931, n. 1175 (artt. 10, 20, 39 e 42). Col successivo regolamento di esecuzione (r.d. 30 aprile 1936, n. 1138), emanato in virtù dell'art. 344 del t.u., il Governo ha dettato le disposizioni necessarie per l'attuazione del t.u. e talune di esse integrano e completano quelle della legge fondamentale.

L'individuazione, sia pure implicita, del soggetto passivo risulta evidente dal sistema delle norme che disciplinano il tributo. In particolare é proprio dall'art. 39, comma primo, impugnato - ai sensi del quale "l'imposta di consumo sui materiali per costruzioni edilizie si riscuote in base a computo metrico e mediante liquidazione da farsi a lavoro ultimato" - che é dato desumere con precisione quale sia l'atto generatore dell'imposta e stabilire conseguentemente il soggetto debitore della stessa. Si inferisce, invero, dalla norma che il fatto giuridico produttivo dell'obbligazione di pagare il tributo é il consumo, mediante immobilizzazione in una costruzione, di materiale edilizio e che il momento in cui l'imposta si rende liquida é quello della ultimazione del lavoro. Ora é ovvio che, se l'atto generatore dell'imposta é l'impiego di materiale edilizio in una costruzione, debitore del tributo é soltanto colui che esegue o fa eseguire per proprio conto e nel proprio interesse la costruzione che ha richiesto l'impiego di detto materiale.

Va perciò disatteso l'assunto che l'individuazione del debitore sia contenuta esclusivamente nell'art. 34, ultimo comma, del regolamento di esecuzione del testo unico e che questa disposizione abbia assolto il compito di colmare una lacuna della legge. É invece esatto ritenere che la norma regolamentare, col definire il soggetto passivo dell'imposta di consumo, abbia inteso soltanto ribadire e confermare, esplicandolo con maggiore precisione, quel principio dell'individuazione del debitore nel proprietario della costruzione, già desumibile in modo non equivoco dalla legge istitutiva del tributo.

Le considerazioni anzisvolte conducono alla dichiarazione di infondatezza, in riferimento all'art. 23 della Costituzione, della principale questione d'incostituzionalità e in siffatta pronuncia resta assorbita la seconda questione dedotta in via subordinata dall'ordinanza di rimessione.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, primo comma, del testo unico per la finanza locale approvato con r.d. 14 settembre 1931, n. 1175, sollevata, con l’ordinanza in epigrafe, in riferimento all'articolo 23 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 marzo 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Giovanni Battista BENEDETTI

Depositata in cancelleria il 29 marzo 1972.